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Riccardo non piange più

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[ Balthus – pseudonimo di Balthasar Kłossowski de Rola, 1908 – 2001 ]

   di Paolo Rou

  Non c’era da aver paura, hai visto, Riccardo? Mamma Adele è gentile, ci ha fatto entrare anche se pareva sorpresa. Le imposte erano oscurate, certo per via del sole, te l’ho spiegato che rovina i mobili. Mamma Adele ha molta cura della casa.
   Abbiamo sentito spegnersi la radio, entrando, quella radiolina in cui Mikula si perde, ci sta attaccata su e ci si dondola. Sono i momenti in cui è più calma. Hai cominciato a tremare, perché il silenzio della casa significava che Mikula sarebbe venuta, o che era acquattata dietro qualche credenza a osservarci. “Non ti preoccupare, Riccardo” ti ho tranquillizzato, “Ora chiamiamo Mikula e vedrai che non ti fa niente”. Ci avevo messo tanto a convincerti, non si poteva rovinare tutto.  

Autismi 14 – Il mio migliore amico (2a parte)

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di Giacomo Sartori

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Poi i nostri incontri hanno cominciato a rarefarsi. Io lavoravo all’estero, e lui frequentava persone che manco conoscevo: molti dei suoi nuovi amici erano bevitori professionisti come lui. Remava di lena verso il traguardo delle trecentoundicimila lattine di birra e delle centoquarantasettemila e cinquecento sigarette. Lo cercavo, ma lui rinviava, si presentava agli appuntamenti in compagnia di altri tizi, mi tirava dei bidoni. Qualche volta mi chiedeva dei soldi, e poi si dimenticava di restituirmeli. Non ero più in una posizione privilegiata, mi accorgevo. Ma non demordevo. Spesso tornavo nella nostra città solo per vedere lui, e aspettavo invano. Avevo fatto migliaia di chilometri per niente. Più spesso mi dedicava i dieci minuti prima che partissi, nel suo stile più economico, più sbrigativo. Dieci minuti molto intensi, quel tanto da tenermi al guinzaglio, da avere l’impressione di essere lui a gestire la cosa.

CONFRONTI A DISTANZA

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di Franco Buffoni

Mentre in Italia un Parlamento di nominati boccia la proposta di legge presentata da Paola Concia, divenendo così oggettivamente complice di chi istiga odio e violenza nei confronti degli omosessuali (violenza fisica e violenza morale sono strettamente connesse: non si può pensare di condannare l’una e giustificare allo stesso tempo l’altra), negli Stati Uniti in data odierna Barack Obama ha firmato una legge specifica contro le violenze nei confronti dei gay.
Il testo prende il nome da Matthew Shepard, studente di college torturato e ucciso da due bulli nel 1998, e da James Byrd, un uomo di colore che nello stesso anno fu legato a un’auto e trascinato per diversi chilometri a Jasper, in Texas.
Con la nuova legge le violenze contro i gay vengono accomunate a quelle scatenate da motivi razziali, religiosi e etnici. Ogni anno sono oltre mille negli Stati Uniti i crimini commessi sulla base della discriminazione sessuale.

La firma di Obama conclude una lunga battaglia da parte delle associazioni per i diritti dei gay, da ultima la Human Right Campaign, l’organizzazione davanti alla quale il presidente ha parlato poche settimane fa.

Come vendicarsi di Villa Gadda

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copertina_edizione_1970 di Marco Belpoliti

Piffete e puffete e “tu ne giungi felicemente a Breanza”. Sul treno, “ferrocarril” delle Ferrovie Nord, ci s’imbarca a Piazzale Cadorna, in Milano, direzione Asso, fermata Erba. Qui si scende per risalire su un autobus – allora non c’era – destinazione Longone al Segrino. Pochi minuti ancora, e si sbarca davanti alla più famosa casa della letteratura italiana del Novecento: Villa Gadda. Un casone squadrato, appoggiato appena alla collina, con archi sul davanti, due grandi e due piccoli. Niente di particolare, anzi piuttosto ordinario, molto meno elegante dei villini, ville rustiche, chalets svizzeri e delle residenze liberty che nel medesimo periodo avevano invaso la zona, in cui veniva su la Villa in Brianza edificata da Francesco Gadda, con l’intento esplicito che i ragazzi “crescessero sani, vigorosi, allegri, sotto il portico; le logge fatte per aerare la casa, la terrazza per il fresco di sera, dopo il lavoro”.

