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Scaffali nascosti (3) – Zandegù Editore

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di Andrea Gentile

«Scaffali nascosti», senza pretese di completezza, vuole disegnare una mappa dell’editoria indipendente dei nostri tempi. Medio-piccoli, piccoli, piccolissimi editori, spesso periferici, con idee e progetti ben precisi, che timidamente emergono, o forse emergeranno, o si spera che emergano, fra gli scaffali delle librerie. A cura di Andrea Gentile (andreagentilenazione_at_libero.it).

Dal marzo 2006 ha pile di manoscritti – rilegati, malspillati, formato A5, A4, A3 – sulla scrivania. Ogni tanto ne sceglie uno. Poi fa il redattore, il compositore, l’ufficio stampa, l’ufficio diritti, l’ufficio marketing e l’ufficio tecnico. È Marianna Martino, classe 1983, fondatrice della casa editrice Zandegù.

Su Taccuino nero di Nadia Agustoni

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di Viola Amarelli

TACCUINO NERO COPERTINANadia Agustoni ci consegna con Taccuino nero (edizioni Le Voci della Luna, 2009, prefazione di Francesco Marotta con note di Fabio Franzin e Francesco Tomada) uno degli esiti più felici della sua ricerca poetica. Scandito in tre sezioni (“Fabbrica”, “Paesaggio lombardo e voci” e le prose di “Frammenti” che assurgono quasi a postfazione) il libro narra la cronaca di un generale spaesamento e della resistenza sorda ma tenace che vi si oppone in un tentativo quasi alchemico di trasformazione.
Il lavoro operaio, i mutamenti antropici dei paesaggi, la solitudine collettiva costituiscono gli scenari plumbei di una reificazione quotidiana, delineata senza enfasi né retorica. La pesantezza opaca delle nostre vite viene infatti inquadrata di sghembo, attraverso squarci e lacerti (“le ferramenta che esplodono”; “messe al tornio le cervella”; “con 5 balene-macchine nel cuore vivo”) affidandosi ai “fatti spogli”, come recita uno dei testi che assume una valenza di dichiarazione di poetica. E tuttavia la vera protagonista di questo libro è un’innocenza ribelle che irrompe in scena sin dalla prima poesia, sprigionando un potenziale onirico che distorce il degrado per trasformarlo, cercando febbrilmente punti di rottura e vie di fuga che si sanno già prive di illusioni eppure ugualmente, e testardamente, tracciate. Non a caso l’“arca” è un’immagine ricorrente nei testi al pari degli angeli, sia pure “infermi” o “sadici”, per raffrenare qualunque ambigua soluzione di salvezza religiosa.

p2p e privacy in rete con OneSwarm

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oneswarm_logoPubblico qui l’introduzione del progetto OneSwarm, un progetto software a cui ho collaborato recentemente traducendolo in italiano. Il software è disponibile qui. – Jan Reister

Privacy-preserving P2P data sharing with OneSwarm – Tomas Isdal, Michael Piatek, Arvind Krishnamurthy, Thomas Anderson – Technical report, UW-CSE. 2009. (PDF)

La privacy – la protezione delle informazioni dagli accessi non autorizzati – è sempre più rara in Internet, eppure sta diventando sempre più importante nel momento in cui ciascuno di noi è diventato sia fruitore, sia produttore di contenuti.

La mancanza di privacy è particolarmente evidente per i programmi di condivisione dati peer-to-peer più diffusi, in cui i meccanismi di rendezvous pubblico e la partecipazione dinamica rendono molto facile sorvegliare il comportamento degli utenti.

In questo saggio presentiamo la progettazione, la realizzazione e l’esperienza pratica di OneSwarm, un nuovo sistema di scambio dati P2P che fornisce agli utilizzatori un controllo esplicito e flessibile sui loro dati: è possibile condividere i dati pubblicamente oppure in modo anonimo, con tutti i propri amici, solo con alcuni amici e non con altri, oppure solo tra i propri computer personali.

Il senso di Bessie per il blues

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di Vincenzo Martorella

Gli americani usano una singolare perifrasi per indicare personaggi dalle esistenze leggendarie, che eccedono se stesse: «larger than life», più larghi della stessa vita. E la vita, a Bessie Smith andava davvero strettissima. Se esiste materia per la leggenda del blues, quella è l’esistenza veloce, bruciante, consapevole, determinata e inarrestabile di una delle più eclatanti regine della musica nera. Leggendaria fu anche la sua morte, coperta dal mistero e dal sospetto. Troppo stretta, la vita, se si è larger than life.

