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Variazioni Meridiano – 4: Stefano Guglielmin

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omaggio al meridiano

Respiro, il che significa direzione e destino. Mi si chiede perché scrivo, ed io rispondo, con Celan: perché respiro. Dico: respiro, e scrivo. Scrivo del verso che si contrae e si dilata, del verso-mantice che dà fiato al mio “20 gennaio”. Così facendo, il verso lo traduce in canto, muta quel tragico giorno in direzione e destino. E tuttavia nel canto, nel mio canto, direzione è destino. Per me scrivere è andare incontro, andare verso, tornare. Verso, ossia volgere, girarsi, così che andare lungo la direzione sia, anche, tornare nei pressi di dov’ero già stato. E, da qui, parlare. Fato ha la medesima etimologia; phatos: detto, sentenza, oracolo. E sorte: annodare, legare insieme. Dico: respiro, e annodo la lingua al presente, indicando una direzione, facendo il verso alla direzione. Guardo indietro, come l’angelo di Klee. Riconosco nelle macerie il mio destino. Inorridisco, in loro vedo intero il mio 20 gennaio, la mia “soluzione finale”. Eppure destino è bifronte. Il futuro è già qui, aperto. Direzione è destino nell’aperto della lingua.

Lo scultore

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arrabal-foto.jpgdi Fernando Arrabal

Che fai, scultore, perduto nelle gallerie d’arte?
Ti faranno marcire, sarai castrato, digerito.
Barbaro e analfabeta, se non stai all’erta
ti trasformeranno in un cittadino illustre.
Ieri hanno esposto Van Gogh,
l’altro ieri pubblicato Rimbaud, la sera
messo in scena Artaud,
oggi è il tuo turno.

La Biblioteca di Poesia a Milano

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Alla CASA DELLA POESIA, Palazzina Liberty, Largo Marinai d’Italia, Milano
Giovedì 6 marzo ore 21

Presentazione dei quattro volumi della “Biblioteca della poesia” diretta da Massimo Rizzante: Jan Skácel, Haroldo De Campos, Tadeusz Rózewicz, José Ángel Valente

La collana “Biblioteca di Poesia” della casa editrice Metauro di Pesaro intende presentare al lettore importanti poeti contemporanei di cui non esiste in Italia un’antologia di alto profilo.
Intervengono Antonella Anedda, Giuliano Mesa, Massimo Rizzante.

A cura di Andrea Inglese

L’uomo comune: viaggio in Palestina

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di Francesca Matteoni
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(Giangiacomo Degli Esposti è un ragazzo pistoiese di 33 anni. Fa l’ educatore in un centro socio-educativo gestito dalla cooperativa Pantagruel di Pistoia in un quartiere popolare con forte presenza di immigrati. Al polso porta vari braccialetti, di filo, cuoio, perline: ogni braccialetto è un luogo che ha visitato, un paese che porta con sé come un affetto, una persona. Paesi europei, ma soprattutto il nord ed il sud del Chiapas, dove è stato tramite associazioni non governative come osservatore internazionale; il Guatemala, esplorato autonomamente girando in autobus, ancora il Messico. Nell’agosto del 2006 si è recato in Palestina: al suo ritorno abbiamo trascorso un’intera serata (e mezza nottata) a vedere fotografie, a parlare, a ritornare su certe immagini. La Palestina entra nelle nostre case con cadenza più o meno quotidiana. Siamo talmente abituati, anestetizzati dai media riguardo l’esistenza di un conflitto arabo-israeliano, da rischiare di perdere il senso di realtà su quanto succede. Ma quando a raccontare l’evidenza è un amico, qualcuno che appartiene alla nostra storia personale, un comune occidentale proprio come noi, verità ed ignoranza si fanno consistenti: immagini di carne e sangue nel nostro presente. Per mesi mi sono rimaste impresse alcune fotografie di Giangiacomo: la spazzatura di Hebron, il bambino minuscolo sotto l’occhio del mitra, le catapecchie grigie, di terra inaridita sulle colline, come le case di cartapesta di un presepe di quarant’anni fa. Insieme abbiamo provato a raccontare la sua esperienza, nel modo più lucido e ordinato possibile, così che le parole diventassero anche il mio ricordo, la parte di memoria di qualcuno che non c’era, ma vuole ascoltare, come se vedesse.  f.m.)

