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Come si muore

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di Christian Raimo

Leggendo “La storia della morte” di Philippe Ariès anni fa, mi trovavo a desiderare una morte come quelle medievali (una ritualità naturale, nella propria casa, con la famiglia intorno, il prete che benedice, il moribondo che fa i bilanci di una vita) piuttosto che quelle asettiche della contemporaneità (in ospedale nella maggior parte dei casi, spesso intubati e incoscienti). Quello che mi augurerei di trovare alla fine della mia esistenza è una consapevolezza, personale, sentimentale, di quello che ho vissuto, e per questo mi ha sempre incuriosito sapere quali parole le persone pronunciano prima dell’ultimo respiro. Di Kant si racconta che disse “Sta bene”, di Rilke si dice “Tutto è gloria”, Goethe “Fate più luce”.
Anche per questa ragione in questi giorni ero stato a rimuginare sulle parole di Fabrizio Quattrocchi, “Ora vi faccio vedere come muore un italiano”.

Il tesoro di Skrunc

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di Mauro Baldrati

L'urlo - Mauro BaldratiHo lavorato nella redazione di Frigidaire, a Roma, per circa un anno, occupandomi praticamente di tutto: foto, testi, titoli, rispondere al telefono, aprire e chiudere la redazione (ma non le pulizie, quelle me le sono evitate). Una sera di maggio eravamo io e Antò, il disegnatore principe del giornale, il creatore di storie giovanili che sono entrate nel mito, una matita sopraffina, un colorista eccelso; il lavoro in redazione era terminato, e noi, seduti nel bel giardino dell’elegante sede di Monteverde vecchio, eravamo alla ricerca di un po’ di streppa per alleviare il senso di fredda solitudine che ci mordeva l’anima. Le telefonate non avevano dato esito: i pusher erano tutti irreperibili, o era troppo presto o era tardi. Chi ha avuto la ventura di precipitare nella spirale delle droghe pesanti conosce la paranoia micidiale che toglie il respiro quando i dannati pusher non si trovano.

Smisurata salita

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di Davide Racca

… muto silenzio di porcellana… bianco smaltato… riflessi d’assurdo! lo scarico non fa differenza… precipita insieme i sogni e la merda… e tutti quanti giù per lo sciacquone prima o poi… da inghiottito si capisce cosa vuol dire non alzarsi più sui pedali e lasciarsi alle spalle una ruota inenarrabile…

Un nuovo commento alla parola sacra, con l’aiuto della poesia

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di Admiel Kosman
kosman

Traduzione dall’ebraico di Davide Mano
Nota sull’autore

Admiel Kosman (Haifa, 1957) e’ docente presso il Dipartimento di Studi Religiosi dell’Universita’ di Potsdam, e direttore accademico del Geiger College -Liberal Seminar for Rabbis, a Berlino. Ha pubblicato in ebraico sette raccolte di poesia e un commentario di storie talmudiche e hasidiche. Lo stretto legame che intercorre tra l’erotismo e la dimensione spirituale nell’esperienza religiosa è il motivo principe delle poesie di Kosman: ampio spazio viene dato alle relazioni (spesso complicate) tra il mondo tempestoso dei sentimenti (dell’ “istinto”) e quello rigidamente regolato della legislazione rabbinica, della liturgia tradizionale. Tra rotture e ricostruzioni, con la poesia di Admiel Kosman è nato in Israele il tentativo ardito di creare un nuovo stile di scrittura per il poetare religioso, un piyyut ebraico anarchico, in conflitto con le formalità della sintassi rabbinica e lontano dalle gerarchie delle accademie.

UN NUOVO COMMENTO, CON L’AIUTO DIVINO

Scrivo ora, con l’aiuto divino, un nuovo commento ai tuoi seni.

Revisionismi francesi

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di Magali Amougou e Andrea Inglese

In Francia è in atto una guerra mediatica che data dall’inizio del genocidio ruandese dei Tutsi e degli Hutu moderati (1994). Si tratta certo di una guerra “a bassa intensità”, ma non per questo meno duratura e tenace. Si sarebbe potuto pensare che il picco d’intensità maggiore questa guerra lo avesse raggiunto nel corso del 2004, anno del decennale del genocidio. E in effetti la Francia ha conosciuto una quantità di pubblicazioni e di articoli giornalistici, che hanno nuovamente e con veemenza rilanciato il dibattito. Ma esso pare lungi dall’essersi placato. Ne sono testimonianza due libri usciti nel 2005. Il primo Négrophobie (Les Arènes, Paris), a firma degli autori Boubacar Boris Diop, Odile Tobner e François-Xavier Verschave, è uscito nell’autunno. Il secondo, Noires fureurs, blancs menteurs. Rwanda 1990-1994 (Milles et une Nuits, Paris) di Pierre Péan, è in circolazione da dicembre.

