ovvero La ballata del (cinema) lavavetri
di Lorenzo Esposito
Mi sarei dovuto arrestare al titolo. Non all’esattezza funerea dell’eco pavesiana, ma alla secchezza del lavoro d’inconscio veggente che si chiama cinema (che è origine copia plagio scarto deviazione generazione morte: ‘la ballata del lavavetri’ si intitolava film non dei migliori – italiano? polacco? – di Peter Del Monte). E dis-mettere subito, nel vuoto d’argomenti che svolazza sotto la canicola – cioè chiudere in men che non si dica la questione risibile che nasconde ed è indicatore di ben altro: a fare schifo non è il derelitto formicaio appostato ai semafori d’incrocio, né l’inesistente racket, ma la vigliaccheria mediobenpensante di quello che accelera, di quell’altro che aziona i tergicristalli, nessuno capace di un semplice no (è a questo circo di piccole inciviltà e grande ipocrisia che i sindaci assicurano protezione).






