Oggi dalle 10,30 Rosaria Capacchione scenderà in strada con un gruppo di sostenitori per affiggere i manifesti elettorali in seguito alle ripetute minacce subite dagli attacchini (appuntamento ore 10.30 a piazza Vanvitelli – Caserta)
Evvai Rosaria!
effeffe
A babbomorto
di Anonimo Transiberiano
La connivenza a tanto ci ha ridotto
che ci manca un paese sotto i piedi:
vagoliamo nel vuoto pneumatico
dell’etere: il brianzolo imbonitore
e i suoi satelliti hanno fatto strame
e lupanare. Sul giubbotto anti-
proiettile ad personam veste solo
decreti d’alta sartoria: sotto
il reo è nudo e dà di sé spettacolo.
Piccolo padre di anime morte
(babbino nelle vecchie traduzioni)
oggi intronato papi della patria
– la connivenza a questo ci ha ridotto.
da “Le qualità”

di Biagio Cepollaro
(work in progress, 2007- )
8.
talvolta nella doccia l’acqua
scorre con una piccola
promessa di rinnovamento.
l’occhiata verso il corpo
in verticale
a scorgere il trattamento
del tempo sui muscoli sulle giunture
in verticale
una veloce ricognizione
dell’usura
La punta della lingua 2009 (festival di poesia)
[Editoriale + Programma Ancona 4-14 giugno]
di Luigi Socci (direttore artistico)
Poesia sì, poesia no, poesia nì, poesia boh. In un servizio del tg3, dedicato a Enzo Biagi all’indomani della sua scomparsa, il grande giornalista, in un’intervista di repertorio, rispondendo a una precisa domanda sulla libertà, così si esprimeva: “La libertà è come la poesia: non deve avere aggettivi, è libertà”. Parole importanti, parole sante, parole grosse. Ma anche parole giuste? Intendiamoci, vada per la libertà, specialmente per quella di stampa, valore universalmente condiviso oltre che garantito dalla nostra Costituzione. Ma per quanto riguarda la poesia, siamo proprio sicuri che il divieto di aggettivarla, con la conseguente sacralizzazione che ne deriva siano un valore in assoluto? Incorreremmo in deprecabile relativismo se ci dovesse capitare di utilizzare espressioni come poesia lirica o poesia epica, pura o comico-realistica, poesia su commissione o d’occasione? Ne incrineremmo la cristallina purezza praticando composti come video-poesia, prosa poetica o poetry slam? Le mancheremmo di rispetto se ci uscissero, inopinatamente, dalla bocca, attributi come classicheggiante, civile o sperimentale, orale o scritta o, addirittura, bella o brutta?
NEUKÖLLN – KOTTBUSSER TOR
di Davide Racca
.
NEUKÖLLN
.
.
Nella vetrina di lapidi il barboncino –
crepuscolare – dorme …
Si vende
con la morte – ci metti pure
l’insegna lunare …
La donna – in bianco di crisantemi
– la vita tarlata, vende – banane
nere – latte
e telefonate – senza articoli
da consegnare
alla grammatica tedesca –
Dal suo imbiss
un turco sta
– davanti al bolo di manzo
in forma di sidro
…
Dove corpi arrancano – fino
ad una lingua elementare, un taglio
di carne cade – e per il giorno
affila i suoi coltelli.
Boris Pahor: qui è proibito parlare
di Antonio Sparzani

Non so mai bene come cominciare una recensione a un libro che mi è particolarmente piaciuto e che per questo motivo desidero indurre altri a leggere; alla fine mi dico che la linea migliore è quella di raccontare come è accaduto a me di conoscere e amare quel libro. Questa volta è andata così, che il 9 febbraio scorso ho ascoltato, come varie altre volte, soprattutto se sono in auto, Fahrenheit, la trasmissione pomeridiana di radiotre, libri e idee. Quel pomeriggio Marino Sinibaldi, conduttore storico della trasmissione, un po’ gigione ma simpatico e molto informato, incontrava Boris Pahor, per parlare (qui per risentire l’intervista) del suo libro appena uscito in Italia col titolo Qui è proibito parlare; lo aveva già incontrato per parlare di Necropolis, il suo libro più famoso, sull’esperienza dell’autore nei campi di concentramento nazisti (Dachau, Bergen-Belsen e altri). Ma quella volta non mi era capitato di ascoltare la trasmissione.
Questa invece mi ha subito attirato non appena ho sentito che la storia era ambientata a Trieste, città per la quale, per ragioni profondamente oscure, provo un interesse e un’emozione smodatamente appassionati.
le quattro stagioni di Jonathan Littell

