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20 luglio

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di Marco Rovelli

Oggi, 20 luglio 2007, sarò ancora una volta, come ogni anno, in piazza Alimonda. E stavolta ci tornerò da solo, senza la mia vecchia band (ma con il supporto del mio caro amico Paolo Archetti Maestri degli Yo Yo Mundi), in attesa della nuova che sto costruendo. Ricordo. Il 20 luglio 2001, quando non ero lì per cantare, ma per fare, costruire, manifestare.

E’ giovedì sera, sotto il tendone della piazza. Fuori diluvia, sono lievemente e felicemente ubriaco, e in questa calca ci sto bene. E’ come se fossimo insieme davvero. E per esserlo davvero basta saperlo. Prima sono rotolato sugli scogli mentre pisciavo alla luna, scogli appuntiti sotto la mia carne liquida, e neanche un graffio, forse perché le mie ossa sono più appuntite delle rocce. Allora continuo a bere, e a cantare.

Fascista. [fa-scì-sta] Al di sopra di ogni sospetto.

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di Francesco Forlani

furlen
Foto del Furlen “per gentile concessione virtual reality & multimedia park 2007”.

Quando Sandro Scippa, sceneggiatore e regista, mi ha chiesto, al telefono, di partecipare ad un corto metraggio da lui diretto mi sono detto: bene. C’eravamo rivisti per caso, a distanza di quindici anni , passeggiando in via Roma a Torino. All’epoca avevamo pure scritto e realizzato un’operetta multimediale- ma allora non si chiamavano così- contro la guerra nel golfo, la prima, titolo SIENNENNE. E così, quando mi ha chiesto di partecipare gratuitamente al cortometraggio ho subito pensato che a guidarlo fosse il ricordo di un mio qualche talento attoriale. E ci siamo incontrati per mettere a fuoco i dettagli.
Tu devi farmi la parte del fascista, del capo fascista, che interroga brutalmente una fiancheggiatrice dei partigiani.
– Cosa!!!

Juke-Box / Vademecum tango

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di Franco Nebbia 

Mutatis mutandis absit iniuria verbis
temporibus illis obtorto collo … tango!
Ubi maior minor cessat talis pater talis filius
motu proprio ad maiora
ahi, vademecum tango, ad usum Delphini.

Da: Catasto ed altre specie

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di Antonella Pizzo

Nel 1978 Sara portava la treccia
Luciana il kilt, io un maglione rosso

Sul tavolo da disegno un lucido e una lampada
righe trasparenti, un peso in ferro
nero l’inchiostro di china
rossa la penna
lenta    lenta  la mano 
rapidographos
                 rapidographos

Cani lebbrosi

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di Piero Sorrentino

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Di là dal muro, la voce si spargeva come il sangue. Avevo sei anni la prima volta che ho sentito i maiali che andavano a morire. Facevo le elementari, stavo a casa dei miei nonni. La nonna mi preparava piatti traboccanti di wurstel e patatine. In tv guardavo Bis e Il pranzo è servito. Passavo molto tempo affacciato alla finestra della sala da pranzo. Non so perché, visto che il panorama era brutto.
Di fronte, a nemmeno trenta metri, la vista si fermava sulla facciata grigia della palazzina gemella, un fabbricato lungo e basso che correva parallelo a quello dove stavo io. Sulla destra, la parete di tufo del macello di via Stadera. A una delle due estremità del muro, quella che andava verso la mia scuola, si allargava un piccolo orto di una manciata di metri quadri, protetto dall’intreccio metallico di una rete sfondata in più punti, dove i tossici, di notte, o nei pomeriggi bui d’inverno, passavano agilmente per andare a bucarsi sotto una fila di platani e piantare le siringhe nel fusto dell’albero.