Bacheca di marzo 2008

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Spazio aperto alle discussioni e alle segnalazioni.

Da: Sposa del vento

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di Roberto Rossi Testa

III.

Non basta una lezione
a diventar piloti.
Pure dopo una sola
lezione mi fu imposto
di montar su un aereo
e volare da solo
fino ad un promontorio
che si stagliava là
oltre un braccio di mare,
per poi fare ritorno.

Discoterra/Musico/Bombarderia 1#

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di Silvia Salvagnini

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non la sai la storia della gomma?
che se due si danno la gomma
è come se si fossero baciati?
(tò.)
(e io ho la tua gomma nella bocca
leggera bocca nella mia bocca)

*

Ana, dea della morte

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[Ci sono libri come questo che non ha importanza che siano belli o brutti, ma che facciano male. Questo libro mi ha fatto soffrire. L’autore ha deciso di rimanere anonimo perché non cerca una gloria personale, semmai uno sguardo verso un mondo a noi vicino eppure sconosciuto. Ho chiesto a lui e al suo editore, Leonardo Pelo di Noreply, di scrivere due note attorno a questo libro. Ve le porgo. G.B.]
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di Andrea e Leonardo Pelo

Andrea: “E ora? “
Leonardo: “Lo pubblichiamo.”

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Un problema lo riconosci quando ti smuove dentro un insieme di sensazioni talmente aggrovigliate e brucianti da non poter essere digerite a freddo. I problemi sono nervi scoperti, richiedono pazienza, attenzione, riflessione, tempo. Dolore. Dovevo scrivere quanto avevo vissuto e visto.

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parole sconce

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di Gloria Caccia Redig

Questo dolore fermo immobile sfocato
Quasi altro da me sconcio solo mio
Indirizzo subacqueo di male attraversato
Che m’attraversa parte a parte
Rimbalza chiodato e non esce da me
Che sto fuori di me e osservo covo tremo
Ferma sui nidi del passato che non muore.

Un viaggio con Francis Bacon # 5 (13 pictures of an exhibition)

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di Franz Krauspenhaar

1. Mi sveglio alle tre dopo aver sognato di essermi perso in un documentario che parlava di me… A un tratto, un tipo ambiguo che mi offriva delle pillole per dormire accende un grande televisore al plasma nel quale trasmettono un documentario su Bacon; dell’artista nessuna traccia, solo la mia voce off che racconta della sua arte, e la visione di quadri astratti uno più improbabile dell’altro, dai colori pastello, che scorrono uno dopo l’altro a una velocità pazzesca.

Ciak e braccia in croce!

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Watching struggles
di
Sergio Bologna

Mentre l’Italia registrava l’ennesima morte sul lavoro e le lacrime di coccodrillo da sottile rivolo diventavano torrente in piena, io passavo ore a seguire sul video del mio computer di casa le vicende dello sciopero degli sceneggiatori americani. Non è per raccontarlo, meglio di me altri lo hanno fatto, ma per riflettere sulle possibilità della comunicazione oggi che propongo queste considerazioni. Per dire che il soggetto è doppio, noi che seguiamo da lontano e loro che laggiù agiscono e la riflessione va fatta su tutti e due, perché ambedue siamo coinvolti in un processo di trasformazione. Perché ci ho speso del tempo? Perché ormai i comportamenti conflittuali dei “lavoratori della conoscenza” e della “classe creativa” sono diventati il centro della mia riflessione; ritengo questa una delle componenti sociali più dinamiche in tutti i sensi. L’industria dell’entertainment produce più occupati dell’industria dell’auto e le forme lavorative al suo interno sono dominate dalle figure tipiche del lavoro postfordista, intermittente, mobile, intellettuale, pressato dalle nuove tecnologie ecc..

