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Hippolyte Bayard, un meraviglioso blog di fotografia

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“… la fotografia non ha bisogno di essere garantita da qualcuno: la garanzia che quello che mostra è “vero” è radicata nella nostra coscienza al punto da confondersi con la propria libera volontà. Nella fotografia si crede di credere “liberamente”: si afferma addirittura che non possiamo rifiutarci di credere ai nostri occhi. Non ci rendiamo conto che con questa affermazione rinunciamo proprio ai nostri occhi per guardare attraverso quelli della fotografia”.

(Ando Gilardi, Confessioni di un fotografo pentito )

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E’ nato Hippolyte Bayard, un blog dedicato alla fotografia contemporanea. Segnalazioni su autori, libri, mostre, iniziative e riflessioni sparse.

Usus scribendi – Come si nuota

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[Quattro nuovi autori che ci spiegano dal di dentro cosa stanno facendo, quale letteratura tentano di produrre. Un pezzo ciascuno. Niente domande, niente sollecitazioni esterne. Il primo contributo è qui. G.B.]

varvello.jpg di Elena Varvello

Perdonatemi se parto da lontano, e se quello che dirò sfiorerà soltanto il cuore del problema – la scrittura, il suo significato, la visione che ne ho. È solo che, col tempo, mi sembra sempre più difficile ragionare intorno a quel che faccio, o che tento di fare, tutti i giorni. Flannery O’Connor diceva che una cosa è scrivere, un’altra è parlarne, e che tanto varrebbe chiedere a un pesce di tenere una conferenza su come si nuota: beh, credo che avesse ragione lei. Per quanto riguarda la scrittura, diceva, “niente produce silenzio quanto l’esperienza”. Per cui, parto da lontano, e cioè dal posto in cui sto scrivendo adesso – la mia casa, la stessa di sempre, e quel che vedo fuori dalla finestra: le case dei vicini, un pino, una magnolia, un uomo che sta tagliando l’erba e che ogni tanto si ferma e dà un’occhiata in giro. Una donna che sta stendendo i panni.

Tor: lezione di teoria 4

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di Marco Calamari

Un excursus sulle tecnologie di anonimizzazione. Dopo aver compreso cosa è Tor e come si usa, e con quali tutele e cautele, ora è il momento di vedere come contribuire al suo funzionamento

da “Tadellöser & Wolff. Un romanzo borghese” – 2

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foto-kempowski.jpg di Walter Kempowski

traduzione di Diana Politano e Francesco Vitellini

Sotto di noi, al primo piano, abitava Woldemann, un commerciante in legname benestante, corpulento. Portava i capelli neri – lucidi come scarpe laccate – pettinati con una forte riga in mezzo. Al mignolo un anello dalla pietra blu. «Allora, inglesino?» mi disse con voce grave, e prese una delle bottiglie di vino aperte che stavano dappertutto. Ne bevve senza bicchiere, a lunghi sorsi.

Nella «camera dei signori» poltrone gigantesche con sopra cuciti dei cuscini, più comode che da noi, anche il tappeto più grande, e i quadri adatti.

Accanto al tavolino da fumo un grammofono nero, simile a un comò. Sul davanti una specie di porta per far uscire la musica.

Non è dolce, non è brava,

non è buona, la signorina Gerda…?

Sul grammofono una bambola di cera nella celluloide. Indossava un abito di pizzo. «Filigrana», diceva mia madre.

Al muro il dipinto a olio d’un pollaio: la cornice nera larga il doppio del quadretto rosa.

Di mattina Woldemann sedeva in veste da camera al tavolino da caffè.Faceva ruotare il piatto girevole su cui stavano marmellata e miele.Mangiava l’uovo col cucchiaio d’argento. («Uovo e argento? Ma fa la muffa!»). Leccava le gocce dal bricco del latte schioccando le labbra.

Ognun felice, ognun orgoglioso,

se l’avesse, la signorina Gerda…

Il panino lo mangiava con forchetta e coltello.

Anteprima Sud n°10/ Eugenio Tescione

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Principio finale (De Siderea)
di
Eugenio Tescione

Si
dissi a te vita
a te inevitata strofa
stanza rimasta chiusa
muta.
In fili fitti finissimi
logori nell’aria rinnovata
che li rinnova
li fa via nuova alla ferita,
si muove l’istanza
si colma la distanza la misura
di cui nulla sa la mente, estesa fertilissima
ma più incolta, insoluta.

Intervista a David Frati (Mangialibri)

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di Marino Magliani

Mangialibri, invertiamo un po’ i ruoli. Oggi le domande le ricevete voi. Innanzitutto la classica domanda multipla. Chi é Mangialibri e da quanto esiste, quanti siete, com’é nato.