Orisfincter d’l corp nient sa de

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Di Carmelo Bene

[corporis terror si potuisset]

Orisfincter d’l corp nient sa de
st’amor c’ha vu’ desfatt e fatt no avet
c’all’alter l’un à dett ah! Dett ridett
issimament dì e nott
e nott e di quest alter no volete
star l’sentir ‘n lueg de lengua ‘n bocc
e ‘n dentr al trou rovesc d’sfincter stess
‘n van del mette ellev ‘n sovr e sott
d’lamor fatt daver ieralter scors
tot d’ferr ‘n cercar carne et os
nudati e mmai trovar ultima pell
‘n quel tropp animat c’à dett no
a n’import quoi d’far o dir lamor

Juke-Box*/ Jacques Brel

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Amsterdam
Parole e Musica di Jacques Brel

trad. Francesco Forlani

Dans le port d’Amsterdam
y a des marins qui chantent
les rêves qui les hantent
au large d’Amsterdam
dans le port d’Amsterdam
y a des marins qui dorment
comme des oriflammes
le long des berges mornes

Nel porto di Amsterdam
Ci sono marinai che cantano
I sogni che li incantano
Al largo di Amsterdam
Nel porto di Amsterdam
Ci sono marinai che dormono
come rossi stendardi
Lungo gli argini stanchi

Re: n. 3 “Poetiche della precarietà”

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E’ uscito, per la casa editrice ZONA, il terzo numero di Re: (viste sulla letteratura e le arti) dal titolo “Poetiche della precarietà”, un numero che affronta da più punti di vista il tema tanto dibattuto della precarietà, dalla forma-saggio sul precariato sociale e lavorativo ai testi di stile “precario” proposti da una nuova ondata che nasce dal web e dalla performatività delle arti.

Verrà presentato questo mercoledì 18 luglio dai due curatori Tommaso Lisa e Alessandro Raveggi presso l’Italia Wave Love Festival – Firenze (zona Osmannoro), alle ore 17 – Speak Corner –
ospiti: Gabriele Merlini e Vanni Santoni.
INFO: http://www.arezzowave.com/italiawave/faq.php

Informazioni su: http://www.editricezona.it

Appunti e amputazioni

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di Giorgio Vasta

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Primo ragazzo
Su una spiaggia di ghiaia di ritorno da Spalato. Oltre la spiaggia c’è una pineta. Tavoli di legno, panchine, un bar ristorante. È tardo pomeriggio, stanno apparecchiando i tavoli. Si sente il rumore delle posate che battono fra loro o contro il bordo dei piatti. Tanti piccoli rumori separati, rumori utili, dolci. Fino a qui siamo arrivati in scooter. Dopo aver visitato la città vecchia di Spalato, siamo andati alla stazione degli autobus vicino al porto e abbiamo aspettato pazienti che partisse il 37, lo stesso autobus che abbiamo preso venerdì e che ci ha portati a Trogir. Questa volta non siamo saliti ma lo abbiamo seguito. Non sapendo come uscire dalla città ci siamo affidati ai servizi urbani. In fondo all’autobus, quindi perfettamente visibili da Jas e me incollati sotto, c’erano seduti due ragazzi, uno biondo con la canottiera bianca e l’altro rosso con una camicia a maniche corte a scacchetti rossi.

Simpatia per il diavolo

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di Gianluca Veltri

Nel 1967, quando Charles Manson uscì dal carcere di San Quintino, California, vi aveva trascorso già metà della sua vita per reati vari. Manson era nato nel 1934 a Cincinnati, Ohio, da una sedicenne così strampalata e strafatta da non sapere neanche con chi lo avesse concepito. Ben presto era diventato un delinquente patentato.
Nel 1969 Charles Manson aveva quasi trentacinque anni.

Diorama dell’est #3

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di Giovanni Catelli

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Trnava

E’ un errore il viaggio, in queste città d’illusione, lunga pena il partire, al termine dei giorni, al segreto confine, che divide nel mattino, la luce dal passo, le monete dal gesto, l’ora dal respiro : si va, poi, come sonnambuli al distacco, avidi ancora dei minuti, colmi di vita nello sguardo, eppure ignoti ed invisibili alle cose, lenti nelle strade, alla sorpresa dei passanti, già storditi nell’affanno, ed incalzati, da severi testimoni, amare svagatezze, fragili occasioni del conforto : si diffonde, appena, l’oppressione del ritardo, si dipana lunga mappa di tragitti e lontananze, sono asfalti frecce ponti arrampicati nella gola, sorde vibrazioni di motore lungo il corpo, eppure sfugge, ancora, la rassegnazione fredda, il calcolo mortale, il sacrificio irreparabile fra i gesti :

