Home Blog Pagina 479

Paradise Lost

2

sistcom_elmetto.jpg Una certa luce sulla storia
non può essere gettata,
ne sono persuaso, altro che
dalla creazione letteraria.

Victor Serge

Se esiste il paradiso
di
Andrea Bottalico

Sono parole infuocate. Parole che vanno masticate lentamente, come quando mastichi un fungo, impaurito eccitato. Devi gustare il sapore amaro, disgustoso, e devi farlo fino in fondo perchè l’effetto è un’allucinazione. E non permetterti di sputare; ingoia. Piuttosto pensa al luogo in cui sei stato, alla voragine in cui sei inciampato per colpa di quelle frasi infami, e chiediti se esiste l’inferno, perchè è proprio quello che viene descritto nel libro di Leshem. Zitlawi per incoraggiare gli altri lo ripeteva spesso: “I soldati non finiscono mai all’inferno”. Di certo Zitlawi non potrà dirlo mai più.

LA RABBIA E IL FURORE E QUELLE ROBE LÌ

1

( Il primo racconto italiano con un vero attacco all´americana!)

di Giorgio Mascitelli

Io sono Gian Gazzarra e di mio padre tutto ció che mi porto addosso è questo mio nome, che egli mi impose in onore del ben piú famoso Ben, un attore di prim´ordine, io mi chiamo Gian Gazzarra perchè cosí volle mio padre, Oronzo Gazzarra.
Ma il problema sociale che mi attanaglia di piú non è l´assenza dei padri rispetto ai figli, non è il problema della mancata guida dei padri, nè il problema della guida pericolosa dei padri, il mio problema è il problema del gavettone.
Stando ai fatti: stamattina sono uscito dalla mia abitazione, sita in un ampio ma decoroso caseggiato della periferia giá industriale, era una bella mattina estiva e io ero vestito del mio completo in frescolana, dovendomi recare dal dentista, quando sono stato centrato da un grosso gavettone ripieno di acqua e orzata, particolare che mi ha fatto comprendere che il gavettone era espressamente indirizzato a me, essendomi oltre modo odiosa e avversa la bevanda di questa.

Per chi suona la campana

6

p1070067.JPG
Si muore una volta sola
di
Azra Nuhefendic
Editing: Ljiljana Avirovic

Spero di morire da innocente, come Slobodan Milošević”, ha dichiarato Vojislav Šešelj, presidente del Partito radicale serbo (“Pravda”, 9 marzo, 2008).
Ormai da cinque anni detenuto nella prigione dell’Aia, Šešelj è accusato di pulizia etnica in Bosnia e in Croazia, di uccisioni di massa, di deportazione dei civili, di torture e comportamenti disumani, di distruzioni in Croazia e in Bosnia Erzegovina.

Tali accuse che fanno venire la pelle d’oca, non hanno creato alcun problema al Partito radicale serbo. Nelle prossime elezioni parlamentari che si terranno in Serbia l’11 maggio prossimo, il partito di Šešelj è tra i favoriti. Il fatto che il loro presidente debba rispondere davanti al Tribunale Internazionale per i crimini contro l’umanità nella ex Jugoslavia, non imbarazza i suoi elettori.

Turchia: I curdi di Istanbul

3

testo di Lorenzo Bernini, fotografie di Giovanni Hänninen

[NdR: questa è la seconda parte di un reportage di viaggio in Turchia nell’inverno del 2007; leggi la prima parte e un approfondimento a seguire.]

007_istanbul_hb.jpg

Dal suo arresto in Kenia nel 1999, Abdullah Öcalan, il presidente del PKK (Partiya Kerkeran Kurdistan: il Partito, clandestino, dei Lavoratori del Kurdistan) non perde occasione per chiedere la fine della lotta armata. Nell’ottobre del 2006 i dirigenti del PKK hanno proclamato il cessate il fuoco. Tuttavia nei territori turchi del sud-est, abitati prevalentemente da curdi e confinanti con il nord dell’Irak (precisamente con il Kurdistan iracheno, che è una regione a statuto speciale), gli scontri tra guerriglieri ed esercito turco non sono mai finiti.

Quella notte a Dolcedo

9

dolcedogrande.jpg di Gianni Biondillo

Marino Magliani, Quella notte a Dolcedo, Longanesi, 262 pag., 16 euro.