A Gamba Tesa/Largo ai giovani

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Vigilia di Natale
di
Matteo De Simone

Guardo mia madre che guarda le vecchie foto ritrovate per caso in un comodino, foto di quando era bambina, di quando era ragazza e di quando era già un po’ più grande. Le immagini delle classi scolastiche degli anni sessanta, quel bambino che mi piaceva e anche io piacevo a lui, questo è Gaetano che una volta fu legato a una sedia perché mi telefonasse e mi chiedesse quale tra i ragazzini della classe mi piaceva di più.
La guardo ed è ancora oggi, sulla soglia dei cinquanta, una donna bella, piena di un fascino inafferrabile. Confronto con le immagini delle fotografie i suoi occhi verde stanco, che un tempo sapevano tagliare.

Faisons barrage à la Directive Bolkestein

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[ricevo questo comunicato di Attac Francia. Spero che iniziative simili prendano corpo – se non è già il caso – anche in Italia. a.r.]

Grain de Sable n° 538

11 janvier 2006

FAISONS BARRAGE A LA DIRECTIVE BOLKESTEIN

Ce numéro de Grain de sable est consacré à la mobilisation contre la directive Bolkestein, qui a fait un brillant retour cet automne. Bien naïfs, en effet, furent ceux qui avaient cru que les grandes promesses du printemps seraient tenues. En pleine campagne sur le TCE, les tenants de l’Europe libérale ont voulu montrer pattes blanches, en affirmant le coeur sur la main, le retrait, ou au moins la modification substantielle de la directive sur la libéralisation des services et notamment du « pays d’origine ».

C’è del giallo in Italia

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Da stamattina, sul blog “Chiaroscuro” www.albertogiorgi.blogs.com curato da Alberto Giorgi e dedicato alla narrativa noir, thriller e gialla, inizia un interessante ciclo di interviste a scrittori, operatori ed esperti del settore sul giallo italiano. La prima, già in rete, è a Luigi Bernardi.

Seguiranno le seguenti uscite, il lunedì e il giovedi:

Franz Krauspenhaar, Alessandro Zannoni, Veronica Todaro, Loredana Lipperini, Ugo Mazzotta, Piergiorgio Di Cara, Matteo Bortolotti, Jacopo de Michelis e altri, dei quali non è ancora stata programmata la data di uscita.
F.K.

Siciliani poco cooperativi

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Cos’è successo in Sicilia il 5 gennaio 2006 con la Lega delle Cooperative?
La sinistra italiana è un movimento culturale, o la rappresentanza di interessi materiali?

Leggi la Catena di San Libero, n. 316 (file rtf, 38Kb), di Riccardo Orioles.

A Gamba Tesa/ Biagio Cepollaro

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foto di Philippe Schlienger

Blog Pensieri
di
Biagio Cepollaro

Il gesto non-collaborazionista
Ciò che fa di un gesto un gesto ‘non-collaborazionista’ non è il suo conformarsi ad un’ideologia ‘antagonista’, tutte le ideologie, proprio perché ideologie sono costruzioni menzognere che mimano uno spazio pubblico quando la verità amara dell’Occidente contemporaneo è proprio l’assenza dello spazio pubblico. Conta la motivazione del gesto, il suo stile, il milieu che lo ha generato: tratti sottili che assomigliano più ad una performance artistica che ad un proclama di principi. Il rifiuto del non-collaborazionista è così profondo, così radicato, antropologico, necessario, che è già diventato curiosità per il mondo così com’è, è già diventato disponibilità a trattare il resto come il prossimo: mondo tutto curvato sui giorni, consapevolezza della propria età, delle proprie ‘speranze di vita’.