di Chiara Valerio
Ma chi dice conversazione dice scena, è una convenzione del genere. Quindi la conversazione si svolge in un parco, sulle rive di uno stagno grigio, nel frastuono delle automobili e dei tram che passano proprio accanto, tra due file di alberi alcuni dei quali castagni, riconoscibili dalle foglie a forma di melanzana e soprattutto dalle castagne sparse al suolo. Quando rileggo Jonathan Littell, o lo leggo ex novo, come mi capita oggi con questi Studi (nottetempo, 2009) mi accorgo di quanto la sua penna sia capace di mutare il plausibile in artificiale, il reale in razionale, e nel contempo di rendere le costruzioni autentiche.
In questo libro ci sono quattro saggi. Uno per ogni stagione dell’anno, ognuno composto in un anno diverso, il primo nel 1995 l’ultimo nel 2002. Non ci sono nomi, solo lettere maiuscole e puntate e problemi, numerati come nei sussidiari elementari, da uno a due, con quattro soluzioni, numerate esse pure, da uno a quattro. C’è una discussione sul genere neutro in francese e in inglese e Non c’è che dire, il sole è pieno di bontà per le povere cose di questo mondo.
Parlare della Germania
di Martin Walser
traduzione di Marina Cantoni
(Estratto)
Si è in grado di valutare in un secondo tempo le immagini dell’infanzia o addirittura si è obbligati a farlo, oppure ci si può abbandonare semplicemente per sempre a questo flusso ricco di ricordi? Ho la sensazione di non potere trattare i ricordi a mio piacimento. Ad esempio non mi è possibile modificarli tramite le conoscenze che ho acquisito nel frattempo. Il ricordo torna a un periodo che fu terribile, come ora so. Ogni volto del partito, ogni figura militare, ogni insegnante e ogni volto visto da vicino esprime l’appartenenza a quel periodo, eppure da solo non mostra l’atrocità. È il caso di una persona che tra i sei e i diciott’anni non si è accorta di Auschwitz. L’infanzia e la giovinezza sviluppano la loro infinita fame e sete e quando vengono messe di fronte a uniformi, volti di comandanti e cose simili divorano tutto. Il dirigente locale del partito mi appare ciò che era allora per me: un goffo uomo bavarese-francone che gracchiava in un’uniforme di un giallo bruno stridente, che era fuori posto ovunque, sia per la zona che per il periodo. Sembrava che gli ci fosse voluto tutto il suo coraggio per uscire con quell’uniforme grottesca dalla sua casa di funzionario e sulla strada principale del paese. Per ogni altro passo doveva esserci voluto ancora più coraggio. Quando poi arrivava al luogo dell’adunata emetteva solo quel suono gracchiante e avvilito.
Colombia desplazados
di Valeria Zonca
Bogota. In un centro commerciale, che ha poco da invidiare agli standard occidentali a cui siamo abituati, vengo avvicinata da una ragazza. Sta raccogliendo le firme per il referendum che potrebbe cambiare la costituzione e permettere ad Alvaro Uribe, attuale presidente della Colombia, di candidarsi per il terzo mandato. Non posso firmare perché sono straniera: il mio status mi permette di essere ‘diplomatica’ e di non addentrarmi troppo in questioni delicate. La mia amica Ayda, colombiana, risponde che non è d’accordo e che non firmerà. Un’altra signora dice ad alta voce: “Certo che firmo, ma per metterlo in galera”. Dietro di noi, uomini e donne in tenuta elegante, invece, fanno la fila per fimare perché “questo è l’uomo che ha reso il Paese più sicuro e vivibile”. Qualche gorno dopo in una via centrale della città vengo avvicinata da due giovani. Stanno raccogliendo le firme per promuovere un referendum contro la privatizzazione dell’acqua. Le concessioni date alle imprese straniere con il placet del governo negli ultimi 5 anni hanno fatto triplicare le tariffe: ogni anno a migliaia di famiglie viene interrotta l’erogazione perché non possono più pagare la tassa, altri ricevono acqua non adatta al consumo umano.
Cinque minuti di Napoli
di Piero Sorrentino