Hans Lotle, pensionato sessantenne in una Berlino Est a un passo dal crollo del muro, decide di tornare nella valle della Liguria dove, da giovane militare, ha combattuto per la Germania nazista e dove è stato protagonista di una brutta storia di partigiani e valligiani, di ritorsioni e tradimenti. Questo l’incipit di Quella notte a Dolcedo, di Marino Magliani.

Per una critica telescopica: genere lirico e sfondi antropologici 1

3

(La seconda parte del saggio è pubblicata qui.)

di Andrea Inglese

Voglio proporre una serie di riflessioni non troppo sistematiche, che hanno però almeno due tratti in comune. Si tratta di riflessioni orientate a formulare domande intorno a prospettive di ricerca già avviate, che possono interessare l’attuale discorso critico sulla poesia italiana. E tali riflessioni pretendono di porsi ai margini del discorso critico o, più precisamente, tra il discorso critico e qualcos’altro. Ora questa posizione di margine è giustificata da due ragioni, una teorica e l’altra personale. Condivido, innanzitutto, l’idea di Fortini che lo scopo della critica «consiste nella implicazione di vari ordini di conoscenze in occasione e a proposito della conoscenza di un oggetto letterario» (1). Una critica quindi che, secondo la parafrasi che ne fa Mengaldo, «si pone come mediatrice, ma non fra opera, o autore, e lettori (…), bensì (…) fra il senso della prima e quello che il critico crede sapere in generale della società, realtà, mondo» (2). Ciò significa che il raggio d’azione del critico abbraccia, sul versante specialistico, la strumentazione tipica dell’analisi dei testi letterari, ma su di un altro versante, consapevolmente dilettantesco, esso si apre sul mare magnum dei discorsi non letterari.

Giovanni Arrighi a “L’infedele”

16

di Giorgio Mascitelli

La presenza di Giovanni Arrighi mercoledì 7 maggio ore 21 in televisione, alla trasmissione di Gad Lerner L’infedele, su La 7, è una di quelle rare occasioni da non perdere per chi voglia sapere qualcosa in più e di meglio sul mondo in cui viviamo. Giovanni Arrighi, professore di sociologia alla John Hopkins University di Baltimora, infatti è uno dei più eminenti intellettuali mondiali, le cui tesi storiche ed economiche sono al centro del dibattito internazionale. Alcuni dei suoi libri, come Il lungo XX secolo (ed. it Il Saggiatore, 1999) e Adam Smith a Pechino (Feltrinelli, 2008), sono delle opere considerate indispensabili per capire i processi di globalizzazione e l’attuale fase di turbolenza mondiale. Categoria principale dell’analisi dell’attuale momento è per Arrighi quella di caos sistemico, in altri termini l’attuale globalizzazione non sarebbe altro che un momento in cui il capitalismo distrugge gli equilibri politici che hanno retto la fase precedente di accumulazione perché ormai questi non sono più in grado di garantirne l’espansione.

Un’intervista sul tè Pu’er

1

Francesca Topi intervista Livio Zanini, presidente dell’Associazione Italiana Cultura del Tè , ospite alla trasmissione “Cara Alice”sul tema: origini del tè cinese e caratteristiche del Pu’er. Durata complessiva: 13 minuti.

Una interessante chiacchierata introduttiva sulle varietà di tè cinesi, la loro lavorazione e i rapporti con le differenti culture del tè in Giappone.

Peter Tscherkassky: Breve trattato sulle immagini mobili

3

tscherkassky_1.jpga cura di Rinaldo Censi
con la collaborazione di Luisa Ceretto (Cineteca di Bologna)

5-6 maggio 2008
Cinema Lumière, via Azzo Gardino 65b, Bologna

La carriera dell’austriaco Peter Tscherkassky, cineasta, che molti si apprestano a definire sperimentale giusto per distinguerlo dalle produzioni correnti, per schematizzare e rinchiudere in un recinto le sue preziose intuizioni, somiglia a qualcosa di mobile, in perenne evoluzione. Lo splendore del suo sguardo acuto e critico portato sulla materia cinematografica si unisce ad una virtuosa quanto felice padronanza della tecnica cinematografica. Il film – ogni film – è ciò che passa tra gli ingranaggi di un proiettore. Conoscere il funzionamento di questi ingranaggi, di queste bielle, di queste valvole è il primo compito di un film-maker.

