di Gianni Biondillo
La magia delle piccole cose
mi fa schifo: ci sono destinato!
***
Non professate il suicidio alla Cioran
ché pure lui è morto di vecchiaia…
di Gianni Biondillo
La magia delle piccole cose
mi fa schifo: ci sono destinato!
***
Non professate il suicidio alla Cioran
ché pure lui è morto di vecchiaia…
di Giordano Meacci
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Da qualche tempo Giordano Meacci porta in giro per l’Italia un anomalo bellissimo reading musicale che si intitola Reading di me. Un anno fa, a Perugia, avevo ascoltato i suoi blues, che l’autore continuamente modifica, e gli avevo chiesto di inviarmeli. Un anno dopo, olimpico e imperturbabile, Giordano me li ha inviati. Di questo, commosso, lo ringrazio.
Da leggere con sottofondo blues.
Il Blues dell’amore presente
(Roma, maggio 2006)
T’avrei amata
anche se fossi stata sfregiata,
fatta a pezzetti, ingobbita,
squarciata,
colpita dagli anni e dal tempo.
Avrei accarezzato ogni ruga
come una ferita leggera
cucita la sera alle pieghe di notte.
Usa questo spazio per segnalazioni e comunicazioni di interesse generale.
Attenzione: è stata aggiornata la Netiquette.
di Gianni Biondillo
[inauguro quest’oggi la mia, appunto, deprimente, settimana del depresso. Qualche aforisma stracco, qualche endecasillabo disciolto. Più per, terapeuticamente, uscirne fuori che per altro. La posterità se ne dimenticherà subito. Anche la contemporaneità, se è per questo.]
La tigre sotto il burrone, la tigre
sopra: appeso al mio ramo cedevole
assaggio la fragola: com’è amara!
di Gabriele Ricino
Questo è l’infinito abbandono,
io sono l’uomo che aderiva alla pelle,
e ora (ti prego) non mettermi in fuga.

http://www.manuscrit.com/msites/morphoses/manifeste.htm
Articolo 12 del manifesto del Comunismo Dandy:
Il comunista dandy accorda un’importanza fondamentale all’infanzia per una serie di ragioni che elencheremo ed anche perché se è vero che esiste il sole dell’avvenire come sarà possibile se si comincia ad ottant’anni?
Quando: sabato 4 (ore 16.30, aula A1) e domenica 5 novembre (ore 16.30, Aula A1).
Dove: Catania, Facoltà di Lingue, piazza Dante, ai Benedettini.
se lo chiede Paolo Barnard in un libro edito da BUR e Marco Albanesi ne ha fatto una lettura per noi
Paolo Barnard, giornalista di Report, ha scritto un saggio che si legge come un romanzo. Manca però il lieto fine. Perché ci odiano non è la domanda di un occidente che non comprende la ragione di tanto disprezzo verso il “nostro mondo”. Al contrario, il libro espone in maniera documentatissima le cause probabili e innegabili di questo odio.
di Maria Luisa Venuta
Oggi, 30 Ottobre 2006, si conclude a Torino l’incontro mondiale delle comunità del cibo Terra madre, la manifestazione biennale collaterale a Slow Food. E’ la seconda edizione che porta in Italia la discussione in corso da anni sui temi della sostenibilità, della biodiversità e della capacità del sistema Terra a sostenere i consumi e gli utilizzi delle risorse naturali da parte della popolazione umana.
In questi giorni, inoltre, a fronte dell’avvicinarsi dell’inverno si ripresentano all’opinione pubblica i temi dell’emergenza degli inquinamenti atmosferici nelle città, dati da sovrapposizione delle emissioni da traffico veicolare, da combustione degli impianti di riscaldamento privati e dai processi di produzione dei sistemi industriali.
