di Arno Schmidt
traduzione di Rosanna Berardi Paumgartner ed Emilio Picco
[Presento un ampio estratto di uno dei racconti più importanti di Arno Schmidt, pubblicato in Italia nel 1966 e ormai introvabile.
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Berlino, 20 maggio 1945. Sotto gli incessanti bombardamenti russi, si riunisce un’improvvisata compagnia composta da un sottufficiale della Wehrmacht allo sbando (la voce narrante), Hanne (suo platonico amore di gioventù, casualmente ritrovata), un pastore protestante accompagnato da moglie e figli, due Hitlerjugend, alcuni anziani e qualche bambino. Insieme si impadroniscono di un treno e tentano di allontanarsi dalla città.]
(…)
Udite, udite: Un soldato chiacchierava con i ragazzetti della Hitlerjugend (e le ragazze del BDM annuivano convinte): «Abbiamo ancora delle risorse; vinceremo. Il Führer sta seguendo una tattica ben precisa: prima li attira tutti nella trappola, e poi interverranno le armi segrete». Uno dei ragazzi interloquì: «Del resto, Goebbels ha affermato testualmente: “Quando ho visto l’effetto delle nuove armi, mi si è fermato il cuore”. E fra tre anni tutto sarà di nuovo ricostruito, più bello. I progetti stanno già tutti bell’e pronti nella scrivania del Führer». E così via. E i loro occhi balenavano come vetri di manicomi in fiamme! Sarei felice, se il genere umano avesse fine. Nutro la ben fondata speranza che entro i prossimi – facciamo – cinquecento o, al massimo, ottocento anni esso si sarà autodistrutto completamente. E sarà una cosa ben fatta.

“In uno stabile di inizio secolo, a Milano, convivono famiglie che arrivano da ogni parte del mondo e che hanno saputo integrare le loro “differenze” creando un microcosmo di grande modernità sociale. 35 artisti internazionali tra i più noti nell’impegno sociale, si confrontano con gli abitanti, creando installazioni Site Specific negli appartamenti, cantine, cortili, solai e sui ballatoi divententando tappe di un percorso di integrazione culturale e sociale specchio della città post-contemporanea, dove il rispetto delle differenze è OPERA e AZIONE della cultura.”