Del disumanarsi – su Marino Magliani

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di Marco Rovelli

Sono felice di aver conosciuto Marino Magliani prima di leggere un suo libro, e di averlo conosciuto nel suo ambiente olandese, nella sua casa nel condominio di IJmuiden, nel suo studio stretto e ingombro, di aver camminato con lui sulle sue spiagge olandesi, tra i bunker in faccia al mare. Così ho potuto riconoscerlo, nel libro che ho letto solo dopo, Quattro giorni per non morire. E ogni cosa, qui, la dico del libro e di Marino insieme, c’è  come una soglia di indifferenza che mi impedisce di distinguere: perchè, in ambedue i casi, il discorso articolato è lo stesso. Un discorso che disumani.

Riflessioni su “La vita degli animali” di J. M. Coetzee e su “Bartleby e compagnia” di E. Vila-Matas

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sir.jpgdi Ornela Vorpsi

The Fullness of being

Il passaggio de La vita degli animali a cui sono più legata è quello in cui si risponde alla domanda: che cosa noi uomini abbiamo in comune con gli animali? Coetzee-Costello propone una risposta sul piano dell’esperienza attraverso una prova allo stesso tempo miracolosa e concreta – la più concreta di tutte – che ci è immediatamente accessibile, tanto che ci basta aprire gli occhi per verificarla: è l’esperienza della vita come pienezza.

Valéry Vartan*

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di
Pasquale Panella e Lucio Saviani e
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… ho gli occhi abbacinati dal tramonto…
invasi da un superbo verdazzurro…

1

… un’ottima risposta della retina…

2
… un po’ come…
un’idea fissa…

Carteggio Raimo-La Porta

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Filippo La Porta to Christian Raimo

Caro Christian, ho appena fatto una recensione al libro da te curato (Il corpo e il sangue d’Italia), però la tua introduzione mi ha lasciato perplesso. In che senso? A prima vista ineccepibile, ultracorretta. ll valore semantico della parola “verità” (che una volta Freccero disse trattarsi di citazione dagli anni ’60), e poi il principio di realtà e perfino la “provocazione etica”! Ma sei sicuro che queste cose ti appassionino? Mi sono perso forse qualche passaggio. In un dialogo con Cortellessa non ricordo che tu opponessi una resistenza memorabile al suo negare il valore semantico dei concetti di “verità” e “autenticità”…
Dopo aver letto la tua introduzione ho pensato di avere di fronte un ircocervo: che so, il corpo di Cortellessa ma la testa socratica di Fofi, il nichilismo un po’ cinico di Scarpa e lo sdegno che dà sul vernacolo di Giacopini… Mi permetto di dirtelo proprio perché tu stesso inviti a mettersi in gioco. Visto un po’ dall’esterno il tuo atteggiamento sembra una variante all’interno del gioco italianissimo dei travestimenti. Ma: pronto a ricredermi, naturalmente. L’etica? Sì, vabbè, ma su cosa la appoggiamo? Una tradizione? Il passato? Il futuro? L’amore per qualcosa o qualcuno? Una fede appunto nella “realtà”? Tutte cose che, credo, abbiamo urgente bisogno di ri-motivare di nuovo. Non ti pare?

La vita immaginaria

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di Sergio Soda Star

a gucci

sono preda delle particelle
che sono belle
vedo le luci colorate

l’intermittenza ci fa qualcosa
nel sogno (pure) è innamorata

cadono le comete e tutti gli astri
quando mi ricordi
capita di rado

sono venuto a dirti che me ne vado

***

Variazioni Meridiano – 3: Giulio Marzaioli

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In assenza di.

