[Questo racconto è un’anticipazione dal prossimo numero di SUD, in uscita nella prima decade di gennaio.]
di Emmanuela Carbé
Un cavernicolo, un essere primitivo vestito sempre con magliette cavallo e cavaliere. Brutto, col broncio appeso in faccia e la capacità di socievolezza di un sasso. Se non fosse che ogni tanto muove gli arti superiori per accendersi una sigaretta lo crederei un uomo della pietra, vestito con pelli di animale, disegno preistorico a muro. L’ho soprannominato tirannosauro rex, e quelle rare volte che apre bocca davvero conferma la sua natura tirannosaurica e potente, con un vocione che fa eco a settanta milioni di anni di mancata evoluzione, e un naturale rapporto diretto con le scimmie o con gli anfibi. Mi sono innamorata di tirannosauro rex una sera a casa sua, quando parlava delle mille doti politiche dei federalisti, e io per non dargli addosso non ascoltavo, catalogando mentalmente i suoi scaffali pieni di libri. Mi sono innamorata perché è il mio contrario, perché è un esemplare maschio adulto che lotta ogni giorno con la clava per il pezzo di pane che la vita gli deve, mentre io invece le cose le ho sempre aspettate dal cielo.




di Silvio Mignano