Appello a Sonia Gandhi in difesa della scrittrice Taslima Nasreen minacciata dai fondamentalisti

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Gentile Signora Sonia Gandhi,
Lei, che ha a radici nel Paese in cui viviamo, è stata ed è da tempo una delle figure più importanti e influenti della politica di una nazione laica tanto grande, complessa e piena di energia come l’India.
Per questa ragione noi, intellettuali, poeti, artisti e scrittori italiani ci rivolgiamo a Lei e le chiediamo di intervenire in aiuto di una grande scrittrice, nota in tutto il mondo e perseguitata da tempo per la sola colpa di amare la libertà e di combattere, da non credente, in nome dei diritti e della dignità delle donne di tutto il mondo: Taslima Nasreen.
Come Lei certamente sa Taslima Nasreen è di lingua e cultura bengalese, e da tempo le viene impedito di vivere nel suo paese, il Bangladesh, a causa delle minacce e delle pressioni dei gruppi di integralisti musulmani che le hanno scagliato contro ben due fatwah e posto diverse taglie sulla sua testa, per punire il suo orgoglio e contrastare la battaglia per la libertà e l’uguaglianza di tutti gli esseri umani.

Asarotos oikos ( la camera non spazzata )

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di
Francesco Forlani

Sembrano intarsi, mosaici, motivi inanellati al marmo, capelli, fibre di organi dispersi, sparpagliati, sul campo dei possibili, dei passi in cerchio a contare i muri, le pareti e i dorsi, forse fili d’erba, elettrici, filamentosi tagli, grigi, riflessi, opachi artigli, afferrano ogni resto, rimanenza, di frattaglie di tempo che appaiono, polveri di verde e grigio tracciate per scivolamento, appiccicaticce molliche, grani che segnano la pelle, scivolate dai banchi e dalle tavole dei commensali, a tratti mollicci, li spingi e li discosti, con la punta del piede, della scarpa, di sguincio e ti chini a raccoglierli, scollarli, ficchi l’unghia al margine, all’incavo, e si annerisce, si scontorna, si incunea e gratta il polpastrello, l’orma, la scaglia si solleva, gratta, incide il tratto, la pelle, graffia, da interstizio a interstizio fa breccia si ficca, e accalda la vena che si ingrossa, fa male, fa sporco, fa terra che rimane piena di terra, il pavimento, di pietra, il mosaico, che appare dal parquet flottant su cui galleggiano i resti del naufragio, le rimanenze, le briciole da dare da mangiare ai morti o agli animali che proteggono casa.

Vincenzo Frungillo a Milano

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Lunedì 9 novembre 2009, ore 18.00

in occasione del ventennale della caduta del muro di Berlino
presso la libreria Feltrinelli di Milano, via Manzoni, 12
sarà presentato il libro

Ogni cinque bracciate

con l’autore Vincenzo Frungillo

saranno presenti

Giancarlo Pontiggia
(poeta, saggista e critico letterario)
Alessandra Iadicicco (giornalista e traduttrice dal tedesco)

Coccodrillo amoroso. Ricordo di Alda Merini a pochi giorni dalla morte

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di Marco Simonelli

Fu nell’estate successiva al mio esaurimento nervoso. Stavo per compiere 16 anni. La Merini, cito a memoria da uno dei suoi molti testi in prosa, dice che l’adolescenza “è sempre alla ricerca disperata di un vertice (un verso) che la possa oltraggiare e al tempo stesso difendere”. Certamente io, adolescente borderline, mi sentivo ampiamente oltraggiato ma un verso-vertice che mi difendesse non l’avevo ancora trovato.

Questa breve precisazione esistenziale per ammettere che quando lessi su Oggi (settimanale da sala d’aspetto, da parrucchiera) di una “poetessa pazza” che scriveva della sua ventennale esperienza manicomiale, a colpirmi fu il sofferto dato biografico, non il fatto che si esprimesse in versi.

Come muore Enzo Biagi

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Enzo Biagi

di Giuseppe Zucco

Esente da memorie e da speranze, illimitato, astratto,
quasi futuro, il morto non è un morto, è la morte.
Jorge Luis Borges

Guardo la morte di Enzo Biagi. Lo guardo morire da domenica mattina. Muore infinite volte, il più autorevole dei giornalisti italiani, e prima di scendere sottoterra, scava dappertutto lo spazio in cui verrà sepolto. Non lo accoglie solo la terra dell’ultimo giorno. Ma continua a scavare il proprio spazio nella carta dei giornali, tra i pixel del televisore, nelle onde della radio, nella diramata espansione di internet. Si muore anche così, oggi. Trovando un ultimo posto – mai definitivo – tra le parole e le immagini.
Ed è un finale senza fine. La deflagrazione dell’addio. L’irradiazione del commiato. La dispersione della commozione e dell’affetto.

