Ho sempre pensato che, in un certo senso, il lavoro del poeta non sia aggiungere parole al mondo, ma toglierne; strappare brani di silenzio e di contemplazione al frastuono e all’orrore che del mondo sono il codice genetico. Anche ora non intendo aggiungere urla alle urla, del resto non saprei nemmeno calcolare i secoli di silenzio necessarî per cancellare le quattro frasi di Marco Travaglio che riporto qui sotto e che riprendo dal blog di Beppe Grillo.
“Allora come si risolvono questi problemi? [gli immigrati clandestini, se ho capito bene] Facendo fatica, facendo politica, facendo delle norme che servano, delle politiche sull’immigrazione di integrazione o anche di repressione nei confronti dei clandestini, identificarli, prendere le impronte. Se è razzismo prendere le impronte a loro, prenderle anche agli italiani, anche a tutti noi e anche il DNA, così ciascuno avrà il suo nome e non potrà dare false generalità. Questo lo si fa investendo soldi e non finendo sui giornali.”
Tuttavia, pur diffidando delle lapidi, voglio qui erigerne una, caduca e telematica, alle voragini di puro, ghignante odio che in questi giorni, semplicemente con più chiarezza del solito, vedo spalancarsi in ogni luogo dell’umano. Mi vergogno, penso che davvero dovremmo vergognarci tutti.