Mangialibri nasce nel dicembre 2005 : inizialmente si trattava del mio blog personale, e solo in tempi recenti si è aperto alla preziosa collaborazione di altre persone (una decina), diventando un blog collettivo. Anche se in realtà, a voler essere onesti, la definizione di blog – che resiste vuoi per comodità, vuoi per cialtroneria, vuoi per opportunismo – è del tutto fuori luogo per Mangialibri. E dico questo non solo per la struttura in sé del sito (che è diviso in sezioni come un portale vero e proprio, sezioni dedicate rispettivamente ai libri, ai fumetti, agli autori, alle novità in edicola, alle news e interviste) ma anche per l’approccio. Blog letterario vuol dire : oggi ho finito di leggere questo libro, voglio condividere con la blogosfera quello che penso.

Seminario Internazionale sul Romanzo 07/08

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Università degli Studi di Trento
Dipartimento di Studi Letterari, Linguistici e Filologici

Responsabile scientifico: Massimo Rizzante
(disegno di Andrea Pedrazzini – Art Director Giovanni Bertolotti)

Al di là del genere

Lunedì 26 Novembre 2007
17.30 Incontro con Keith BOTSFORD
(Via Santa Croce, 65 Aula 3)

Giovedì 13 Dicembre 2007
Fernando ARRABAL
11.00 Jorge Luis Borges (lungometraggio)
(Via Santa Croce, 65 Aula 4)

Milano collusa

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di Gianni Biondillo

Domenica scorsa, 18 novembre, non ho visto la puntata di Report fatta da Bernardo Iovene dedicata a Milano (dal titolo Cara Madunina). Nel giro di pochi giorni, al bar, davanti alla scuola, mentre accompagnavo mia figlia a danza, me ne hanno parlato un po’ tutti e allora l’ho cercata su internet. Sul sito della RAI, fortunatamente, c’è, sia il video che la trascrizione (vedete qui).
In realtà, per il lavoro che faccio, per l’interesse ossessivo che ho per Milano, tutto quello che è stato detto durante la trasmissione non era per me una novità. Ma ammetto che messi uno dietro l’altro, i fatti, davano un evidente idea di manipolazione del territorio che inquietava. Di più: faceva rabbrividire.

Bestie

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di Linnio Accorroni

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Una città come questa

non è per viverci, in fondo: piuttosto
si cammina vicino a certi muri,
si passa in certi vicoli (non lontani
dal luogo del supplizio) e parlando
con la voce nel naso
avidi, frettolosi si domanda: non è qui
che buttavano i loro cartocci gli untori?
G. Raboni

Siamo più o meno una quindicina. Colti, benestanti, tolleranti e democratici, ben vestiti e profumati: uomini e donne, tra i diciotto e i cinquanta. Abbiamo belle auto, ci piace mangiare bene. Siamo appassionati di letteratura, cinema, musica, teatro. Ci riuniamo, una volta per settimana, per parlare di libri o per vedere insieme un film: siamo gentili, raffinati, educati anche negli interventi. Aspettiamo pazientemente il nostro turno, attendiamo che il nostro interlocutore finisca di parlare e riflettiamo, con lucida passionalità, sulla bontà delle idee altrui. Se ci capita di sovrapporre la nostra voce a quella dell’altro, è per un eccesso di fervore, non per emulazione della rissa televisiva che tutti vituperiamo.

La vita come testimone oculare

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di Andrea Bajani

Andrea Canobbio ha scritto una confessione. Sospeso tra il racconto e il reportage, ibridato da innesti di prose diverse e immagini, Presentimento (pp. 92, euro 7, nottetempo) è innanzitutto la confessione di una menzogna perseguita con determinazione. La menzogna della letteratura. A tre anni da Il naturale disordine delle cose (Einaudi, 2004), Canobbio ha scritto un racconto intimo, bellissimo, quasi un consapevole, provocatorio falò della sua produzione precedente. Ogni pagina, ogni brandello di confessione, pare benzina cosparsa sui fogli dei libri elencati in bibliografia. E però contemporaneamente Presentimento non è che la naturale conseguenza, di quei libri, come fosse contenuto in tutti gli altri in filigrana.