Deandreide

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Oggi sono sette anni dalla morte di Fabrizio De André. Venerdì 13 gennaio, dopodomani, Radio Tre Suite dedicherà a Fabrizio De André un’intera serata, a partire dalle 20,20 circa e fino alle 22,45 (sempre circa). Andrea Bajani, Marosia Castaldi, Mauro Covacich, Diego De Silva, Nicola Lagioia, Giordano Meacci, Paolo Nori, Laura Pariani, Antonio Pascale, Christian Raimo, Dario Voltolini, che insieme anche a Evelina Santangelo, Antonio Franchini e Davide Longo hanno scritto ognuno un racconto che prende spunto dalle storie e dai personaggi di De André e che va a comporre il volume Deandreide (www.deandreide.it), leggerranno dei brani dai loro lavori. Gli Andhira si occuperanno della parte musicale.
Per chi vorrà regalarci un po’ di ascolto, noi siamo là.
Ciao a tutti,
g.

L’interludio di Bret

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di Franz Krauspenhaar

Ho sempre seguito i lavori di Bret Easton Ellis con grande interesse e ammirazione. Ellis è la prova vivente di due casi diciamo così umani che avvengono abbastanza raramente nel mondo della letteratura: uno scrittore che esce da una scuola di scrittura e diventa grande (invece che un onesto artigiano o un ottimo o meno ottimo sceneggiatore televisivo o un più avvertito lettore, come invece avviene nella maggior parte dei casi) e anche uno scrittore di successo planetario che è anche un grande scrittore, uno che fa letteratura ad altissimo livello.

A Gamba Tesa/ Manifesto Timido

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foto di Philippe Schlienger

Frammenti e articoli del manifesto del Comunismo Dandy
del
Maestro Francesco Forlani

Un signore sulla cinquantina, colle
ginocchiere e i roller mi si piantò davanti, nei
pressi della Place de la Bastille.
“Scusi per l’arco di trionfo?”
“Conosco la strada per l’arco”-risposi. E sparì
come una freccia.
Del trionfo neppure un lontano ricordo.

Articolo 2:

Lunga vita ai debitori

Da uno studio recente la cui veridicità difficilmente sarà messa in dubbio, si è scoperto che i debitori vivono almeno dieci anni in più rispetto alla media. In certi casi, per esempio , quando il volume dei debiti è ripartito equamente entro un gran numero di creditori si può arrivare fino a vent’anni di vita in più.

A Gamba Tesa/ Massimo Rizzante

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foto di Philippe Schlienger

LA PATRIA DEI LUOGHI COMUNI

di

Massimo Rizzante

Che fare?

Avevo quattro possibilità.
Primo: festeggiare il decimo anniversario delle «Vacanze dello spirito» in compagnia di alcuni «grandi protagonisti della cultura» – così recitava il depliant recapitatomi in portineria – in un rifugio d’alta montagna circondato dalle «vette più caratteristiche delle Dolomiti».
Il seminario era aperto a tutti coloro che erano in grado di leggere «un semplice articolo di divulgazione culturale». Una volta superato il test, la vacanza prevedva due incontri al giorno con uno dei «grandi protagonisti della cultura»: un ex-filosofo del pensiero debole, un economista del pensiero unico, un critico letterario celebre per i suoi giochi enigmistici. Nel pomeriggio si poteva scegliere tra il trekking e il cinema all’aria aperta. Alla sera ciascuno era libero di consacrarsi alla «scoperta della propria natura».

Busi in corpo 11

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di Flavio Marcolini

Lo si vede sovente in televisione, si ascolta talvolta alla radio, i suoi volumi s’addensano in libreria, ma per molti Aldo Busi resta una figura per molti versi sconosciuta e pochi sanno che la sua produzione letteraria ammonta a oltre una trentina di titoli estremamente variegati.
Chi volesse addentrarsi in questo monumentale corpus letterario a febbraio avrà finalmente a disposizione la prima monografia a lui dedicata, “Busi in corpo 11. Miracoli e misfatti, opere e opinioni, lettere e sentenze”, scritta da Marco Cavalli e pubblicata dalla casa editrice Il Saggiatore (pp. 476, € 19).

