[È nato un nuovo blog, l’Eugenio, tenuto da Francesco Guglieri. Questo è uno dei primi pezzi apparsi.]


“Cos’è questo libro?” verrebbe da chiedersi, parafrasando un’altra opera di Tiziano Scarpa, appena ci si ritrova tra le mani questo suo ultimo La vita, non il mondo. Nel volumetto della collana “Contromano” – che, lo dico subito, è indirizzato unicamente ai più ferventi devoti dello scrittore veneziano – sono raccolte un centinaio di esperienze personali, descritte in modo sintetico (al massimo mezza cartella), vissute da Scarpa nel corso di un paio d’anni. Non è una collezione di prose d’arte – e non vuole esserlo: uno degli intenti di tutta l’operazione è proprio la messa tra virgolette del concetto di estetico. E a dire il vero è un intento perfettamente raggiunto dal momento che raramente questi pezzi si possono definire “belli”… – ma neanche propriamente un diario. Assomiglia piuttosto a un esperimento. Di nuovo si è costretti a specificare. L’esperimento non è nella ricerca di una qualche forma, appunto, sperimentale: precedenti illustri nella tradizione novecentesca non sono difficili da trovare (tra i tanti possibili, uno a caso: il Perec de L’infra-ordinario con la sua indagine “sull’abituale”), e non rappresenta un’eccezione neanche in un’opera, come quella di Scarpa, che ha fatto dello scarto dalla norma una regola. No, si tratta piuttosto di un esperimento filosofico (un’indagine fenomenologica): cosa resta dell’Io quando lo spogliamo di tutto ciò che non è Io? Ovvero, cosa resta della vita quando le sottraiamo il mondo.




Corrado Benigni dialoga con Davide Ferrario