Polveri fini, riscaldamento globale, scarsità delle risorse a disposizione e perdita progressiva delle capacità di assorbimento delle emissioni e dei rifiuti stanno diventando ormai argomenti “notiziabili”, con il rischio di appiattire notizie e percezioni su un livello di allarmismo senza possibilità di innescare meccanismi di riflessione e di azione positiva.
risposta a Stefano Zangrando
di Antonio Moresco
Caro Stefano,
ho letto la lettera aperta che mi hai indirizzato e – scusa la franchezza – mi sono cadute le braccia. Se voleva essere una confutazione di ciò che ho cercato di evidenziare nel mio scritto intitolato “La sproporzione”, si è rivelata invece la dimostrazione più eloquente di quanto sia grande questa sproporzione.

…il Furlen ovvero effeffe entrava in Nazione Indiana. Per me si tratta della più bella avventura letteraria che mi sia capitata. Grazie, allora, ai suoi fondatori, e più particolarmente agli attuali componenti, Andrea B, Gianni , Sergio , Andrea I, Helena , Franz , Giulio, Ozzy Osbourne, Mattia , Christian, Andrea R, Jan R, Massimo , Roberto, Piero, Antonio , Eric , Giorgio, Maria Luisa e a tutti i commentatori (quasi tutti)
effeffe
ps
Ne approfitto per segnalarvi che anche il titubante Sergio Garufi si è ufficialmente iscritto al Partito Comunista Dandy
di Franco Arminio
Qualche tempo fa mi era venuta l’immagine di un blog letterario come di una strada a luci rosse. Ognuno sta in vetrina a esporre la sua merce. Chi mostra i glutei, chi spalanca le cosce. Tutto un susseguirsi di merci che cercano acquirenti nella scabrosa condizione in cui i produttori di merce sono assai di più rispetto ai possibili compratori.
di Franz Krauspenhaar
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La mascella inutilmente volitiva si profila contro lo spessore del buio, vede nella notte con i suoi occhi piccoli di faina stupida la figura netta e decisa del suo migliore amico. Era fin da ragazzi che si spintonavano lungo le scale della scuola, lungo quelle scale, quelle scale, quel marmo color gorgonzola lavato tutti i giorni dai due bidelli, due pseudonani senza dignità di uomini, lui credeva.
di Stefanie Golisch
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Im andren Zimmer
kaut sich der Tod
Bissen um Bissen
altes Fleisch zurecht.
Hier kochen Würste und Polenta,
ein Kind macht Schularbeiten;
für einen Kuß noch
wäre Platz hinter der Tür.
Io e mio fratello Alberto frequentavamo il liceo di un paese vicino.
L’edificio era una vecchia casa riadattata e la nostra aula conservava ancora i rubinetti e le piastrelle di quello che una volta, era stato un bagno. Su ogni piano erano stipate, dopo l’ultimo terremoto e nonostante l’inagibilità, 5 classi per un totale di più di duecento persone e bastava pestare un piede per sentire che i pavimenti ballavano.

Dialogo tra Monica Zunica e Peppe Lanzetta
Napoli. Piazza Dante, le sei del pomeriggio. È l’ora in cui devo incontrare Peppe Lanzetta per una intervista. Al telefono, prima di vederci, mi aveva chiesto quale sarebbe stato l’argomento della nostra chiacchierata. Gli ho detto che avremmo parlato del rapporto che c’è tra scrittura e territorio. Quando mi vede arrivare mi sorride e, da lontano, mi mostra una copia di Repubblica piegata in due.
Mi avvicino e mi fa leggere la notizia in prima pagina: Napoli, volo cancellato per rapina.
Lanzetta stringe ancora il giornale e poi mi dice: Te lo dico da adesso. È difficile parlare di territorio quando questo territorio fa così male.
Ci facciamo uno sguardo e comincio con le mie domande.