Fine settimana

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di Giorgio Vasta

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Andrea posò l’aculeo sul tavolo, tagliò una fetta di torta e la avvolse in un tovagliolo. Quando uscì di casa teneva l’involto in mano e subito vide Alice già lontana nella sera, sul prato bagnato di pioggia, al limite della cintura d’alberi dove cominciava il bosco. Lei gli fece un cenno.
Aspetta, gridò Andrea, e affrettò il passo facendo attenzione a non scivolare. Quando ormai era arrivato a pochi metri da lei rallentò e riprese un’andatura normale. Sentì rumore di fiato nelle orecchie e un odore di foglie nella bocca. Nella mano aperta, la torta si era sbriciolata un poco.

Affonda nella prosa

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di Franz Krauspenhaar 

Affonda nella prosa, affondiamoci tutti. Nella prosa una specie di riscatto incerto. Non calcolabile. Nella prosa una sorta di liberazione, un viaggio intorno al mondo di noi stessi. Un estremo tentativo. Col coraggio di chi non ha in fondo nulla da perdere. Perché nessuno ha nulla da perdere, in definitiva, tirando le somme. Affonda nella prosa, ora che, dopo essere affondato nella terra, non hai più spazio dove affondare ancora.

Note a margine di Sfida infernale: l’epos nel western di John Ford

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di Luigi Metropoli

Ricordo un’intervista, di qualche tempo fa, una perentoria affermazione di Robert Duvall: “Gli Inglesi hanno Shakespeare, noi abbiamo il western”. Più che la desacralizzazione del più grande mito letterario anglosassone Duvall sottolineava l’importanza che il western riveste per il suo popolo, individuando in esso quanto di più tipico gli USA abbiano prodotto in ambito creativo: incarnazione del mito della fondazione, della storia di un paese, con la sintesi di più epoche sovrapposte, come in un’acronia da tempi preistorici in cui leggenda e realtà si fondono (e si fondano).

Una rosa nelle tenebre – seconda parte

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cura e traduzioni
di Orsola Puecher[segue dalla prima parte]
 
da PELLÉAS ET MÉLISANDE
di Maurice Maeterlinck, Claude Debussy

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Maurice Denis (1870-1943), La Princesse dans la tour.

ACTE 3
Scène 1
 
PELLÉAS
Holà! Holà! ho!
 
MÉLISANDE
Qui est là?
ATTO TERZO
Scena prima
 
PELLÉAS
Olà! Olà! Oh!
 
MÉLISANDE
Chi è là?

Caravaggio in due mosse

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di Demetrio Paolin

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Prima mossa, Milano

Tu devi immaginare che la luce non viene ma va.
Se ne fugge proprio come un esercito in disarmo; scappa via. E’ questa la luce vera, che consegna ogni cosa al buio. Pensa a questo corpo di bimbo addormentato in un nero di pece: non è un ritratto lo vedi? No.
La posa, se guardi la posa, vedi benissimo che non dorme per niente, anzi. E’ messo lì così: come uno avrebbe messo le mele, le pere, l’uva, gli strumenti e i cesti per una natura morta. Non è un ritratto di un dormiente, ma è proprio una natura morta, dove il soggetto è un bambino.
Che dico? Non è il bambino il soggetto.

13 minuti alla fine del lavaggio

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di Costanza Masi

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Cari vicini spagnoli, vi scrivo dalla lavanderia a gettoni come Nick Kamen nella pubblicità della Levi’s prima che se lo dimenticassero tutti come per l’Isola dei famosi. Compatibilmente agli orari di apertura questa è la mia seconda casa – c’è il rumore delle lavatrici Electrolux W375N Exacta Control da 7 chili (un lavaggio: € 2,50 accetta monete da € 0,50 e € 1,00) e c’è quello delle asciugatrici che alla lontana ricorda quello del phon ma è meno delicato. Ci passo almeno sei ore al giorno perché ho bisogno di dormire, ho portato addirittura la brandina al cane.

