omaggio al meridiano
Respiro, il che significa direzione e destino. Mi si chiede perché scrivo, ed io rispondo, con Celan: perché respiro. Dico: respiro, e scrivo. Scrivo del verso che si contrae e si dilata, del verso-mantice che dà fiato al mio “20 gennaio”. Così facendo, il verso lo traduce in canto, muta quel tragico giorno in direzione e destino. E tuttavia nel canto, nel mio canto, direzione è destino. Per me scrivere è andare incontro, andare verso, tornare. Verso, ossia volgere, girarsi, così che andare lungo la direzione sia, anche, tornare nei pressi di dov’ero già stato. E, da qui, parlare. Fato ha la medesima etimologia; phatos: detto, sentenza, oracolo. E sorte: annodare, legare insieme. Dico: respiro, e annodo la lingua al presente, indicando una direzione, facendo il verso alla direzione. Guardo indietro, come l’angelo di Klee. Riconosco nelle macerie il mio destino. Inorridisco, in loro vedo intero il mio 20 gennaio, la mia “soluzione finale”. Eppure destino è bifronte. Il futuro è già qui, aperto. Direzione è destino nell’aperto della lingua.






di Ornela Vorpsi