Le due lune

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di Alessandro Mazzoncini

Pacini Duilio, detto Cartaccia, per la prima volta in vita sua ebbe pietà di sé. Pensava:”Certo che è brutto morire soli come cani.” La tosse era diventata un nodo che gli toglieva il fiato, le logge, che per quella notte erano la sua camera, facevano da cassa armonica e il suo rantolo rimbombava per tutto il rione da ore.
“Io non ce la fo più!”, pensò l’eroe. E scese. Chissà quante altre volte gli era venuto in mente di farlo, in tutto quel tempo che era stato appollaiato lassù nel mezzo della piazza che portava il suo nome.
“Tanto” si disse “chi vuoi che passi a quest’ora. E con questo tempo.”

Sciascia: Dove va la letteratura?

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sciascia ubik

[Vorrei mettervi a conoscenza di una bella iniziativa della Libreria Ubik di Savona. Qui sotto il comunicato. G.B.]

“Dove va la letteratura italiana?”
In occasione del ventennale dalla scomparsa del grande scrittore siciliano Leonardo Sciascia (novembre 1989), per 4 mesi la libreria UBIK espone dal 4 novembre in libreria in esclusiva nazionale un suo manoscritto originale inedito, mai pubblicato né esposto in visione (per gentile concessione del suo biografo, lo scrittore e giornalista del Corriere della Sera Matteo Collura, che ringraziamo vivamente), sul tema del futuro della letteratura italiana: un autentico gioiello letterario, pieno di ironia e di passione: la letteratura non deve avere casa ma stare all’aperto “…con orecchie intente, sguardo acuto, sospettosa, guardinga, insicura, con soprassalti e freddo nelle ossa…”

da “Ridefinizione”

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di Alessandro De Francesco

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Cosa c’è di europeo nella letteratura europea?

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di Dubravka Ugrešić

La letteratura europea e l’Eurovision Song Contest

La nozione di letteratura europea, così come viene intesa dai politici dell’Unione, da coloro che finanziano la cultura, dagli editori, dai dipartimenti di letteratura, dalle università vecchio stile e molto spesso dagli scrittori stessi, non è poi così diversa da quella di “miglior canzone pop in Europa” che si ha all’Eurovision Song Contest.

La croce in classe

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di Andrea Inglese

Una micro-riflessione sulla sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo riguardo all’esposizione del crocefisso nelle aule scolastiche.

È indubbio che in Italia i temi che dovrebbero suscitare con urgenza passione e dibattito sono altri: l’incubo di Genova 2001 (piazza Alimonda, la scuola Diaz, la caserma di Bolzaneto) pare non finire mai, perché si muore nelle mani della polizia giovani o giovanissimi, come è successo a Federico Aldrovandi o a Stefano Cucchi; la criminalità organizzata gode di ottima salute sia nel Sud, al ritmo degli ammazzamenti in pieno giorno, sia al Nord, al ritmo delle infiltrazioni nei tessuti imprenditoriali e amministrativi delle regioni immaginate più laboriose ed efficienti; la libertà d’informazione è pesantemente condizionata da un uomo solo, intorno al cui destino politico ruota ogni energia cerebrale dei giornalisti e degli opinionisti italiani, sia per leccargli il culo sia per indebolirne l’immagine onnipresente; giovanissimi, giovani, meno giovani, uomini e donne di ogni età danno di matto per tenersi stretto il lavoro che hanno, anche quando è demenziale e umiliante, o danno di matto per trovarlo un lavoro, anche se demenziale e umiliante.

Tutto questo lo viviamo quotidianamente sulla nostra pelle.

Perché allora spendere ulteriori energie su una faccenda che a confronto con quelle sunnominate pare risibile?

Pop Polar – Canio Loguercio

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Ho chiesto a Canio di inaugurare questa sezione di Immateriali in cui tentare una cartografia del Pop attraverso esiti diversi dalla pura esecuzione di opere legate all’immaginario di una comunità (la comunità immaginata). Produzioni che contengano alcune risposte possibili all’emergenza del Pop contro le derive della Cultura di Massa. effeffe

Nota bassa
di
Canio Loguercio

Spesso dico che il napoletano è la sacra madrelingua delle passioni e, in effetti, credo che nella canzone napoletana si possano riscontrare altissimi esempi di ‘sacralità’ e sintesi espressive di rara efficacia.. Molti miei pezzi, tra l’altro, riprendono proprio versi e spunti di canzoni classiche napoletane. Provo a confrontarmi con loro.. o meglio.. a ricostruire un racconto a partire proprio dalle forti emozioni che queste canzoni sono in grado di trasmettere.
Non credo di essere un cantante così come lo si intende normalmente. Spesso faccio fatica a trovare la voce giusta per dare corpo sonoro a melodie costruite per lo più sul filo del parlato, a volte appena abbozzate e più che altro sussurrate. Mi considero un artigiano.

