di Franz Krauspenhaar
1.
Le tendine erano abbassate. Fuori nevicava. Domenica di gennaio inoltrato nella profonda provincia lombarda. Attendeva la puttana con trepidazione. E se non fosse venuta? Guardò l’orologio. Le undici. Più o meno. Accese la radio. Porcherie melodelinquenziali. Spense. Ma sì che sarebbe venuta. Ma certo.
Si aggiustò sul letto. Le lenzuola sapevano di bucato DASH. Una bella consolazione. Nervoso, prese a leggere una “rivista specializzata” che era rimasta lì, da qualche parte della stanza marrone chiaro, abbandonata da qualcuno. Ma da chi? Non ricordava. Forse l’aveva lasciata lì un barbiere o una puttana precedente o il suo amico del cuore Franzelli. Si trattava di una vecchia copia di Playboy, sgualcita. Una bella fica guardava verso di lui di traverso alle grandi labbra. Gli diceva di fottersela. Più o meno. Più o meno con quelle grandi labbra marroni del fotocolor: “Vieni, vieni, mio bel maschione!”, diceva la vagina obliquamente distesa. Sarti emise un fischio sommesso, mormorò piano: “Okay, pupa, vengo.”