Noi sappiamo. Sono anni che sappiamo.

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di Barbara Spinelli* – 25 ottobre 2009
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Sono anni che ci domandiamo come tutto ciò sia potuto accadere: il senso della legge che si sfibra, lo Stato che suscita timore o disprezzo È la democrazia che si perverte, divenendo qualcosa di prevaricatore: come un diritto divino che si dà all’Unto delle urne. Il diritto a giocare con le leggi come il dittatore-Charlot gioca con il mappamondo: a considerare legittimo quello che è illegale, illegittimo quello che è legale, dunque a sovvertire categorie, istituzioni, leggi che nella Repubblica sono ferme, durevoli, non legate alla durata effimera delle maggioranze e legislature (…)

*Testo dell’intervento di Barbara Spinelli letto dall’autrice a Contromafie 2009

Leggi il seguito qui.

100 Locandine d’artista alla Camera Verde

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Il Centro Culturale LA CAMERA VERDE

presenta

JEU D’ŒUF: Pour violer les solutions régulières il faudrait bien naître

a cura di
Giovanni Andrea Semerano

Sabato 31 ottobre 2009 – Roma
dalle ore 18.00 alle ore 21.00
nell’ambito del decennale del Centro Culturale La Camera Verde
vengono presentate le prime cento Locandine d’Artista

Gli artisti:

TransAvanguardia

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Barbie Amanda Lepore (la muse transexuelle de David Lachapelle)
La transavanguardia ha risposto in termini contestuali alla catastrofe generalizzata della storia e della cultura, aprendosi verso una posizione di superamento del puro materialismo di tecniche e nuovi materiali e approdando al recupero dell’inattualità della pittura, intesa come capacità di restituire al processo creativo il carattere di un intenso erotismo, lo spessore di un’immagine che non si priva del piacere della rappresentazione e della narrazione” (Achille Bonito Oliva, Artisti italiani contemporanei, Electa, Milano 1983).

Autismi 14 – Il mio migliore amico (1a parte)

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di Giacomo Sartori

blake_adam_naming_the_beastsIl mio migliore amico nel corso della sua esistenza ha fumato trecentoundicimila sigarette e s’è bevuto centoquarantasettemila e cinquecento lattine di birra. Naturalmente non ha bevuto solo birra in lattine, perché s’è scolato anche un’infinità di birre in bottiglia, e soprattutto alla spina, e poi vino bianco e rosso, whisky, grappa, bourbon, slivowitza, vodka, sakè, martini, vermut, e vari altri alcolici puri o mescolati tra loro. Ma tradotti in lattine di birra il totale fa pur sempre centoquarantasettemila e cinquecento: i miei calcoli sono piuttosto precisi. Un po’ meno di cinquemila ettolitri di birra, pari a duecentocinquanta ettolitri di alcol puro.

Il mio migliore amico era fin dall’inizio quello molto brillante, io quello un po’ tarato. Capiva in qualche giorno le cose che io ci mettevo dei mesi, se non addirittura – potrei fare degli esempi precisi – degli anni.

Poesia ermetica

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alfa
di Gianni Biondillo

Io ne’ anni danzai

Ahi! Col variare
marinavate usuali
(ah – le tre sirene –
le sole ingannavate!).

Allagata mi pentî,
andai anni ne’ ozi
– uff! Non fo’ braci –
in danze annoiai.

Calca non soffrire,
arena sorda
(salda, in genere,
immane si strozza)…

arbitra ove sono:
aromatico sorgi;
doni inni globali.

Andai in nazione,
non mi fece castrata,
non dico impeto
che lo perora: “Su!
macelli vorrò!”

Spio zona tiranna,
ritorno pensiero:
iena danza in noi!

