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Statistiche di gennaio 2007

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Il mese prossimo prevedo di avere poco tempo per aggiornare i dati sul traffico di Nazione Indiana, ecco quindi almeno i numeri di gennaio 2007:

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Il fattore C. La comunicazione del governo alla prova dei sei mesi #3

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di Edoardo Novelli 

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Terza parte dello studio di Edoardo Novelli (qui la prima e qui la seconda). Questa volta, intervista a Gianluca Luzi, inviato di Repubblica. gv.

In che consiste il suo lavoro? 

Nel seguire l’attività del Presidente del Consiglio in Italia e all’estero. Ho cominciato dieci anni fa, proprio con il primo governo Prodi, poi ho continuato con D’Alema, Amato e poi Berlusconi, che ho seguito più degli altri nel corso dei cinque anni del suo esecutivo. Con Prodi adesso è un po’ diverso perché siamo più giornalisti a seguirlo tra Roma e Bologna.

Complementarità e dintorni 4

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di Antonio Sparzani

Nel caldo giugno del 1925, al ventiquattrenne Heisenberg, che stava in quel momento, guarda caso, a Göttingen, venne la febbre da fieno. Cosa fanno (facevano) i tedeschi in queste circostanze? Andavano dove non c’erano piante. Heisenberg andò a Helgoland, un’isoletta che sta nel mare del nord, a ovest della Danimarca, lì, sperduta nel grande mare nero. Dico mare nero perché io ci sono stato, non penserete che un fisico perduto dietro a fantasie di pellegrinaggi si perda una simile occasione. C’è un battello che da Cuxhaven porta a Helgoland in poche ore, si va e torna in giornata. L’isola si gira a piedi, ed è rigogliosa di piante come non mai. Io non lo so come sia stato, se le piante sono cresciute tutte dopo, per festeggiare gli avvenimenti del ’25 o se semplicemente non c’erano quelle che davano fastidio al nostro fisico. Dev’essere così, perché dice il serissimo Van der Waerden che “non vi cresce alcuna erba”.

Puntualmente successe

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risma.jpg di Nicolò la Rocca 

Al comune ci arrivai presto, distava solo due isolati da casa mia. I convenevoli durarono poco e consistettero più che altro in una stretta di mano. Ma sembravano molto rispettosi nei miei confronti: ero il pupillo dell’assessore regionale Adragna e tutti sapevano cosa dovevo fare…  Veramente io, ufficialmente, ero nessuno: dovevo vagare per i corridoi, una ronda quasi senza soluzione di continuità. Dovevo farmi vedere, insomma. Ero l’occhio dell’assessore Adragna, quindi della cosca.

Juke Box / Stefano Rosso

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Colpo di stato
di
Stefano Rosso

[1977]

E tra gente che gesticola con le armi
e tra i nuovi santi illuminati al neon
sta nascendo un nuovo tipo di ideale
quello yankee tipo “fatelo da voi”

E tra scioperi d’autonoma estrazione
lo studente che si interroga da sè
sta covando forse la rivoluzione
mentre la signora bene prende il the

Colpo di stato
ma che colpo se lo stato qui non c’è
colpo di stato
e qui intanto farà il colpo del caffè

Da: La Merca

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di Chiara Daino 

(Pubblico uno scritto introduttivo più alcuni stralci del romanzo La Merca, Fara Editore, pagg.132, euro 12,00, di Chiara Daino. FK)

Operare sulla Lingua è operare sulla Realtà: un cambiamento.
Cambiare nel senso di mutare, kàmbein, kàmptein: piegare – parole per descrivere piaghe. Lo scritto La Merca nasce per essere letto: culla del nuovo. Un nuovo approccio al corpo: del testo, dell’uomo. Corpi che si fanno specchi di realtà frantumate.  I Disturbi del Comportamento Alimentare (D.C.A.) sono una realtà tanto diffusa – quanto confusa. Tanto mediatica, quanto medica. Tanto mistificata quanto marchiata. Nello scarto del meditare: quel quid in più, che può salvare.

