Umbrarum fluctu terras mergente…
Giordano Bruno, De la causa, principio e uno
di Gianni Celati e Enrico De Vivo
Io abito ad Angri, in provincia di Salerno, a una trentina di chilometri da Napoli. Ricorderò sempre una sera d’inverno, quando udii bussare al portone del nostro cortile, con forti colpi, come di chi avesse un’estrema necessità d’aiuto o uno stato di nervosismo incontenibile. Mi affacciai tenendo il portone socchiuso, e prima che potessi vedere chi bussava, mi trovai tra le mani un opuscolo dattiloscritto, dove lessi a malapena queste parole: “SONETTI DEL BADALUCCO NELL’ITALIA ODIERNA”.
Poco dopo, i due personaggi che avevano bussato al nostro portone, seduti in cucina, divoravano tutto ciò che mia moglie si affrettava a mettere in tavola. Si capiva che non avevano mangiato da giorni. Io e mia moglie li avevamo sentiti mormorare con un filo di voce: “Siamo attori, veniamo da lontano. Non sappiamo più a chi rivolgerci. Scusateci. Potreste darci qualcosa da mangiare?”. Così diceva la delicata voce della signora Carlotta, moglie di Attilio Vecchiatto. E lui, anziano, emaciato, vacillante, con un cappello a larga tesa e un consunto mantello d’altri tempi, si fece avanti così: “Io sono l’attore Attilio Vecchiatto. Lei avrà sentito parlare di me, vero?”. Al che dovetti mentire in tutta fretta, dichiarandomi un suo appassionato ammiratore: “Chi non ha sentito parlare dell’attore Vecchiatto?”. Per fortuna non mi fece domande d’accertamento, dato che non sapevo chi fosse, né che avesse conquistato la sua fama nel Sud America, poi a New York e infine a Parigi – ma mai in Italia, dove di fatto era sconosciutissimo.