Inchino a Marianne Fritz

2

foto-fritz.jpg

di Alban Nikolai Herbst
traduzione di Elisa Perotti

Non ci saremmo piaciuti. A me non sarebbe piaciuta lei, questa donna pallida, forse traumatizzata, che a partire da Die Sterne der Romani è rimasta china per tutta la sua vita su una macchina da scrivere. E quasi sicuramente a lei non sarei piaciuto io, il macho esuberante, almeno a detta di tutti, per il quale l’eros ha più valore dello spirito della parola. Tuttavia Marianne Fritz ha profondamente influenzato il mio lavoro. Mi ha insegnato in primo luogo una postura estetica. Che un poeta non si piega al mercato, per quanto una presunta vita agiata e la prospettiva della celebrità possano allettarlo. L’opera di Marianne Fritz è garanzia di consequenzialità artistica, queste sono le fondamenta.

Forcipe

4

di Linnio Accorroni

 

 

Sono stato gettato nel mondo in una mattina di gennaio, tanti anni fa. Mia madre racconta volentieri di quel terribile inverno, degli enormi cumuli di neve che c’erano di fuori mentre nascevo: a suo dire (ma so quanto essa sia predisposta alla trasfigurazione mitico-affabulatoria del passato) la gente per andare da una casa all’altra, dal bar all’osteria, dalla parrocchia al tabacchino aveva costruito delle gallerie le cui mura bianche e solide erano di neve e ghiaccio. Pieno Amarcord, certamente. Sicuro è che sono nato di dieci mesi e, forse anche per questo, il parto è stato molto complicato tanto che l’ostetrica, che abitava vicino casa dei miei, ha dovuto usare il forcipe.

I liquidi di Dio

3

null

di Anne Carson traduzione di Antonella Anedda

IO

Sento un leggero click nel sogno.
La notte scroscia il suo rubinetto d’argento
lungo il dorso.
Ore 4. Mi sveglio. Pensando

all’uomo che
andò via in Settembre.
Il suo nome era Legge.

Il mio viso nello specchio del bagno
è striato di bianco.
Mi lavo e torno a letto.
Domani andrò da mia madre.

Flaubert Dry

1

di Omar Viel

L’éducation sentimentale era un pre-dinner a base di bourbon e Martini servito in un’ampolla chiusa a forma di mammella. Qualcuno lo ordinava solo per l’ampolla. Era un contenitore grosso come la tetta di una vacca olandese, molto leggero, e si maneggiava usando una sottile impugnatura simile a quella dei boccali da birra. Tra i riflessi del cristallo il liquido fluttuava e schiumava, uscendo a spruzzi da un bel capezzolo rosso vivo. L’éducation si beveva in una luce da tramonto tropicale, mentre le onde sonore delle chitarre acustiche si propagavano dagli altoparlanti attraverso le sale aperte, rimbalzando sui banconi di legno laccato, gli sgabelli da vertigine, le chaise-longue leopardate, i quadri astratti del genere color-field painting.

L’uomo dei sogni: Albert Hofmann

34

Riporto da Giavasan:

Albert Hofmann, lo scopritore dell’LSD, è morto il 29 aprile a 102 anni nella sua casa a Basel, in Svizzera.
Può sembrare un gioco di parole, ma è rimasto lucido fino all’ultimo: prova ne sia il discorso che ha tenuto alla festa organizzata in occasione del suo centesimo compleanno.
Qui un breve cortometraggio animato di David Normal che racconta la prima esperienza di Hofmann con l’LSD, secondo quanto riportato dallo scienziato stesso nel suo libro My Problem Child.

Il fascino discreto del…

8

fascino.bmp

di Franz Krauspenhaar con la postuma ma indispensabile collaborazione di Luis Bunuel

I passanti:

Andrea Bajani, Sergio Baratto, Carla Benedetti, Benedetta Centovalli, Federica Fracassi, Gabriella Fuschini, Sergio Garufi, Jacopo Guerriero, Giovanni Maderna, Renzo Martinelli, Lea Melandri, Raul Montanari, Antonio Moresco, Giulio Mozzi, Sergio Nelli, Aldo Nove, Maria Pace Ottieri, Piersandro Pallavicini, Christian Raimo, Michele Rossi, Tiziano Scarpa, Éric Suchère, Giorgio Vasta, Piero Vereni, Dario Voltolini,

