
di Nicola Lagioia
Negli anni Ottanta Bari era chiamata “la Milano del Sud”. A differenza di Napoli e Palermo – impegnate a ridefinire la propria vocazione meridionalistica –, la mia città in quel periodo puntava la bussola dei propri desideri verso il capoluogo lombardo. O meglio, con la scusa di imitare Milano, sognava velleitariamente il centro dell’impero. Erano i tempi dell’edonismo reaganiano, e bastava il più fasullo dei boom per montarsi la testa: ricordate? attraverso una fantasiosa serie di calcoli si tentò anche di dimostrare che l’Italia era la quinta potenza industrializzata del pianeta. Euforizzati dalla fine dell’austerity ma soprattutto dai ripetitori di Canale 5, anche i baresi sognarono una “città da bere”: se Milano aveva Craxi noi avevamo i Kennedy del Tavoliere (aka fratelli Matarrese), se lassù stilisti e copywriter venivano coperti d’oro, a Bari il mattone andava forte, il commercio fioriva, e in via Sparano – una convincente versione sottocosto di via Montenapoleone – le cassiere delle boutique avevano le convulsioni a furia di battere scontrini.





Sabato 24 Ottobre 2009 