Terremoto

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di Franco Arminio

Dalle mie parti siamo tutti esperti di terremoto, almeno quelli che quando venne la scossa erano adulti: ventitré novembre 1980, le sette e mezza della sera, la terra fa tremare tutto l’Appennino meridionale, l’epicentro è tra le province di Avellino, Salerno e Potenza, una decina di paesi completamente distrutti (Conza, Laviano, San Mango, Sant’Angelo dei Lombardi, Lioni, solo per ricordarne alcuni) altre centinaia danneggiati più o meno gravemente, tremila persone morte, schiacciate dal peso delle case rotte, adesso penso al fatto che non tutte sono morte subito, c’è chi sarà rimasto in agonia per qualche ora, chi avrà sentito i soccorritori che stavano per raggiungerlo e non ce l’hanno fatta a prendergli le mani, il terremoto dal punto di vista dei morti è una cosa fatta di travi sulla pancia, di buio, di gambe rotte, è un trovarsi nella spina della vita all’improvviso,

Che cos’è la “poesia onesta” di Saba?

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di Umberto Fiori

“… il poeta, presuntuoso, patetico, importuno, come sono soliti esserlo i poeti, questa persona che sembra satura di possibilità e di grandezza, anche di grandezza etica, e che tuttavia, nella filosofia dell’azione e della vita, raramente giunge alla comune onestà”.
Friedrich Nietzsche, La gaia scienza

Tra i tanti grimaldelli vecchi e nuovi che ingombrano gli scaffali della nostra critica letteraria ce n’è uno che varie volte mi ha morso nel vivo e sul quale ho deciso, a un certo punto, di tornare a riflettere: si tratta della categoria di “poesia onesta”.
Onesto: velenoso attributo. Mentre loda, ridimensiona in effetti ciò che qualifica, gli sottrae ogni valore specifico, lo riduce -per così dire- alla sua bontà. Si chiama onesto, in genere, qualcosa o qualcuno che non ha troppe pretese, che si limita a svolgere modestamente, decorosamente, mediocremente, la propria funzione. Una tale pacca sulla spalla, chi ambirebbe a riceverla? Attribuire una simile virtù equivale, il più delle volte, a dire che chi la possiede non ha talento sufficiente, sufficiente coraggio, sufficiente astuzia, per imporsi con le buone o con le cattive, con l’eccellenza o con l’inganno. Applicato alla poesia, poi, il complimento rischia di suonare un po’ come quelli che si fanno alle ragazze che la natura non ha favorito: “E’ un tipo”, “E’ tanto brava”, e simili.

Concerto in minuscolo punteggiato

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di Marco Saya

solfeggio. 4/4.

do-orre, 4 volte,
leva la sveglia batte l’amor(t)e.
pause di respiro.
flash di intermittenza.
luci impazzite del microonde.
“dove corri?” , “in ufficio” meccanica risposta-suono.
suona il cell.
numero privato chiama.
“chi e?’” o “chi non è?” persevera il controllo.
meccanicizzo il mio stare.
come un orologio.
a ogni quarto il ticchettio.
Il successivo un’azione conclamata.
“so what”. così è.

Trasumanar, organizzar e traslocar

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di
Francesco Forlani

Forse è vero che a quarant’anni le cose ti parlano diversamente. Perché di cose si tratta, o piuttosto dell’ascolto che si riesce ad avere di esse. E a come metterle nelle scatole di cartone. Anche ora che ripenso alla volta in cui seduto sul futon spacchettavo l’ultimo lotto di libri e mi ripetevo, che finalmente era l’ultimo, di trasloco. Salvo poi ripartire. Quattordici in tutto, e partenze come spartiti, dove collocare, scollocare, spacchettare, impacchettare, riempire svuotare, gettare, conservare, sparadrappare, recidere frammenti di tempo, corredati di didascalie. Aprire ferite e chiuderle. O almeno, cercare di farlo.

Attenzione! Uscita operai

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Il 26 novembre in libreria il primo cidilibro sul mondo del lavoro:
una brillante antologia di racconti,
un cd dalla musica travolgente

ATTENZIONE!
USCITA OPERAI

Uno spaccato ironico e tagliente sulla vita dei lavoratori di oggi.
Un incontro tra parole e musica da cui emergono tutte le ipocrisie di un sistema (non) funzionante.

Cosa significa lavorare oggi? Un gruppo di autori che vede partecipi anche scrittori di Nazione Indiana (www.nazioneindiana.com), il blog letterario più letto di Italia, e il vincitore del Premio Chiara di quest’anno, Luca Ricci, affrontano in questa antologia lo sconsolante mondo dei lavoratori, sempre in bilico tra flessibilità e precarietà, desiderio di far carriera e difficoltà di arrivare a fine mese.
Quattordici racconti leggeri e ironici che smascherano la diffusa ipocrisia di un sistema solo in apparenza funzionante.
Pubblicitari e spazzini, autisti, artisti… Ritratti di professioni che sono soprattutto ritratti di persone, in cui riconoscere se stessi, il proprio capo o l’amico, per sorridere o per riflettere. Parrucchieri, modelle e dentisti, ognuno con le proprie storie da raccontare — talvolta divertenti, talvolta drammatiche — ma tutti, alla fine, lavoratori. E tutti con un’unica domanda: come sopravvivere ?