Ditemi Dove Sbaglio

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di Mattia Paganelli

Io non sono uno scrittore, né tantomeno un poeta, la lingua non è il mio mestiere. Pertanto i giochi parole che seguono non li vendo per buoni. So benissimo che non raggiungono nessuna di soglia di professionalita’ letteraria.

In altre parole, invece di pubblicare un’opera compiuta e positiva, che si ponga gerarchicamente rispetto al pubblico, presento un lavoro imperfetto, algebricamente negativo, un non-ancora-opera in effetti; per esporlo, ancor prima che indifeso, aperto a livello orizzontale con chi legge

E, invece di aspettarmi il plauso, propongo al contrario (il contrario è sempre quello che mi interessa) che si cerchi dove e come fallisce, di cosa manca; cosa si può correggere, eliminare o introdurre; come lo si può “inalzare” a poesia.

A voi la parola

Siti e blog letterari in Francia

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immagine-069.jpg Di Andrea Inglese

Un’odierna ricognizione di ciò che, in Francia, è definibile come “letteratura” in rete, presenta due ostacoli principali. Il primo riguarda la parzialità inevitabile dell’impresa, in quanto l’universo che il cartografo tenta di riprodurre è in costante sviluppo e moltiplicazione. Il secondo è legato piuttosto ad una certa inadeguatezza degli strumenti, in quanto le categorie che l’osservatore utilizza sono valide per la “letteratura”, così come esiste da circa duecento anni nella sua versione a stampa. Diffusa attraverso un veicolo diverso, infinitamente più plastico e inclusivo di quello cartaceo, la “letteratura” stessa acquista confini e caratteri inediti. Per queste ragioni il nostro discorso non può che fornire una mappatura limitata e approssimativa.

Delle due, entrambe

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marco-travaglio.jpgdi Marco Travaglio

L’11 luglio 2006 il sottosegretario alla Difesa del governo Prodi, Giovanni Lorenzo Forcieri, dichiara al Senato: «Rispetto al sequestro di Abu Omar, riteniamo che non ci sia alcuna esigenza di porre il segreto di Stato». Il 16 luglio l’Ansa, citando fonti di Palazzo Chigi, scrive che il governo «si mantiene “in rispettosa attesa degli sviluppi dell’inchiesta”, chiarendo che sul segreto di Stato l’esecutivo non può intervenire e prendere una decisione (se mantenerlo o toglierlo) fino a quando non c’è una specifica richiesta dei giudici al riguardo. Se poi saranno accertate delle responsabilità, queste dovranno essere punite”».

Piccole occasioni di darsi fuoco

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di Christian Raimo

C’è un tapis-roulant che collega il centro storico con la periferia di Potenza: lì dodici anni fa mi sono augurato che il meccanismo si inceppasse e io sprofondassi all’interno dei cingoli per venire squartato, frantumate le ossa, divelta anche la carne della faccia.

Il fattore C. La comunicazione del governo alla prova dei sei mesi #2

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di Edoardo Novelli 

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(con sentimento “postumo” pubblico la seconda parte dello studio di Edoardo Novelli sulla comunicazione del governo Prodi. Dell’ex governo Prodi. La prima parte è qui. gv.) 

La concretezza comunicativa che Romano Prodi, più per affinità caratteriale che per strategia, ha evocato e praticato nel corso della campagna elettorale, sembra portarlo invece a una sorta di idiosincrasia per l’uso di frasi evocative e di espressioni immaginifiche, come di parole simbolo. “La fase due è una terminologia che non conosco, che ignoro e non uso” (26/10/96). Non che nessuno si potesse innamorare di un’espressione che suona più come una formula chimica che come un progetto politico ma, talvolta, segnare almeno a parole un cambiamento, indicare una nuova direzione, è un segnale importante. 

Siamo sempre stati separati. Quarto quadro: Gli uomini

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di Sarah Kéryna

traduzione di Andrea Raos

– E poi, tutti gli uomini che ti corrono dietro!
Gli uomini che ti dicono che sei carina.
– Oh! Beh sì, ce ne sono! Quelli, non mancano di certo.
– Ce n’era uno che mi aveva detto che somigliavo a un Botticelli, del primo periodo.
Ma io non ci credevo.
Oh no! Dicevo: “Mi racconta delle storie.”