Enrico Filippini, sintesi di movimento

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di Michele Sisto

Nei primi anni sessanta Enrico Filippini è tra i protagonisti di un nuovo “decennio delle traduzioni”. Facendo squadra con la giovane casa editrice Feltrinelli e con il Gruppo 63 porta in Italia una schiera di nuovi autori di lingua tedesca non riconducibili all’idea di letteratura allora dominante, quella affermatasi col neorealismo. Tra questi soprattutto Uwe Johnson e Günter Grass (ma anche Enzensberger, Bachmann, Handke), che Filippini in qualità di editor per la narrativa pubblica nelle collane di Feltrinelli e spesso traduce personalmente, arrivando in alcuni casi a farne di persona la recensione sulle riviste della neoavanguardia. La sua è un’idea più larga del tradurre, che non si limita alla trasposizione di un testo da una lingua all’altra ma include anche l’intervento sul contesto, volto a creare le condizioni e le categorie interpretative indispensabili perché un testo che non risponde alle attese dei lettori e dei critici venga efficacemente recepito, attecchisca. Un libro, teorizza Filippini, conta e ha successo solo se ha un “prima” e un “dopo”, se è parte di un evento, di una “grande sintesi di movimento”. Una lezione dalla quale l’editoria può imparare molto ancora oggi. (M.S.)

[Cliccando sull’immagine si apre la modalità ‘schermo intero’, in alto appariranno le frecce per scorrere il testo.]

Lasagne al forno surgelate Findus e tutto l’amore

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[ VideoVoce prodotto&confezionato dall’autore medesimo ]
di Paolo Sciola

stiamo insieme da 27 anni io
e dany ci vogliamo molto bene credo
con i soliti alti e bassi lei ha avuto
piccoli problemi di pressione e parentesi
localizzate d’alcolismo (le piacciono le cose
fatte bene quando riesce a farle taglia
le verdure a dadini perfetti per il minestrone)
ha avuto tre accidenti di figli nel frattempo
oltre me e una casa cui badare
sono stato abbastanza bene nella solitudine
abbastanza condivisa abbastanza insopportabile
ieri però stranamente ho dato via di testa
(mi capita sì e no otto nove volte l’anno
sono un tipo altrimenti equilibrato)

pop polar #1 – Giampaolo Simi

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Spinoza encule Hegel copy

di
Giampaolo Simi

Mai stato uno di quelli che muove le dita nelle scarpe quando gli danno del noirista o del giallista. Non l’ho fatto quando pareva di ammettere uno stato di minorità culturale, né quando poi faceva figo dirlo, non lo faccio ora che viene avvertito di nuovo come riduttivo (questa volta non dai critici, nel frattempo estintisi, ma dagli scrittori stessi).
Ho anche partecipato a delle tavole rotonde sulla differenza fra il noir e il giallo che non sono terminate in suicidi collettivi per torpore comatoso.
Piuttosto, mi opprime l’idea di essere sempre in un dopo. È troppo tempo che stiamo tutti in un dopo qualcosa, come se non riuscissimo a pensare di essere prima di qualcosa e a guardare avanti.
Se parliamo di post-noir saremmo inoltre di fronte al post di qualcosa che a malapena c’è stato. Nessuno dichiara mai di credere alle etichette, forse per timore di somigliare a un farmacista pignolo. Io comunque credo alle parole, specie quando sono parole vive. E noir è una parola che avendo vissuto per più della metà del Novecento, ha conosciuto una certa stratificazione di significati. Ma mi sento di dire che quanto si è visto nel panorama italiano degli ultimi dieci anni, con questa parola, anche nel suo significato più estensivo, ha poco a che vedere.