La frontiera dei diritti e il diritto della frontiera

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a cura di Antonio Sparzani
immigrati-lampedusa
Nei giorni 11-12 set- tembre 2009 Magi- stratura Democratica ha organizzato a Lampedusa un convegno dal titolo: LA FRONTIERA DEI DIRITTI IL DIRITTO DELLA FRONTIERA, il cui documento finale può essere scaricato da qui

Riporto qui alcuni stralci, virgolettati, di dichiarazioni di partecipanti al convegno, raccolti da Chiara Avesani e pubblicati su Peace Reporter n. 10, ottobre 2009.

Armando Spataro, Procuratore aggiunto a Milano e membro dell’Anm:
«L’ipotesi che gli immigrati respinti possono richiedere in Libia l’asilo politico è una forma di ipocrisia. In Libia c’è un regime che palesemente non rispetta i diritti civili ed internazionali.

Cinque brevi

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di Emanuele Kraushaar

La palla

La cosa che più mi riusciva fare nella vita era la palla.
Mia moglie l’ho conquistata così. Attorcigliandomi su me stesso, con la testa attaccata al sedere e rotolandomi per la strada, veloce e senza sbavature.
Luminoso.
Ero così quando facevo la palla.
Mia moglie mi chiedeva sempre di fare la palla, quando stavamo in giardino e giocavamo con la nostra cagnolina Lisistrata.

CALPESTARE L’OBLIO

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CALPESTARE L’OBLIO

Antologia a cura di Davide Nota

Trenta poeti italiani contro la minaccia incostituzionale, per la resistenza della memoria repubblicana

Con una introduzione dello storico Luigi-Alberto Sanchi

Per leggere i testi:

http://www.lagru.org/index.php?option=com_content&task=view&id=103

Livio Borriello legge Franco Arminio

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Arminio all’inizio e alla fine della neve.
di
Livio Borriello

La scrittura di Franco Arminio, quella miscela di levità e tetraggine, di impalpabile quanto irresistibile humour e di avvelenato disfacimento, di olimpica serenità linguistica e incoerenza etica che definiscono il suo segno caratteristico, è tutta giocata su un movimento fondamentale: quello che ribalta la sua paura della morte in presenza del corpo, in ansia o meglio smania di vita, in un narcisismo esasperato e spesso disperato che sembra costantemente dire: io ancora esisto. Per ragioni genetiche, psicologiche e culturali, la mente di Arminio è affetta da questa strana caratteristica: al di là della vicenda di apparenze e persistenze che è la vita, essa vede sempre nitidamente, implacabilmente, insanabilmente davanti a sé, l’abisso vuoto del non essere, l’orlo del precipizio verso cui – chi può negarlo – i nostri atti sono precisamente indirizzati.

Canto del turismo e del comunismo

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[è con vero piacere che pubblico questo inedito che Giuliano Scabia, sotto consiglio di Marco Belpoliti, ha deciso di regalarci. G.B.]

di Giuliano Scabia

1.
Nuvole, freddo, rotolio
del vento che porta da Nord
del comunismo i sogni, gli incubi
e la catastrofe – e quei grandi poeti
Majakovski Picasso Eizenstein Lissitzski
Eluard Breton Neruda Pasolini
comunisti
che faranno? A Praga
è autunno – sono sulla Montagna Bianca
e vedo che ancora imperversa la battaglia
fra hussiti e papisti – e intorno, redivivi,
gli eserciti delle guerre di religione
e di Napoleone, del Terzo Reich, l’Armata Rossa
là nella valle (nella fossa)
ancora (loro credono) stanno combattendo.

Cercatori d’oro in Lombardia

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Gruppetti di pensionati che si incontrano, nei fine settimana, sul Ticino, sull’Elvo, sull’Orco. Anni di fatica per raccogliere i pochi grammi di materiale rimasto. E il sogno di una grande alluvione. Ecco cosa rimane, oggi, della prima (e unica) corsa all’oro italiana.

testo di Thomas Pololi, foto di Giovanni Hänninen