[Editoriale + Programma Ancona 4-14 giugno]
di Luigi Socci (direttore artistico)
Poesia sì, poesia no, poesia nì, poesia boh. In un servizio del tg3, dedicato a Enzo Biagi all’indomani della sua scomparsa, il grande giornalista, in un’intervista di repertorio, rispondendo a una precisa domanda sulla libertà, così si esprimeva: “La libertà è come la poesia: non deve avere aggettivi, è libertà”. Parole importanti, parole sante, parole grosse. Ma anche parole giuste? Intendiamoci, vada per la libertà, specialmente per quella di stampa, valore universalmente condiviso oltre che garantito dalla nostra Costituzione. Ma per quanto riguarda la poesia, siamo proprio sicuri che il divieto di aggettivarla, con la conseguente sacralizzazione che ne deriva siano un valore in assoluto? Incorreremmo in deprecabile relativismo se ci dovesse capitare di utilizzare espressioni come poesia lirica o poesia epica, pura o comico-realistica, poesia su commissione o d’occasione? Ne incrineremmo la cristallina purezza praticando composti come video-poesia, prosa poetica o poetry slam? Le mancheremmo di rispetto se ci uscissero, inopinatamente, dalla bocca, attributi come classicheggiante, civile o sperimentale, orale o scritta o, addirittura, bella o brutta?