Questa chiacchiera apparirà sul blog Nazione Indiana. Tu che rapporto hai con questo modo di fare comunicazione?–
Lettera aperta ad Antonio Moresco
di Stefano Zangrando
Caro Antonio,
ho letto con affetto e perplessità i tuoi articoli sull’“emergenza di specie” apparsi recentemente su Il primo amore. [La sproporzione, Uomini o struzzi? ndr] Affetto, perché conosco e stimo il tuo slancio e lo sai. Perplessità, perché qualcosa del tuo discorso non mi torna. Non mi torna, in particolare, l’idea della sproporzione. Perché dovremmo smettere proprio adesso di guerreggiare e di ucciderci? L’emergenza di specie è una realtà e un’urgenza da molto tempo ormai; non ho riferimenti bibliografici d’annata, ma chi ti scrive, se non altri, un senso animale d’allarme lo ha avuto fin dai primi mesi di vita della sua comunissima coscienza.
di Francesco Longo
(Questo articolo è stato pubblicato sul Riformista il 25 ottobre 2006, ieri hanno replicato sullo stesso giornale Massimiliano Parente, Filippo La Porta e Dino Cofrancesco, oggi direttamente Bruno Vespa)
Durante la puntata di lunedì scorso di Porta a Porta si è assistito ad un triste spettacolo. La trasmissione è dedicata alle polemiche sul velo delle donne islamiche. Tra gli ospiti in studio (oltre la Santanché, la Pollastrini e Fouad Allam) c’è una ragazza con il velo. Ad un certo punto il tema del dibattito diventa la lapidazione, e Vespa chiede alla ragazza se per lei la lapidazione è «giusta o ingiusta». Sarah dice che è lì per parlare del velo e che preferisce non rispondere. Ma Vespa incalza: «Signorina, per lei è giusto o ingiusto che una donna che tradisce il marito sia uccisa con le pietre?». Sarah: «Preferisco non rispondere». E Vespa, con la faccia stupita, come se stesse chiedendo quanto fa due più due: «Le sto domandando se è giusto o ingiusto lapidare una donna». Sarah si rifiuta di rispondere. Vespa e tutti gli altri ospiti, e molti telespettatori, sono sbalorditi dalla elementarità della domanda e non riescono a credere che una risposta così facile come: «La lapidazione è sbagliata!», non esca da quella bocca.
di Alessandro Leogrande
Questo articolo è uscito su Lo Straniero n. 62/63, agosto/settembre 2005
Anna Politkovskaja, inviata speciale della moscovita “Novaja Gazeta”, ha scritto il suo ultimo libro, La Russia di Putin, per un pubblico occidentale. Il dettagliato resoconto del regime putiniano, che esce ora in edizione rivista e ampliata per Adelphi, è già stato pubblicato in Gran Bretagna nel 2004, ma l’originale russo è ancora inedito nel suo paese. Per un semplice motivo: così come ai tempi di Breznev, non sarebbe possibile mandarlo in libreria, dal momento che la libertà di stampa è seriamente compromessa in quello che è, come si diceva un tempo, il paese più esteso del pianeta, la settima parte del globo terrestre. Altro che democrazia: la Russia di Putin è retta da un’oligarchia militare-terroristico-mafiosa, da un reticolato di poteri che lega il centro alle province, le province al centro, in un rapporto di reciproco do ut des tra l’ex-tenente colonnello del Kgb insediatosi al Cremlino e i suoi molti emuli disseminati nel paese.
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Di Englishman
Ho fatto un sogno: si trattava di un libro, un libro poderoso, selvaggio, dal costrutto asimmetrico e abnorme , come una chiesa gotica, piena di mostri e cartilagini, ossature e insediamenti alieni, bestiari e florilegi, era il libro dei Trolls, anzi, era l’impronta magmatica della letteratura Trolls che, giunta alla piena consapevolezza di sé, passava dall’aforisma di latrina, dal graffito insonne e suburbano, alla carnevalizzazione totale della lingua, dove i rutti e i peti, primo vagito linguistico del troll, andavano ad articolarsi in mostruose invettive, in bestemmie pantagrueliche, in parodie lancinanti.
di Helena Janeczek
Questa che per me è la lingua della pietà,
di parole che posso dimenticarmi o dire,
perché anche se mi passano di bocca,
come scivola di mano una bottiglia
e si spacca, che io raccatto e pulisco,
pulisco e perdo, qualcuno mi perdona