Riportando tutto a Bari

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Petruzzelli distrutto

di Nicola Lagioia

Negli anni Ottanta Bari era chiamata “la Milano del Sud”. A differenza di Napoli e Palermo – impegnate a ridefinire la propria vocazione meridionalistica –, la mia città in quel periodo puntava la bussola dei propri desideri verso il capoluogo lombardo. O meglio, con la scusa di imitare Milano, sognava velleitariamente il centro dell’impero. Erano i tempi dell’edonismo reaganiano, e bastava il più fasullo dei boom per montarsi la testa: ricordate? attraverso una fantasiosa serie di calcoli si tentò anche di dimostrare che l’Italia era la quinta potenza industrializzata del pianeta. Euforizzati dalla fine dell’austerity ma soprattutto dai ripetitori di Canale 5, anche i baresi sognarono una “città da bere”: se Milano aveva Craxi noi avevamo i Kennedy del Tavoliere (aka fratelli Matarrese), se lassù stilisti e copywriter venivano coperti d’oro, a Bari il mattone andava forte, il commercio fioriva, e in via Sparano – una convincente versione sottocosto di via Montenapoleone – le cassiere delle boutique avevano le convulsioni a furia di battere scontrini.

La camorra alla conquista dei partiti in Campania

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di Roberto Saviano

stato

Quando un’organizzazione può decidere del destino di un partito controllandone le tessere, quando può pesare sulla presidenza di una Regione, quando può infiltrarsi con assoluta dimestichezza e altrettanta noncuranza in opposizione e maggioranza, quando può decidere le sorti di quasi sei milioni di cittadini, non ci troviamo di fronte a un’emergenza, a un’anomalia, a un “caso Campania”. Ma al cospetto di una presa di potere già avvenuta della quale ora riusciamo semplicemente a mettere insieme alcuni segni e sintomi palesi

Dalla A allo Zammù

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Alfabeto Letterario
Lavieri edizioni e Gherardo Bortolotti

martedi 27 ottobre 2009, ore 19.30
Zammù
Via Saragozza 32/a – Bologna

Parigi val bene un best seller

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di Chiara Valerio

Allo stesso modo, molti scrittori non si mettono al lavoro con l’idea di scrivere un semplice libro, ma direttamente un best seller. Questo ha comportato una piccola rivoluzione copernicana: da categoria di mercato il best seller è diventato un vero e proprio genere letterario. Come scrivere un best seller in 57 giorni di Luca Ricci (Laterza Contromano, 2009) è un manuale di sopravvivenza al mondo letterario italiano. Anche se è ambientato a Parigi. Non saprei come altro definirlo. Forse un anestetico allo snobismo o una sacca di apnea nei fumi del sistema culturale. Forse un pamphlet fintamente non polemico sulla critica letteraria. Forse ancora un trattato di entomologia su come, se un impiegato può trasformarsi in uno scarafaggio, quattro scarafaggi possono trasformarsi in uno scrittore. Il viceversa rimane tuttavia un problema aperto. Se uno scrittore, calpestando il suo ego, negando la sua ossessione di essere uguale a se stesso o simile a un altro scrittore (sempre morto), saltando a piè pari l’imbarazzo di porsi domande non retoriche, e ammesso che ci riesca, decidesse di trasformarsi… quanti scarafaggi ci vorrebbero?

Prezzemolina e i bambini della fate

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di Francesca Matteoni

per Arianna

il terreno della fiaba

Molti anni fa, all’inizio dell’estate, le maestre di una scuola materna della mia città misero in scena con il teatro dei burattini la fiaba toscana di Prezzemolina. I bambini si erano preparati bene per lo spettacolo, imparando una filastrocca sulla coraggiosa ragazzina, facendo disegni e riempiendo varie pagine del quaderno dei ricordi. Dopo la festa, per vari giorni, mia cugina, che aveva allora 4 anni, continuò a cantare fra sé e sé la storia del cugino Memè e delle fate cattive, ridendo per gli omini che escono impazziti dalla Scatola del Bel Giullare. La guardavo dalla finestra giocare nel prato, intonando C’era una volta una bambina, che si chiamava…,