Hanno fatto l’intero percorso, da sant’Anna di Palazzo, a cento metri da piazza Plebiscito, tagliando trasversalmente lungo il pezzo finale dei Quartieri, e infine giù, verso la Pignasecca, circa un chilometro, con le pistole già in mano, in mezzo alla gente che girava tra i negozi del centro, le buste umide con le orate per la cena e gli involti molli di petto di pollo, i sacchetti trasparenti di unto delle friggitorie pieni di zeppole e crocchè, i rettangoli plastificati delle ricariche telefoniche appena comprati, la riga argentata che copre il pin per l’accredito ancora integra, otto a bordo di quattro moto, uno scooter 150 in apertura, un altro in chiusura, e al centro una Kawasaki e un Hornet Honda, tutti con i caschi integrali, il passeggero della Kawasaki con la maglia azzurra del Napoli,
Deserto d’acqua e altre poesie
di Francesco De Girolamo
Deserto d’acqua
(dall’Ilva alle Murge, via Taranto e Salento)
Ed ora chiamami straniero, selva di moli informi
ed anse fiocinate ed alberi lunari senza più brada,
stregata linfa, muraglia di miasmi protetti
di incombusti pozzi di neve nera e calda,
dai sigilli alle arcate nascoste, infecondo frantoio
d’oro eroso e argento arsenicato, ciurma persa
in lungomari sbarrati, bordeggiante e sinuosa
in caffetani intarsiati di sabbia turchese
e bellici scafandri rococò, tessuti da piccole larve
in brulicanti bazar indostani o grotte singalesi.
Democrazia e verità

(intervista all’Avv. Silvia Guarneri di Brescia – uno degli avvocati di parte civile delle vittime della strage di Piazza della Loggia del 28 maggio 1974)
Maria Luisa Venuta (MLV) Trentacinque anni sono trascorsi dalla strage di Piazza della Loggia. Quale è stata l’evoluzione del processo e delle inchieste fino ad oggi?
Silvia Guarneri (SG) L’attuale processo sulla strage di Piazza della Loggia nasce da uno spunto investigativo nel 1993, quando si è chiusa la seconda istruttoria. Il giudice istruttore di allora, Giampaolo Zorzi di Brescia, ebbe dai magistrati di Milano, che stavano indagando sui fatti di Piazza Fontana le dichiarazioni rilasciate dalla cosiddetta fonte Tritone, al secolo Maurizio Tramonte, che negli anni Settanta, ventenne, trasmetteva al SID (ora SISMI), al maresciallo dei carabinieri Fulvio Felli, nome in codice Luca, le attività a cui partecipava nell’estrema destra extraparlamentare veneta. Il giudice istruttore, proprio in virtù del ricoprire un ruolo ibrido, tra Pubblico Ministero che investiga e GIP che decide, come previsto nel vecchio codice di procedura penale, assolse per insufficienza di prove i soggetti che aveva nella sua inchiesta, ma indicò contemporaneamente l’opportunità della riapertura delle indagini vista la portata del materiale, nel quale si parla di riunioni preparatorie, di “grossi botti” e di strategia della tensione nel periodo in cui avviene la strage di Piazza Loggia, citando Ordine Nuovo nel Veneto. Nel senso che il Movimento Politico Ordine Nuovo era stato messo fuori legge nel novembre del 1973 dal ministro dell’interno Paolo Emilio Taviani.
La moglie, il marito e lo zerbino
E’ l’unica cosa di una casa che ti appartiene e non ti porti via ad ogni trasloco. Dalla scritta in filigrana, prestampata, incisa, Bienvenue, Welcome, ¡Hola, Salve! Steveme scarse à fetient’, capisci dove e quando comincia il viaggio. Mai dove finisce. Ecco perché al contrario delle città che ti dicono inizio e fine, Benvenuto e Arrivederci, a seconda da dove si arrivi, dal senso di marcia, le case ti danno solo il benvenuto. Sullo zerbino dell’inquilino del piano di sotto, in rue des récollets, vicino al Canal st Martin (Paris) Patrick ci pisciava ogni volta che tornava ubriaco, per fargli un dispetto. Era la sua personale rivolta all’insofferenza spesso ingiustificata di quello scassaminchia del vicino. Essì! diciamolo pure, che non è per il fatto che tu mi sia vicino che ci ameremo.
Per come si è dentro