L'”angelo della storia” e la coralità della memoria

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su Tadellöser & Wollf di Walter Kempowski

di Raul Calzoni

Nato a Rostock nel 1929, Walter Kempowski vanta una produzione letteraria che comprende sei romanzi e tre testi documentari, apparsi fra il 1971 e il 1984 e poi confluiti in Die deutsche Chronik (La cronaca tedesca, 1999), i volumi della cosiddetta «Zweite Chronik» («seconda cronaca», 1991-2006), i diari collettivi relativi alla seconda guerra mondiale del monumentale Das Echolot (L’ecoscandaglio, 1993-2005) e quattro diari intimi (1990-2006). A detta di molti critici, i nuclei tematici ai quali tale opera si richiama possono essere ricondotti ad alcuni episodi drammatici della biografia dello scrittore, ovvero alla distruzione di Rostock sotto i bombardamenti alleati del 1942, alla morte del padre sul fronte orientale del conflitto pochi giorni prima della caduta della Germania, all’occupazione sovietica della sua città natale nel dopoguerra, all’arresto con la madre e il fratello per spionaggio nel 1948 e alla successiva condanna a 25 anni di reclusione a Bautzen, penitenziario dal quale venne rilasciato su amnistia nel 1956.

Balestrini / Niblock

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Teatro i

giovedì 22_11 20:30
LETTURA SCENICA di GLI INVISIBILI di NANNI BALESTRINI
voci NANNI BALESTRINI e SERGIO BIANCHI
percussioni GIANLUCA RUGGERI

La lettura scenica sarà preceduta da un dialogo tra Aldo Nove e Nanni Balestrini

Ingresso gratuito

Agnus Dei

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di Mauro Gorrino

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C’era una volta il racconto poliziesco d’antan, quello delle menti lucide e brillanti, delle prodigiose macchine da indagine che accompagnano il lettore in un viaggio quasi puramente conoscitivo negli spazi del male e della colpa. In questi racconti l’esperienza dell’investigatore e del lettore è priva di angoscia e di coinvolgimento, non sono toccati in alcun modo dal male, passano da una situazione in cui alcuni fatti non sono chiari e il colpevole non è noto a un’altra in cui tutto felicemente si svela attraverso l’indagine. L’investigatore è quasi sempre un battitore libero, la sua ragione di essere è l’esercizio cerebrale al di fuori di ogni vincolo organizzativo e anche etico che deriverebbe dall’appartenere alle forze dell’ordine.

Ritratto di signora con tatuaggio e pasta alla puttanesca

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di Michele Monina

“Se cercate la ragazza è il campanello più in alto”, mi dice un muratore, con un lieve, impercettibile accento delle montagne sopra Bergamo. Ora, a parte la stranezza di sentirsi chiamare con il Voi, come negli ultimi dieci anni, credo, capita solo ai protagonisti dei fumetti della Bonelli, c’è pure questo mistero di come abbia capito, il vecchio magùt intento a impastare cemento, che in effetti stavo cercando la ragazza, la cantautrice L’Aura, nello specifico. Cos’è, c’ho scritto in faccia che mi occupo di musica? Del resto, a pensarci bene, l’aspetto più strano è che a sentire le sue canzoni, quelle del nuovo album Demian, motivo che mi ha spinto fino a qui, come quelle del suo esordio Okumuki, il termine ragazza proprio non ti viene in mente.

Vaganza

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di Antonio Sparzani

il Po a Piacenza

Improvvisamente la strada del centro storico, la via Mazzini, si interrompe per diventare una scalinata, scende fin laggiù – qualche oleandro segna l’interruzione – niente più auto dunque e neanche biciclette, a meno di portarle a mano o di avere cerchioni e fondo schiena foderati di bronzo. Del resto, per andare laggiù, è un attimo, basta fare il giro per un altro paio di stradine.

È un buon momento per vagare pigramente

Tentata evasione dalla poesia

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di Franz Krauspenhaar

Le poesie sono spesso corone di fiori
funerali sfilano come auto col muso lungo
è tutta una processione di cose amare
e allora lasci perdere, meglio crocifiggere
il tuo pesce alla brace.