E poi all’epoca si lavorava, ovviamente ho sempre lavorato a Opéra, da Calmann-Lévy, era a Opéra. Allora se guardavi i negozi a quei tempi, c’erano sempre degli uomini che dicevano che volevano regalarti un paio di scarpe.

Paolo Lezziero, colpevole di milanesità

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nebbia.gif di Riccardo Ferrazzi 

Forse c’è un destino anche per i dialetti. Raccontate storie siciliane? Avete buone probabilità di trovare editori disposti a muovere cielo e terra per promuovervi, e critici che vi incenseranno come salvatori della patria. Ma se scrivete (bene) storie molisane, venete o liguri, rassegnatevi: avrete tutt’al più un mercato regionale. Scrivete ottime storie milanesi con qualche sobrio pastiche linguistico e moderati inserti dialettali, e non vi filerà nessuno. C’è poco da fare: la “questione della lingua”, croce e delizia dei letterati italiani, riporta periodicamente l’accento sui dialetti ma finisce per autorizzarne solo due: il siculo e il napoletano.

La neve

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(I frammento, Napoli 2007)

di Francesco Filia

…noi siamo già quel che voi
sarete domani.

La neve, quella vera, non l’abbiamo mai vista
se non nella bocca a nord del vulcano
nei pochi giorni di cristallo dell’inverno come una minaccia
che ricorda quel che non abbiamo temuto abbastanza,
ma il gelo, quello sì, è dentro di noi fino alle ossa
e lo sentiamo che morde le giunture e crepa le ossa
fino al midollo. Ce ne accorgiamo dai sorrisi tirati
dei passanti, dai gesti circospetti di chi vive per strada,
dalle urla dei ragazzi impresse nell’aria, dal nostro indugiare.
E non ci sono di conforto i sogni agitati in piena estate,
lo scambiare la notte per il giorno o il ricordo di una madre
il tepore della sua ombra. E se anche qualcuno di noi
si chiede qual è il respiro di queste strade, del loro teso
vibrare, della luce che apre spazio tra i palazzi e i nostri
incerti passi affrettati rimarrà come un brusio di fondo
tra risate e un colpo di clacson. Tra misericordia
e cielo non c’è più tempo per esitare. L’assedio
è dentro le case. È tra la mano e il buio di stanze abbandonate
e non serve ritrarsi di scatto, anche le mura sapranno chi siamo
scrutando la paura nei nostri occhi e allora potremo solo obbedire
ascoltando il silenzio che si insinua tra il vocio e il magma di piazze
e strade, che invade portoni e giardini a mezzacosta, che copre
frammenti di dialoghi affamati di bocche e cuori e allora, tra vestiti
gettati e l’odore di arance cadute, saremo veri e senza età
come chi dovrà morire sul serio.

Francesco Filia vive, lavora e scrive a Napoli, dov’è nato nel 1973.

Il pasticciaccio, passati cinquant’anni

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di Christian Raimo

Uno pensa a Gadda e Pasolini, milanese l’uno e friulano l’altro e tutti e due romani d’assimilazione, che nel Pasticciaccio brutto de via Merulana e in Ragazzi di vita, decidono di utilizzare il romanesco: perché? per la sua carica espressionista, per la sua capacità di verità. Gadda compenetrandolo con l’italiano e partendo dal corpo letterario, le letture del Belli; Pasolini cercando una mimesi incarnata nel parlato delle borgate romane, lì dove sembrava ancora allignare quella civiltà tradizionale in via di prossima estinzione. Due opzioni, che entrambe tendono però a fare dello strumento linguistico del dialetto una scelta etica: e insieme gnoseologica.

Il fattore C. La comunicazione del governo alla prova dei sei mesi #1

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di Edoardo Novelli

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Comincio a pubblicare oggi la prima di sei parti in totale di uno studio condotto da Edoardo Novelli – docente di comunicazione politica all’Università Roma Tre e autore tra gli altri di La Turbopolitica (Bur 2006) – sulla comunicazione del governo Prodi dopo i primi sei mesi. Lo studio – che si compone di una prima parte analitica e di quattro interviste dello stesso Novelli a Gianluca Luzi, inviato di Repubblica; Giovanni Floris, conduttore di Ballarò; Valerio Saffirio, Orange Comunicazione; Silvio Sircana, portavoce del Presidente del Consiglio – è stato presentato lo scorso 12 dicembre a Roma presso l’Università Roma Tre e pubblicato su aideM. Rivista di critica della comunicazione, rivista che esiste anche on line. Ringrazio Edoardo Novelli per aver messo il suo lavoro a disposizione di N.I. 