Blog Notes

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di effeffe
“La teoria della società riguarda una costruzione artificiale, un aggregato di esseri umani che solo superficialmente assomiglia alla comunità, nella misura in cui anche in essa gli individui vivono pacificamente gli uni accanto agli altri. Però, mentre nella comunità essi restano essenzialmente uniti nonostante i fattori che li separano, nella società restano essenzialmente separati nonostante i fattori che li uniscono”.
Ferdinand Tönnies, Comunità e società (Gemeinschaft und Gesellschaft)

castagne

Caduta libera
Quando l’ho visto quasi non ci potevo credere. Così quasi per averne conferma l’ho chiesto a un tassista in sosta poco più avanti. – Veda– mi ha detto- i castagni appartengono al Comune. Sono castagne particolarmente grosse e pesanti, le vede lì, per terra, e allora per evitare che qualcuno per un qualsiasi danno alla carrozzeria della sua auto faccia causa, hanno messo il cartello. ”
Lo ringrazio. Adesso è tutto più chiaro. Così mi diverto a immaginare i cartelli che ritroverò tra non molto, tipo, attenzione caduta pioggia d’inverno, (e per la primavera?) o perché no, uno che reciti l’adagio ” Attenzione d’estate fa caldo e si suda. Non rimborseremo le vostre camicie. Sulle prime ci rido quasi, poi s’impadronisce di me la consapevolezza di qualcosa di assai più tragico e che vorrei condividere con voi.

Scaffali nascosti (2) – orecchio acerbo editore

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«Scaffali nascosti», senza pretese di completezza, vuole disegnare una mappa dell’editoria indipendente dei nostri tempi. Medio-piccoli, piccoli, piccolissimi editori, spesso periferici, con idee e progetti ben precisi, che timidamente emergono, o forse emergeranno, o si spera che emergano, fra gli scaffali delle librerie. A cura di Andrea Gentile (andreagentilenazione_at_libero.it).

di Andrea Gentile

Era il 6 dicembre del 2001 e faceva un gran freddo. Si avvicinava il Natale. C’erano già le renne. E le strenne. Fu quel giorno che nacque il primo figlio di Orecchio Acerbo. Si chiamava Il gigante Gambipiombo, era firmato da Fabian Negrin e raccontava la storia di un gigante affamato di nuvole che svuota il cielo e esplode in «ciclopiche scoregge».

Così partirono Fausta Orecchio e Simone Tonucci, fondatori della casa editrice di letteratura illustrata Orecchio Acerbo, nome scelto per dare un senso di continuità con lo «Studio grafico Fausta Orecchio» e per omaggiare, ovviamente, Gianni Rodari, che ci aveva raccontato in versi la storia di Un uomo maturo con un orecchio acerbo, l’uomo che ha un «orecchio bambino» che gli serve per sentire «le cose che i grandi non stanno mai a sentire».

da Decreation / Decreazione

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Anne Carson

traduzione di Gian Maria Annovi

SLEEPCHAINS

Who can sleep when she—
hundreds of miles away I feel that vast breath
fan her restless decks.
Cicatrice by cicatrice
all the links
rattle once.
Here we go mother on the shipless ocean.
Pity us, pity the ocean, here we go.

 
 

CATENE DI SONNO

Chi può dormire mentre lei—
lontana centinaia di chilometri sento quel vasto respiro
sventaglia le sue inquiete carte da gioco.
Di cicatrice in cicatrice
ciascun anello
tintinna una volta.
Eccoci madre sull’oceano senza navi.
Pietà di noi, pietà dell’oceano, eccoci.

Note sul rapporto tra personale e politico (in margine al caso Marrazzo)

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di Marco Rovelli

Al cuore della questione Marrazzo (che emerge per par condicio con le escort di Berlusconi),  la mancanza di aderenza tra posizione etica e posizione politica. Non si fraintenda: non è questione di moralismo. Tutt’altro. Il moralismo, piuttosto, si basa proprio sullo scollamento tra i piani, su quella frattura tra etica singolare e politica pubblica (per richiamare la distinzione aristotelica), ciò che consente alla Morale la possibilità di un giudizio permanente (essa si fa “pontefice” tra un piano e l’altro). Si mostra ancora una volta che l’idea di politica intesa come mera “capacità tecnica” è solo astrazione: essa non regge quando sfrega con il suo “supplemento” necessario, ovvero la sfera dei “valori morali”.