di Gianni Biondillo
[il post di Giorgio Vasta, qui sotto, m’ha fatto tornare in mente una poesiola che scrissi alcuni anni fa. La riporto qui come fosse un commento al suo bellissimo pezzo.]
19.12.2001
venti mesi
(Nell’analisi della “guerra globale” statunitense sul piano del diritto internazionale, Zolo dedica due capitoli iniziali ad una definizione retrospettiva dello statuto della guerra nel mondo antico/medievale e in quello moderno. Nel prossimo post inseriro’ l’analisi di Zolo che riguarda la situazione attuale, dal crollo del Muro di Berlino in poi.) (Ho proposto questa riflessione in occasione della manifestazione del 17 febbraio a Vicenza. A. I.)
di Danilo Zolo
1. La guerra antica
L’idea che la guerra possa essere non solo giusta ma ‘santa’ – combattuta per eseguire la volontà di Dio, secondo la sua rivelazione e sotto la sua guida – è antica quanto lo sono le religioni monoteistiche del Mediterraneo. Sono celebri le pagine della Bibbia, in particolare del Deuteronomio, dalle quali emerge la dottrina della ‘guerra santa’ – la ‘guerra santa obbligatoria’ (milhemit mitzva) – come guerra di annientamento dei nemici del popolo di Dio.
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di Gero Mannella
Da piccoli c’è un’età di mezzo tra l’autismo della poppanza e la baldanza ferina della tribù. Quell’età in cui la tivù soggioga ed instilla i germi di un’epica facile, e crea nella mente del virgulto proiezioni in forma di guerrieri, cowboy, e giocatori di pallone. La mia infanzia domestica è stata costellata di partite ad eliminazione diretta, finali di Coppa dei Campioni, trofei da sollevare sulle spalle di ectoplasmi d’occasione, inquietanti pressioni di platee oceaniche, mute o chiocce. Tutti eventi rigorosamente autarchici, da one man show.
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di Daniela Baiocchi
Oggi è una giornata part time (5 ore)
Ore 9.10 firma registro
Posta (lettura)
Mail a Nep per lettera AMX fatture
Archiviazione mails Pizz per VRC
Stop con RP (caffè + sigar) per notizie malattia padre
2 circolari remedy (CALT – GOR) ci ho messo un po’ perché le celle dei codici non erano esatte e ho dovuto rifare il pdf tre volte
di Giorgio Vasta

Nei giorni scorsi due piccoli avvenimenti mi hanno fatto tornare in mente un appunto che avevo preso nel giugno del 2003. Due avvenimenti che hanno a che fare con l’avere e con il non avere figli.
Il primo è una frase che ho sentito leggere da Giordano Meacci all’interno di un suo racconto che si intitola Crossroad Blues. La frase in questione, messa in bocca a un Cristo travagliato e rabbiosamente malinconico, suo malgrado eternamente figlio e all’essere eternamente figlio crocifisso, è: “Sono stanco di non avere figli”.
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In attesa della manifestazione del 17 febbraio a Vicenza contro la creazione di una nuova base militare statunitense
di Andrea Inglese
Io ho una semplice, e tutto sommato modesta, pretesa: che i rappresentanti politici per cui ho votato si sforzino di rappresentarmi per davvero. Mi hanno da tempo spiegato che una democrazia rappresentativa si basa su questo principio. Inoltre, in tempi recenti mi hanno ubriacato di “bipolarismo”. Quest’idea del bipolarismo prevede che mutando la coalizione che governa, mutino anche in modo sensibile gli orientamenti politici, insomma le decisioni di chi governa. (Ora, però, torna in auge il progetto di un’eterna democrazia cristiana. Come se mai potessimo concederci altro, in termini di alternativa al fascismo o a forme di pericoloso populismo).

immagine dal sito: www.regardscroises.be
Padri e Figli
di
Marino Niola
I figli siano d’esempio ai padri. Questa massima, che capovolge i tradizionali termini dell’etica e del rapporto tra le generazioni, sembra aver guidato la mano di Patrizio Silvestri, che ha ucciso l’uomo che gli aveva portato via la sua donna, “sua” come una “16 valvole” o come una moto di grossa cilindrata. Nel marzo scorso suo figlio Fabio, quindici anni, per difendere l’onore della “sua” donna da un pesante apprezzamento aveva ucciso un temuto boss della Sanità.
di Marco Rossari
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Mi aveva incastrato una vecchia amica scrittrice.