VivaVoce#02: Ghérasim Luca [1913–1994]

15

[Cubomania di Ghérasim Luca]

Son corps léger… [letta dall’autore]

[dalla viva voce dell’autore – quel suo astratto francese dal marcato accento rumeno quasi straniato – didascalico – brechtiano – così esule di luoghi e sentimenti – così esule di un mondo in cui non c’è più posto per i poeti – a 81 anni un salto nella Senna e via – e la sua glace – quasi intraducibile in un solo modo – a volte scivola come ghiaccio fra le labbra – altre pare trasparente ed aguzza come vetro – forse riflettente a specchio – prismatica di cristallo – stella di fiocco di neve – chicco di grandine di tempesta – persino dolcezza di glassa – o tutte le cose insieme]

Son corps léger
 
est-il la fin du monde?
 
c’est une erreur
 
c’est un délice glissant
 
entre mes lèvres
 
près de la glace
 
mais l’autre pensait:
 
ce n’est qu’une colombe qui respire
 
quoi qu’il en soit
 
là où je suis
 
il se passe quelque chose
 
dans une position délimitée par l’orage
 
 
Près de la glace c’est une erreur
 
là où je suis ce n’est qu’une colombe
 
mais l’autre pensait:
 
il se passe quelque chose
 
dans une position délimitée
 
glissant entre mes lèvres
 
est-ce la fin du monde?
 
C’est un délice quoi qu’il en soit
 
son corps léger respire par l’orage
 
 
Dans une position délimitée
 
près de la glace qui respire
 
son corps léger glissant entre mes lèvres
 
est-ce la fin du monde?
 
mais l’autre pensait: c’est un délice
 
il se passe quelque chose quoi qu’il en soit
 
par l’orage ce n’est qu’une colombe
 
là où je suis c’est une erreur
 
 
Est-ce la fin du monde qui respire
 
son corps léger? mais l’autre pensait:
 
là où je suis près de la glace
 
c’est un délice dans une position délimitée
 
quoi qu’il en soit c’est une erreur
 
il se passe quelque chose par l’orage
 
ce n’est qu’une colombe
 
glissant entre mes lèvres
 
 
Ce n’est qu’une colombe
 
dans une position délimitée
 
là où je suis par l’orage
 
mais l’autre pensait:
 
qui respire près de la glace?
 
est-ce la fin du monde?
 
quoi qu’il en soit c’est un délice
 
il se passe quelque chose
 
c’est une erreur
 
glissant entre mes lèvres
 
son corps léger

Il suo corpo leggero
 
è la fine del mondo?
 
è un errore
 
è una delizia che scivola
 
tra le mie labbra
 
vicino al ghiaccio
 
ma l’altro pensava:
 
non è che una colomba che respira
 
comunque sia
 
là dove io sono
 
avviene qualcosa
 
in una posizione delimitata dalla tempesta
 
 
Vicino al ghiaccio è un errore
 
là dove io sono non è che una colomba
 
ma l’altro pensava:
 
avviene qualcosa
 
in una posizione delimitata
 
scivolando tra le mie labbra
 
è la fine del mondo?
 
È una delizia comunque sia
 
il suo corpo leggero respira con la tempesta
 
 
In una posizione delimitata
 
vicino al ghiaccio che respira
 
il suo corpo leggero che scivola tra le mie labbra
 
è la fine del mondo?
 
ma l’altro pensava: è una delizia
 
avviene qualcosa comunque sia
 
per la tempesta è soltanto una colomba
 
là dove io sono è un errore
 
 
È la fine del mondo che respira
 
il suo corpo leggero? ma l’altro pensava:
 
là dove io sono vicino al ghiaccio
 
è una delizia in una posizione delimitata
 
comunque sia è un errore
 
avviene qualcosa per la tempesta
 
non è che una colomba
 
che scivola fra le mie labbra
 
 
Non è che una colomba
 
in una posizione delimitata
 
là dove io sono con la tempesta
 
ma l’altro pensava:
 
chi respira vicino al ghiaccio?
 
