di Christian Raimo
Nello spento dibattito politico italiano, ossia in quel palcoscenico sfasciato che può venir occupato per giorni da un dito medio di Bossi, da una caduta dal gommone di D’Alema o dagli apprezzamenti di Berlusconi per una schermidora olimpica, c’è forse un tema meno farsesco che ha carsicamente attraversato gli ultimi mesi, ed è quello della memoria.
Da Veltroni che quest’estate ne ha fatto una piccola apologia con una lettera aperta a “Repubblica” in coda alle geremiadi di Scalfari e Moretti sul disastro civile immanente, alla rivisitazione in chiave post-ideologica del fascismo da parte di La Russa e Alemanno, alle dimissioni conseguenti dello stesso Veltroni e di Amato (rispettivamente, dal comitato del museo della Shoah e dalla commissione interpolitica promossa da Alemanno), alla querelle Fini contro Azione Giovani, fino allo scontro tra Mario Calabresi, giornalista e figlio del commissario Luigi ammazzato nel maggio 1972, e Adriano Sofri, giornalista e detenuto da ormai dieci anni per quest’omicidio: si parla tanto di memoria, di memoria disprezzata, mancante, perduta, non condivisa.









Amiamo viaggiare, vedere, scoprire, per questo abbiamo iniziato un viaggio appassionante e pericoloso, difficile ma entusiasmante. Con questo slogan partiva nel 1994 la prima Carovana Antimafia promossa dall’ARCI Sicilia, due anni dopo le stragi Borsellino e Falcone, che avevano scosso le coscienze e creato un forte fronte antimafia. 