Biagio Cepollaro per Amelia Rosselli

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[Le coincidenze, davvero, non esistono. Nella “Bacheca” si parlava di Amelia Rosselli, e nelle stesse ore Biagio Cepollaro mi spedisce il testo dei suoi “blogpensieri”. Fra i quali uno, che parla di Amelia, è versione in prosa – non so se precedente o successiva – di una sua poesia che a me è sempre piaciuta moltissimo. Allora eccoli qui, prosa e verso. a.r.]

Che cosa chiedo ai critici dei critici

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di Giacomo Sartori

L’intervento di Giulio Mozzi “Che cosa chiedo alla critica letteraria”, mi è parso molto interessante, e condivido la maggior parte delle sue affermazioni. Ma nello stesso tempo devo confessare che qualcosa non mi torna. Perché naturalmente quando Giulio Mozzi si rivolge alla “critica letteraria” non è più il Giulio Mozzi lettore/scrittore/editore che pretende essere, ma è il Giulio Mozzi animatore di un importante blog. E naturalmente quando Giulio Mozzi animatore di cultura letteraria si rivolge alla “critica letteraria”, si rivolge in realtà – essendo quest’ultima solo un concetto astratto, e non essendo lui un don Chisciotte – a dei critici in carne ed ossa, all’insieme dei critici in carne ed ossa. E allora mi sembra che la problematica da lui sollevata non possa non essere inquadrata in un discorso più ampio, vale a dire nel tipo di rapporto che il suo blog, ma anche altri blog che si occupano di letteratura (per esempio Nazione Indiana), hanno e vogliono avere rispetto alla “critica letteraria” (giornalistica e accademica), intesa come concreto gruppo di operatori che sfornano via via dei concreti prodotti. La realtà è che, per il fatto stesso di esistere, Vibrisse e gli altri blog pongono delle richieste alla “critica letteraria” che vanno bel al di là – mi sembra – delle richieste esplicitamente formulate da Mozzi. Alle pertinentissime richieste di Mozzi-animatore, mi viene quindi spontaneo di affiancare alcune richieste – benevole e sinceramente rispettose nei confronti del lavoro da lui svolto – rivolte a lui e più in generale ai “critici dei critici”:

Uno che conta

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di Giancarlo Tramutoli


E pensare che in banca ci sono entrato vincendo un concorso da stenotipista. Una specie di stenografo elettronico. Che utilizza un pianofortino tipo Bontempi e prende accordi e acchiappa parole che poi te le metti a posto sul computer dove le hai sparate. Io che già da dieci anni scrivevo poesie. E come tutti quelli della mia generazione, sono stato massacrato dalla canzone di Venditti, quella che dice: Compagno di scuola ti sei salvato o sei finito in banca anche tu? Mentre qualche anno dopo ci si è messo pure Gino Paoli con Eravamo quattro amici al bar, che poi è vero che al bar questi parlavano di cambiare il mondo e che alla fine resta lui solo, l’anarchico poeta rivoluzionario nullafacente che uno pensa: «Ma ‘ste consumazioni come se le pagava?». Perché d’accordo che bisogna cambiare il mondo, ma quando ti fai una birra prima o poi qualcuno, anche se c’è stata la rivoluzione, il conto te lo porta.

I confini sono spessi, di Antonio Sparzani

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“Rosso, aranciato, giallo, . . .”, la cantilena dei colori dell’arcobaleno l’abbiamo nel lessico famigliare fin da piccoli. Se d’altra parte osserviamo da vicino una di quelle strisce colorate che spesso nei libri si trovano ad illustrare lo ‘spettro dei colori dell’iride’, individuiamo sì quei sette canonici, corrispondenti a nomi che la cantilena ci tramanda, ma, tra l’una e l’altra di quelle piccole zone nelle quali ci sembra di individuare il verde, o l’indaco, ve ne sono molte altre cui non sapremmo dare un nome, se non in qualche caso, prendendo magari a prestito i nomi fantasiosi suggeriti dall’arte, o dalla moda, o dai cataloghi dei colorifici. E non è facile segnare confini che delimitino l’uno o l’altro dei colori dai nomi conosciuti.
La notte è il periodo di tempo che va dal tramonto al sorgere del Sole e il giorno è il periodo che va dal sorgere del Sole al tramonto e queste sembrano belle proposizioni chiare e distinte, finché almeno non ci si pongono domande pervase da quell’ansia di precisione che l’ultimo mezzo millennio di quantitativa operosità ci ha ormai irreparabilmente trasmesso.