C’era una volta il fattore K, brillante invenzione giornalistica di Alberto Ronchey che fotografava un mondo diviso in blocchi interscambiabili e una società popolata da nemici interni. Tramontata la stagione delle grandi ideologie e delle contrapposizioni frontali, durante l’ultima campagna elettorale, Romano Prodi ha parlato di fattore C, per intendere alla natura fortunata che è solita accompagnarlo. Una trovata di successo che ha subito bucato sui media, al punto da essere presa da Bonolis come titolo del suo nuovo programma che però, a giudicare dai risultati d’ascolto, si è rivelato poco profetico.

Verso una società solare – 2

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di Giorgio Nebbia

Uno sviluppo umano può essere meno insostenibile dell’attuale soltanto ricorrendo in maniera crescente e determinata alle fonti di energia rinnovabili che tutte dipendono dal Sole.
(…)
La radiazione solare, e le fonti di energia da essa derivate, si prestano a fornire energia in tutte le forme a cui siamo abituati: si può ottenere calore a bassa, media e alta temperatura direttamente dal Sole; con questo calore è possibile scaldare l’acqua, le abitazioni, è possibile azionare frigoriferi e condizionatori d’aria, è possibile distillare l’acqua di mare per ottenere acqua dolce, con un contributo decisivo, così, del Sole alla sconfitta della sete che affligge molte zone tropicali e equatoriali costiere.

Verso una società solare – 1

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di Giorgio Nebbia

Nella prolusione all’anno accademico 1903-1904 dell’Università di Bologna, Giacomo Ciamician, professore di chimica in quella Università, disse: “Il problema dell’impiego dell’energia raggiante del Sole si impone e s’imporrà anche maggiormente in seguito. Quando un tale sogno fosse realizzato, le industrie sarebbero ricondotte ad un ciclo perfetto, a macchine che produrrebbero lavoro colla forza della luce del giorno, che non costa niente e non paga tasse!” E, vorrei aggiungere, non ha padrone!
Pochi anni dopo, nel 1912, in una conferenza tenuta negli Stati Uniti, lo stesso professore affermava: “Se la nostra nera e nervosa civiltà, basata sul carbone, sarà seguita da una civiltà più quieta, basata sull’utilizzazione dell’energia solare, non ne verrà certo un danno al progresso e alla felicità umana!

Siamo sempre stati separati. Terzo quadro: Rebecca

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di Sarah Kéryna

traduzione di Andrea Raos

– E quando eri a Parigi, avevi nostalgia, di dove venivi?
– Beh, ero piccola.
Avevo dodici anni.
– E la città, non ti piaceva Parigi, all’inizio, quando
sei arrivata?
– Sì, Parigi non mi piaceva.
Non mi è mai piaciuta credo,
credo che non mi è mai piaciuta.
– Ti mancava dov’eri prima?
– Mi mancava,
mi dicevo a Besançon, saremmo stati meglio.
Non era la stessa vita.

Juke Box/Suzanne

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di Leonard Cohen 

Suzanne takes you down to
her place near the river
You can hear the boats go by
You can spend the night beside her
And you know that she’s half crazy
But that’s why you want to be there
And she feeds you tea and oranges
That come all the way from China
And just when you mean to tell her
That you have no love to give her
Then she gets you on her wavelength
And she lets the river answer
That you’ve always been her lover
And you want to travel with her
And you want to travel blind
And you know that she will trust you
For you’ve touched her perfect body
with your mind.

Loro scrivono, io leggo

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Questa mia è una semplice segnalazione di servizio. Nel giro di pochi giorni sono nati due nuovi siti di scrittori amici di Nazione Indiana.

Uno è quello di Raul Montanari

l’altro quello di Beppe Sebaste

Sono due siti ricchi di materiali, fateci un giro.