“C’è un premio in Brianza. È intitolato al figlio di una mia amica. Lui è morto un paio di anni fa, giovanissimo. E voleva scrivere. Insomma hanno organizzato questo concorso per ragazzi sotto i vent’anni. Io sono in giuria. Non c’è pubblicazione, danno ai primi tre un po’ di soldi. È un modo per stare insieme. Cercano qualcuno che legga ad alta voce i testi di Daniele. Solo che non si possono permettere un attore. A me sei venuto in mente tu. Hai quel bel vocione.”
“Non so…”
“Allora li avviso subito. Ti faccio chiamare da loro. Intanto ti mando il libro… Daniele, quel ragazzo, aveva scritto qualche racconto. Hanno riunito i frammenti in un libricino a loro spese. Tra mezz’ora è a casa tua.”
(Ricevo da Davide Bregola e volentieri pubblico. FK)
L’antica Casa a Torre «Il Monte» è al centro di un progetto attraverso il quale l’Amministrazione comunale di Carpineti intende invitare sul proprio territorio scrittori facenti capo alle maggiori case editrici nazionali.
La scommessa centrale dell’iniziativa è quella di portare a conoscere il nostro territorio, e più in generale l’Appennino reggiano, persone che fanno della comunicazione e della diffusione di idee e pensieri la loro professione, invitandoli a soggiornare gratuitamente per brevi periodi nel nostro comune.
Fra le varie nefandezze di cui Dario Fo deve sentirsi responsabile, non ultima è quella di aver fatto cadere in amore per il tubo catodico un ragazzino di undici anni, che catalizzato dalle sue opere trasmesse in quella televisione dei tardi anni Settanta non aveva del tutto capito che quella a cui assisteva era un’eccezione e niente affatto la regola. Perché, poer nano, che ne sapeva lui che quello era teatro! Ne avesse mai visto uno, lui giovine e già paffuto virgulto, cresciuto ignorante delle belle arti e delle sette muse… Quindi quale responsabilità, caro Dario! Avere scosso la piccola cassa cranica di un undicenne, con i suoi genitori che premevano per vedere altro sullo schermo e lui che si rintanava nell’altra stanza (ché le stanze erano due, più bagnetto e cucinotto a vista), abbandonato a se stesso, preso come da un delirio di onnipotenza mentre si diceva tutto serio (fra una risata e l’altra) che quella, proprio quella era l’arte. Da lì tutta un’idea di dignità della cultura popolare gli si inoculò nelle vene come una droga, e tutt’ora – maledizione!- non lo abbandona.
Proprio domani esce un libro-intervista, curato da Giuseppina Manin, dal titolo Il mondo secondo Fo. Ho avuto il piacere di leggerlo in anteprima e, proprio per la devozione quasi infantile che ho nei confronti del mio saltimbanco preferito, ho chiesto all’ufficio stampa di Guanda (che qui sentitamente ringrazio) il permesso di pubblicarne uno lungo stralcio. Dove, appunto, si parla di cosa fosse in realtà quella televisione nazionale. A voi fare il confronto con quella attuale. G.B.
(estratto)
traduzione di Andrea Raos
noi, genia di combustione lenta –
intanto che viviamo – sappiamo
la stranezza di ciò: l’inammissibile
estraneità del fuoco. Distruzione
dell’uomo in quanto legame, l’orrore di
essere ridotti a una danza di atomi.
di Michele Zaffarano
un principe
1
non fate i lupi
non fate i serpenti
non piangete per le cipolle
siate coccolati dalla nebbia
dai molti monti
dagli scorpioni
fate il bagno nelle vostre stesse lacrime
viaggiate in nave
fate piccole passeggiate
disegnate le giraffe
nuotate a rana
sdraiatevi nudi sui prati nei boschi
correndo nudi sui prati
giocate quando vi coccolano
siate sporchi
cantate
arrampicatevi sui prati sulla verdura
inseguite gli scoiattoli
i leoni le tigri di ceramica
Segnalo via Sergio Baratto il rapporto riassuntivo per i politici della prima parte del quarto Assessment Report (AR4) dell’Ipcc, presentato a Parigi il 2 febbraio 2007. E’ una lettura schematica, per punti e paragrafi di facile scansione.
Climate Change 2007: The Physical Science Basis (pdf 2,2 MB)
Contribution of Working Group I to the Fourth Assessment Report of the Intergovernmental Panel on Climate Change
Summary for Policymakers
di Francesca Matteoni
Ad Antonella Anedda.