è la fine del mondo?
 
comunque sia è una delizia
 
avviene qualcosa
 
è un errore
 
che scivola fra le mie labbra
 
il suo corpo leggero

 
 
da La Fin Du Monde, in Paralipomènes, Paris, 1969

[traduzione di orsola puecher]

file audio da ubu.com

Su Nazione Indiana
di Ghérasim Luca
Prendere corpo
tradotta da Andrea Raos

 

VivaVoce#01: Thomas Stearns Eliot [1888–1965]
VivaVoce#02: Ghérasim Luca [1913–1994]
VivaVoce#03: Sylvia Plath [1932–1963]

 

,\\’

Bacheca di maggio 2008

101

Novità sul sito Nazione Indiana:

  • Link esterni: sono stati spostati tutti dalla colonna di destra in una pagina separata; lo scopo è ridurre l’affollamento di informazioni sulla home page e facilitare l’accesso ai contenuti di NI;
  • Gestione commenti: abbiamo introdotto la moderazione preventiva di una parte dei commenti, che vengono pubblicati dopo un certo tempo (vedi note a piè di ogni articolo) e solo se conformi ai criteri espressi qui; estenderemo questa misura se lo riterremo opportuno;
  • Impaginazione alternativa: lo scorso 9 aprile per il CSS naked day abbiamo pubblicato Nazione Indiana senza grafica e senza fogli di stile; la cosa mi è piaciuta e trovate ora un piccolo selettore nella colonna di destra, se volete leggere NI con diverse impostazioni grafiche;[aggiornamento 13 maggio: funzione eliminata per problemi di stabilità]

Inoltre:

Voce all’Editore

8

chambre_verte_haut.jpg

di
Biagio Cepollaro

La Camera Verde, Il Libro dell’immagine, volume quinto. A cura di Giovanni Andrea Semerano.
Sono quindici anni, da quando è venuto a mancare quel prodigioso organizzatore e promotore di cultura che è stato Gianni Sassi , forgiato dall’esperienza Fluxus e dall’amicizia di Cage che non incontravo un ‘luogo’ che mi comunicasse le stesse energie e la stessa qualità intellettuale e morale. Il luogo non è a Milano ma a Roma ed è La Camera Verde ‘curato’ da Andrea Semerano.
Un luogo è qualcosa di fisico, di geografico, certo, ma lo è solo in forza di una sua realtà interiore: il luogo lo fa chi lo pensa e lo abita.
Che si promuovano valide iniziative culturali in Italia non è raro malgrado l’antropologico degrado che sembra non arrestarsi mai e che sempre più trova la sua peculiare voce, al di là del senso comune in cui si è radicato da almeno un ventennio, nelle forme e nella sostanza delle istituzioni. Ma che ci si possa trovare non di fronte a irrelate iniziative ma ad un ‘contesto generante’ il cui spessore e la cui storia sono animate da rigorose e precise coordinate culturali, questo si è davvero raro, anzi: rarissimo. Anche perché spesso ciò che proviene dalla cosiddetta cultura critica oggi spesso non ha vitalità, vuoi per l’irrigidimento ideologico, vuoi per la stanchezza degli attori, vuoi per la pura e semplice mancanze di idee.

I pirati della spazzatura

15

teschio.jpg
di Loretta Napoleoni

[È con vero piacere che ospito un articolo scritto per Nazione Indiana da Loretta Napoleoni, uno dei massimi esperti di terrorismo internazionale. Avevamo già parlato di lei qualche tempo fa, qui. G.B.]

La crisi dei rifiuti nel napoletano sconvolge l’Italia e le agghiaccianti eco si fanno sentire anche all’estero e Berlusconi decide di governare da Napoli tre volte la settimana fino alla risoluzione della crisi. All’estero qualcuno mormora che il governo non tornerà mai più a Roma perché le pile dei rifiuti nascondono l’ennesimo racket miliardario del crimine organizzato. E probabilmente hanno ragione, ma la gestione dei rifiuti in Europa e nel mondo non è cosi limpida come si crede.
Quanti consumatori del mercato globale sanno che dai cellulari vecchi alle batterie scariche, i nostri rifiuti tossici finiscono nelle discariche del mondo, e cioè i paesi poveri, contaminandone l’ambiente? Quanti sanno che si tratta di un’ attività illegale, un business multimiliardario che coinvolge tutti i paesi industrializzati? Chi fisicamente gestisce questo disgustoso commercio è una nuova generazione di fuorilegge della globalizzazione: i pirati della spazzatura.