Sono sempre convinto che “il miglior commento ad un classico sia un altro classico” (G. Steiner). Non è facile naturalmente decidere quale classico estrarre dal cappello. Azzardo la scelta di commentare Pasolini con un altro, meno noto ma non meno dirompente, classico del nostro tempo, Guy Debord (1931-1994), appartenuto a, ma non limitato a, l’Internazionale Situazionista.
Pubblico qui le prime nove tesi del suo testo fondamentale, La società dello spettacolo.
Il libro è pubblicato in italiano ora dalla Baldini-Castoldi-Dalai, in una buona traduzione, quella di cui mi servo qui. Il libro ha subìto in passato storie di traduzioni orripilanti, anche in altre lingue. I film di Debord invece non credo siano mai circolati in Italia, ma stanno ora per uscire su DVD in Francia.
Incipit:
1. Tutta la vita delle società nelle quali predominano le condizioni moderne di produzione si presenta come un’immensa accumulazione di spettacoli. Tutto ciò che era direttamente vissuto si è allontanato in una rappresentazione.
2. Le immagini che si sono staccate da ciascun aspetto della vita si fondono in un corso comune, in cui l’unità di questa vita non può più essere ristabilita. La realtà considerata parzialmente si afferma nella sua propria unità generale in quanto pseudo-mondo a parte, oggetto della sola contemplazione. La specializzazione delle immagini del mondo si ritrova, compiuta, nel mondo autonomizzato dell’immagine, in cui il menzognero ha mentito a se stesso. Lo spettacolo in generale, come inversione concreta della vita, è il movimento autonomo del non-vivente.