di Mauro Pianesi
Avevo letto già in manoscritto Prima dell’estinzione (Effigie), l’ultimo romanzo di Sergio Nelli, storia narrata in prima persona di un giornalista nel tunnel del ricovero ospedaliero. Trasformato, fra diagnosi imprecise e impietose, in cittadino del dolore, comincia a sentire la fine e il peso insopportabile del mondo. “Entri in un’atmosfera plumbea, fredda, come sottomonte. Mentre fuori c’è il sole, ci sono i motorini che esplodono all’estate, c’è la stessa erbetta tenera che cresce, e il cibo e la musica e le ragazze che si vogliono divertire”.
Autobiografica, quasi diaristica come nei precedenti e, in particolare, nel bellissimo Ricrescite (Bollati Boringhieri), innervata da un’immaginazione potente che ne è il vero motore, la scrittura di Nelli ha il raro pregio di riuscire a far dialogare le cose (il mondo inanimato) con i ricordi che esse lasciano nel nostro universo sensoriale. I ricordi o la loro malinconia. Per giungere a questi esiti (che sento particolarmente innovativi), l’autore sembra rifarsi a luoghi letterari arcaici, premoderni, tipo “mondo alla rovescia”, che ad esempio – se riferito alla donna del protagonista – sa materializzare così: “L’energia del suo orgasmo invade le stanze, appiccica la sua pellicola sui muri, rinnova le pentole, rivitalizza la frutta, dà profumo all’aglio, fa brillare il vetro, ammorbidisce le coperte, esalta il fumo vecchio”. C’è qualcosa di fiabesco in questa elencazione mozzafiato della nuda verità non solo degli oggetti, ma addirittura degli odori.