collage di effeffe con opere di Albert Koetsier
di
Franco Arminio
si, guardiamo con gli occhi
pensiamo con la mente
ma guardano e pensano
pure le nostre ossa,
c’è un vago, minerale
sentore del mondo,
nella testa di un omero
nella fossa dell’anca.
è da lì che tu guardi
è da lì che ti penso.
Senza vergogna

[Marco Belpoliti mi ha mandato l’intervento che ha letto la scorsa settimana a Officina Italia e qui io volentierissimo pubblico. G.B.]
di Marco Belpoliti
La vergogna non c’è più. Quel sentimento che ci suggeriva di provare un turbamento, oppure un senso d’indegnità di fronte alle conseguenze di una nostra frase o azione, che c’induceva a chinare il capo, abbassare gli occhi, evitare lo sguardo dell’altro, di farci piccoli e timorosi, sembra scomparso.
Ho in mente un passo della Tregua di Primo Levi, proprio all’inizio del libro, dove i giovani soldati russi arrivano in vista del Lager, e dall’alto dei loro cavalli osservano lo spettacolo che si offre ai loro sguardi di vincitori: “Non salutavano, non sorridevano; apparivano oppressi, oltre che da pietà, da un confuso ritegno, che sigillava le loro bocche, e avvinceva i loro occhi allo scenario funereo. Era la stessa vergogna a noi ben nota”.
Incontri di civiltà: Jundishāpūr
di Antonio Sparzani

Nelle mie disordinate peregrinazioni alla ricerca delle storie attraversate dall’idea di inerzia nel corso di secoli di riflessione scientifica, mi sono felicemente imbattuto in quel grande filosofo/medico/scienziato che portava il nome di Abū ‘Alī al-Husayn ibn ‘Abd Allāh ibn Sīnā, brevemente ibn Sīnā o, nell’Occidente cristiano, Avicenna, nato vicino a Bukhara, allora Persia, oggi Uzbekistan, nel 980 e morto a Hamadan (Persia) nel 1037.
Ma più ancora ho scoperto un milieu culturale straordinario, fatto di collaborazione interreligiosa e interculturale, che ha molto da insegnare a tutti gli odierni proclamatori della superiorità occidentale. Di questo ambiente così ricco e produttivo vorrei raccontare qualcosa, senza, dionescampi, parlare più dell’inerzia.
Nel prologo generale ai deliziosi Racconti di Canterbury che Geoffrey Chaucer (c. 1343 – 1400), una volta smesso il mestiere di controllore delle dogane, scrive nel 1387, viene presentata la variopinta compagnia di pellegrini che durante il viaggio a Canterbury, raccontano i racconti: tra questi vi è un Doctour of Phisyk, un dottore in medicina cioè (anche nell’inglese contemporaneo physician è il medico, non il fisico, che è physicist), esperto di ogni arte di guarigione e attento anche alla propria salute, grazie ad una dieta “nutriente e digeribile”. Per comprovare la sua dottrina, Chaucer non esita ad elencare i maestri che “ben conosceva”, il cui repertorio suona così:
Wel knew he the olde Esculapius
And Deiscorides, and eek Rufus,
Olde Ypocras, Haly and Galien,
Seràpiòn, Razis and Avicen,
Averròis, Damascién and Constantýn,
Bernàrd and Gatesden and Gilbertýn.
[G. Chaucer, The Canterbury Tales, the Prologue, vv. 429-434].
3 poesie e 2 prose
di Davide Morelli
Inafferrabile
Guardo di sbieco il muro. Appare
la coda bifida di una lucertola,
compare il dorso, rivestito di squame
e… negli interstizi della siepe
già non la vedo… come se con un
guizzo fulmineo, un lesto strascicare
di zampe si fosse divincolata in un
cunicolo; come se il crocicchio dei
colori lividi del tramonto, il riverbero
di un fievole sfarfallio di raggi l’avesse
resa invisibile. Forse è sgusciata in
una fessura, in un anello d’ombra,
in una zona morta dei miei occhi,
forse in una crepa nascosta, dove
cade l’intonaco e affiora la calce,
sfuggendo alla mia vista, ormai
inafferrabile.
SOGNAVO PECORE ELETTRICHE