Sasso Marconi, 6 settembre 2003
ARTICO
Il ghiaccio sospende l’acqua, ramifica
come l’impronta della luna.
L’occhio pronto a inghiottire ruota
e si sbianca – una perla o una bacca
di gelida fiamma.
di Marco Rovelli

“Arriverà la fine del tempo, sì o no?”
“Può essere. Ma non finirà la vita.”
“Come no? C’è l’inizio, o no?”
“Non ci credo, all’inizio.”
“Come non credi nell’inizio?”
“No.”
“…e qualcosa che ha un inizio ha una fine.”
“Appunto, io non credo all’inizio. L’uomo si illude di poter arrivare a un’origine, a qualcosa che è là, da cui è nato tutto, senza rendersi conto che tutto è già qui davanti.”
“Pensa al big bang. Il big bang è l’inizio, no? E il big bang è scritto nel Corano. Nel Corano si dice che la creazione è nata con la condensazione di tutti i gas.”
di Franco Damico
Ogni ortodossia proscrive la seduzione, facendola ricadere dentro il cerchio dell’artificio ovvero del maleficio. E ha le sue buone ragioni, perché la seduzione è precisamente la sottrazione dell’oggetto cui si rivolge alla sua confortevole verità, e all’autorità che se ne fa garante. Se(d)-ducere significa infatti condurre via, condurre altrove, separare, rapire. Nel termine è già postulata l’appartenenza dell’oggetto a un’unità che lo rivendica e che teme di esserne, per ciò stesso, defraudata. Che questa unità si chiami Dio, o Sé, o Logos, o Società, non ha qui molta importanza.
di Franz Krauspenhaar
ritardando oggi in automobile vedevo gente disposta a tutto, benché ad amare ci sia sempre tempo /// prosperosa casalinga con reggiseno rosso, scopate sesso che l’attraversano ogni giorno per prendere uno dei falli di lei, lesta a spogliarsi /// portavi una gonna rossa lucente di metallo vivo sotto una luna di sebo /// due troie, fumetto porno orge scopate con casalinghe, fa chiavare il goldone, un bel culo /// quando facevi l’amore emettevi un suono bellissimo, una ciliegia che si snocciola e affonda un pieno di rum pescato da una cambusa rovistata dal sole casto, montato a neve, di igls ///
di Valter Binaghi
Dove sei stato, figlio dagli occhi tristi? Dove sei stato mio prediletto?
Sei il mio agente letterario, e di solito mi tratti come un cottimista: adesso perchè mi parli a citazioni di Bob Dylan?
E’ che ti vedo strano, autore. Hai una faccia che non mi piace. Uno ti guarda e pensa che presto una dura pioggia cadrà.
di Christian Raimo
Avendo vissuto la mia infanzia, pubertà, adolescenza, postadolescenza, sempre negli stessi sessantatré metri quadri ma sempre sul punto – io e tutta la mia famiglia – di traslocare da un momento all’altro, di cambiare casa e quartiere, tra riviste di arredamento e giornali di annunci affitti & vendite che si accatastavano sui divani del nostro sempiterno salotto, ho maturato per contrasto una anomala e randomica apprensione per lo sviluppo urbanistico di questa città, grazie soprattutto a mia madre, inventrice e praticante assidua di quello che si potrebbe definire turismo immobiliare.
di Gianni Biondillo
Colpi al cuore, come fu girato il Padrino, di Kari Hotakainen, Iperborea, 2006, 355 pag. postfazione di Goffredo Fofi, traduzione di Tullia Baldassarri Höger von Högersthal
Non ringrazierò mai abbastanza la casa editrice Iperborea, che da anni mi permette di incontrare tutto un universo letterario, quello scandinavo, che in tempi di angloamericanismo imperante, sarebbe stato per me di certo perduto.
di Franco Arminio
Voglio la rivoluzione, nient’altro che la rivoluzione. La voglio da me stesso, prima ancora che dal mondo. La voglio perché la furberia dolciastra e la scalmanata indifferenza hanno preso in mano i territori della parola e anche quelli del silenzio. Chi scrive viene tollerato a patto che rimanga nel recinto. Le sue ambizioni possono essere anche altissime, ma solo se vengono esercitate in luoghi millimetrici, invisibili. I fanatici della moderazione avanzano ovunque. In politica come in letteratura.