di Christian Arnoldi
[i due passi riportati sono tratti da Tristi montagne (guida ai malesseri alpini) di Christian Arnoldi, Priuli & Ferlucca, 2009; un libro che mancava, e che permette di capire molto meglio la completa schizofrenia e i conseguenti pervasivi malesseri delle vallate alpine, e forse anche la crisi “strutturale” dello stesso turismo di montagna]
La belle montagne
Nella seconda metà del XVIII secolo la produzione immaginaria ha alimentato una serie di differenti approcci alla natura quali ad esempio il viaggio, la marcia, la salita, l’arrampicata, la raccolta di materiali, la misurazione. Queste attività, intraprese dai cittadini europei, si sono poco a poco codificate e cristallizzate in due modalità stereotipate di rapportarsi alla montagna: l’alpinismo e il turismo. Tali modalità, strutturatesi nel corso degli ultimi due secoli, hanno messo in movimento la totalità della società, ogni sua dimensione, da quella economica a quella politica, da quella organizzativa a quella legislativa, da quella materiale a quella estetica. Hanno portato cioè alla composizione di gruppi e di cerchie, al formalizzarsi di organizzazioni (i Club alpini nazionali e regionali) e di agenzie come quelle per la preparazione dei viaggi, alla precisazione di piani, di programmi e di attività, alla designazione di ruoli, di compiti e di missioni; alla scoperta oppure alla progettazione di vie di comunicazione (sentieri e tracciati che portano alle vette, teleferiche, funivie, seggiovie), alla costruzione di nuove strutture abitative in alta montagna (grandi hotel, alberghi, rifugi, bivacchi, seconde case, villaggi), all’inaugurazione di un particolare sistema economico che ha smantellato e sostituito quello precedente. Alpinismo e turismo hanno contribuito alla formazione di un sistema geo-politico esteso ai crinali delle vette più alte d’Europa e all’innesco persino di una guerra d’altitudine;