img by ,\\’ da Blade Runner
di Nadia Agustoni
La moda non è cosa da prendere alla leggera. Così quando ci dicono che qualcosa o qualcuno è glamour dovremmo diffidare e fare alcune verifiche. Se questo non accade, o accade troppo poco, è perché c’è assuefazione, non tanto a certi discorsi, ma al modo in cui le notizie ci vengono date. Quella a cui i media ci abituano è la colonnina di un termometro invisibile, una colonnina dove si sale e si scende e dove persone, gruppi sociali e tendenze hanno tutti prima o poi i loro quindici minuti di successo. Il buon senso dovrebbe suggerire che l’uso del termometro è indicativo di uno stato di febbre, ma il buon senso è moneta sempre meno in uso.
Giulio Marzaioli: SUBURRA
27 maggio 2009 – ore 19,30
presso
Tuma’s Book Bar
Via dei Sabelli, 17
Roma
Giancarlo Alfano e Lucio Saviani
introducono
Suburra
di Giulio Marzaioli
Giulio Perrone Editore
collana inNumeri diretta da G. Alfano
sarà presente l’autore
nel corso della serata proiezione del video Suburra
Elogio del naufragio – Anna Maria Papi (video effeffe)
di
Anna Maria Papi
Golette e velieri, Billy Budd, Benito Cereno, Lord Jim, Joseph Conrad, Herman Melville, fino alla leggenda dentro la leggenda: Sinbad il marinaio, il Flyng Dutchman, e poi la realtà contemporanea; il Titanic, Andrea Doria, il Flyng Enterprise. Le guerre non contano. Ma chi ha detto: “E naufragar m’è dolce in questo mare…” Poeti, poeti, i poeti non contano. Neanche Ulisse conta, un addict del naufragio (zattera), naufragi a puri scopi sessuali. Vent’anni di naufragi pur di non tornare a casa, pur di giacersi con maghe, circi, calipse, nausiche verginali , matrone, veggenti e servette , – un latin lover – che appena ha cominciato a perdere colpi, a battere in testa, ha di colpo ritrovato la strada marina per Itaca, senza spettacolo, liscio liscio, ed eroe per burletta, (ma loro lo credevano eroe) si è riaffondato nell’innaufragabile Penelope mater e magistra ( l’enciclica non c’entra) che lo ha unto e bisunto per la millesima volta e se lo è stravolto che dire allo stralunar di pizzi e ciondoli di veli, i fioretti assaettati negli arrembaggi, ed in salto mortale nella scialuppa strabordante nei flutti, la Lei di Lui, irreversibilmente figlia del suo peggior nemico e per cui lasciata al suo destino, il cuore del Corsaro spezzato, ma neanche un fremere di ciglia.