Se ciò che è riflesso somiglia

occorre che il vetro sia rotto

perché con le schegge si tagli.

La pelle (l’immagine sotto).

Riportare notizie in merito ad un percorso proprio implica la necessità di un’osservazione attenta ed attendibile. Poiché, tuttavia, un percorso in fieri è per definizione in continuo movimento, una fotografia dello stesso non potrebbe che risultare mossa. Inoltre, riferire di un’esperienza necessaria continuamente rinnovata (quale la scrittura per chi, qui, ne scrive) sarebbe come segnare i punti cardinali del proprio mangiare o dormire etc.. Infine, il miglior modo che un autore può scegliere per veicolare il proprio percorso è, per l’appunto, la propria opera e più rivolto a questa sarà lo sguardo più la focale risulterà esatta. Una prima forma di assenza è quindi mancare rispetto al compito assegnato. Ecco che di fronte all’invito a tracciare una traiettoria relativamente al proprio “fare versi”, chi scrive in questa sede tenta impropriamente di seguire la traiettoria che un verso, il verso di qualunque autore di poesia, fa o può fare.

Monsanto, Portugal

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di Cristina Babino

Monsanto è un lembo sperduto e antico del Portogallo centrale, nella regione interna di Beira Baixa. Nel 1938 il regime fascista, col suo vacuo primatismo da propaganda, coniò per esso la definizione di villaggio più portoghese del Portogallo, motto che occhieggia tutt’ora nei dépliant turistici e sui cartelli stradali. Dall’aeroporto di Lisbona occorrono circa tre ore di macchina per giungere qui, nel distretto di Castelo Branco, a sud-est della catena montuosa della Serra de Estrela. Il confine spagnolo è a un passo, si avverte nei nomi delle cose, e nell’aria calda e calma che pervade le vallate anche in inverno. Dalla capitale si punta in autostrada al cuore di roccia del Paese, per due buone ore e mezzo, poi ci si inerpica per strade più o meno impervie tra i diciassette villaggi del comprensorio di Idanha-a-Nova, di cui Monsanto è un municipio – una freguesia, secondo il termine locale usato ai tempi dei remoti splendori dell’Impero portoghese.

Musica contro un Muro

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Un’orchestra che non agonizza, un singolare caso di lotta per il lavoro
di

Cristian Raimo

Tempo fa sempre qui scrivevo questo, che c’era un’orchestra che moriva.
Oggi ci sono delle novità, che non sono novità. Il tavolo con la Regione, due incontri, è chiuso. La Fondazione ha promesso di rispettare il contratto nazionale sottoscritto l’anno scorso (9 mesi di programmazione) ma a scapito della densità di concerti, presentando cinque mesi di programmazione. Dopo uno stop di sei mesi non retribuiti. I bilanci, promessi, non sono stati presentati. La ridotta attività comporta una ulteriore riduzione dei finanziamenti pubblici. Regione e comune latitano. L’Orchestra ha deciso l’agitazione permanente, cioè tutti i concerti in Auditorium saltano fino alla riapertura delle trattative. Pare che il vero capo della Fondazione sia un uomo solo (dimissionario in teoria, ma ancora in carica), arroccato a Segni, che ha rifiutato diverse offerte di direttori stabili, inviti a festival stranieri, ecc. forse per mantenere l’egemonia. Oggi l’ANSA dà notizia della petizione. Altre iniziative programmate: manifestazione a Segni (venerdì), concerto gratuito domenica, probabile occupazione della Sala Sinopoli, manifestazione in Campidoglio. Politici in soccorso: zero.

C’è una petizione da firmare

FONTANA DEL ‘900

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di Giampiero Neri

Di quella fontana stile novecento

che doveva durare

oltre le nostre vite

si è persa la traccia

morta con la sua epoca breve.

Era ridente nella sua rotondità

spensierata all´apparenza,

finita chissà dove.

poét(h)iquettes

2

di
Francesco Forlani
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