Vacanze terapeutiche per bambini ipocondriaci e con problemi di socialità

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di Christian Raimo

Avete dieci anni e i vostri genitori decidono che quest’anno invece di andare a casa di vostra nonna in un paesino dell’entroterra garganico dove mangiare quantità favolistiche di cozze e zuppa di pesce quasi tutti i giorni e ricevere le attenzioni incondizionate di vostra nonna, comprese piccole mancette per la sala giochi, regali, dolci fatti apposta per voi, è meglio non pesare sul collo di questa povera settantenne, e – anche con il pretesto di evitare inutili scarrozzate di quaranta chilometri in macchina tutti i giorni dal paesino dell’entroterra fino alla spiaggia e ritorno – si crede che potrebbe rivelarsi più sensato prendere invece in affitto, da una fantomatica cugina di secondo grado (molto simpatica circa trentacinque anni or sono, all’epoca delle elementari comuni con vostra madre), un appartamento a cinquecento metri dal mare, in una cittadina di quelle sorte tipicamente dal nulla e battezzate, in nome di questa necessità di onomastica letterale, Marina (perché appunto lì si trova, sul mare) di Lesina (perché c’è un lago marino, quello di Lesina, appena alle sue spalle)

Analisi tecnica dei lit-blog: Nazione Indiana

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Edo Grandinetti recensisce su Cabaret Bisanzio la grafica, l’accessibilità e l’organizzazione tecnica di Nazione Indiana. Edo individua con facilità alcune delle scelte che ci hanno dato buoni risultati di leggibilità e organizzazione del sito, ma trovo particolarmente acute e interessanti le sue critiche ed i punti di miglioramento che mette a fuoco, sia nell’organizzazione generale che nelle caratteristiche dei singoli post.

Visto che abbiamo intenzione di ristrutturare l’impaginazione e la grafica di Ni nei prossimi tempi, l’articolo di Edo arriva a proposito e potrebbe aprire una discussione per noi utilissima con i lettori. Per questo vi invito a leggerlo e commentare direttamente da lui su Cabaret Bisanzio.

Ciò che non siamo, ciò che non vogliamo

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di Linnio Accorroni

Coltivo da sempre (non penso di essere il solo, del resto) una insopprimibile passione per la pagina delle lettere nei quotidiani: ritengo che essa sia spesso illuminante per comprendere ‘lo stato delle cose’, come se in quelle cronache dal basso ci fosse un’indelebile componente di autenticità, vanamente poi rincorsa dalle altre pagine del quotidiano. Nella cronaca romana di Repubblica c’è una specie di box intitolato, con accenti enfatici che strizzano l’occhio a quel giustizialismo populista oggi tanto à la page, ‘I lettori denunciano’. Ogni lettera deve essere firmata e completata con indirizzo, telefono, etc: questo, ovviamente, per far sì che le denunce non siano generiche, false, inattendibili o prive di legittima consistenza. Nella prima pagina romana del 30 giugno si poteva leggere la seguente lettera:

Diorama dell’est #2

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di Giovanni Catelli

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Arkadia

Quando seguo il tuo passo morbido che scala i selciati dell’alba, so di essere immortale non temo lo scempio dell’ora, l’attentato dei tram alla luce, lo spazio che cresce tra i fili del cielo, i motori che salgono inquieti dai viali sommersi, ti seguo alla veglia dei mari sconfitti, alla rotta di fiamme che traccia la pena dei cargo, alla vena di ghiaccio che stringe le navi del sonno, raduno lo sguardo al gesto sottile, al battito d’aria che frena la mano, al vago sorriso che assolve le schiume del giorno : Mala Arnautskaia ugol Preobrazhenskaia, cade così, come pioggia sul silenzio, il nome della strada, e naviga stupito il volto dell’autista, verso le tue parole distaccate, ferma il suo respiro nell’istante, prima che le cose tornino, al moto del fuggire, al varco dell’ignoto, al soffio dell’oblio