Home Blog Pagina 583

Da “Storie d’Ellis Island”

14

Di Georges Perec

Traduzione di Andrea Inglese
(Vorrei dedicare questo brano a un’amica ebrea, a Helena Janeczek, che proprio in questi giorni sta scrivendo su quella fantasmatica sostanza che pare si trasmetta dai genitori ai figli.)

perché raccontiamo queste storie?

che cosa siamo venuti a cercare qui?

che cosa siamo venuti a chiedere?

Absolute Poetry – October Poetry Festival

4

(Monfalcone, 6-7-8 ottobre 2005)

Con il mese di ottobre Monfalcone si trasforma in città della poesia. I giorni 6, 7 e 8 ottobre, infatti, avrà luogo a Monfalcone, presso il Teatro, la Galleria e la Biblioteca Comunali, il Festival Internazionale Absolute Poetry – October Poetry Festival.

Shaggǻ del ritorno di Abdallah, capitano del ruggito della spada

3

di Antoine Volodine

E d’altra parte, bulldog ingrato, come osi credere che scrivendo questo libro io mi rivolga ai tuoi amici del Sichersheitgruppe, ai tuoi esperti del servizio codici, a tutti quei capiciurma dell’imperialismo, a tutti quei cani, e come osi immaginare che penserò al lettore placido, al lettore intelligente o severo, ben protetto dietro le sue imposte e la sua polizia?
Io non avrò che un solo interlocutore, mio bulldog, tu, Kurt, mio bulldog, penserò solamente a te, mio caro bulldog, mio amore bulldog, Kurt : a te.

Tratto da Lisbonne dernière marge, Paris, Minuit, 1990.

[continua…]

foto di Jean-Luc Bertini (Opale)

Appunti per una ricognizione.

36

Vorrei riprendere il filo di un ragionamento che avevo incominciato qui su NI qualche mese fa. Comincio con questo testo per provare a chiarirmi le idee. Jacopo Guerriero

Esiste indubbiamente una pop editoria che è consumatrice-già-consumata. Crea cioè consumi estetici attraverso la rielaborazione in chiave teorica di merci e stereotipi comuni, a fondare una consumazione artistica che derealizza ogni presente. Nel senso che non esiste novità del presente, esiste invece un tempo che è nessun tempo. La novità del presente è già nel prima, nel già consumato e autoreferenziale. Tutto inizia sempre, dunque non inizia mai nulla –come nell’arte pop nella pop editoria c’è un vuoto originario, non c’è affermazione di un contenuto artistico che al contrario ha come solo destino la perpetua implosione-.

La scienza di Musil

4

Adesso vi sottopongo quel che Musil dice prima di quelle righe su Galileo. Mi scuso per quegli a capo involontari e dovuti appunto a qualche mia ‘tecnica’ insipienza.

Dobbiamo ora far seguire due parole a proposito di un sorriso, e cioè un sorriso fornito di un paio di baffi, fatti apposta per la prerogativa maschile di sorridere sotto i medesimi; si tratta del sorriso degli scienziati che erano accorsi all’invito di Diotima e che avevano sentito parlare i famosi letterati ed artisti. Benché sorridessero, non bisogna credere, Dio guardi, che sorridessero ironicamente. Al contrario, era la loro espressione di rispetto e d’incompetenza, di cui s’è già accennato. Ma neppure questo deve trarre in inganno: Nella loro coscienza era così, ma nel subcosciente, per adoperare questa parola d’uso corrente, o per dir meglio nel loro stato d’animo collettivo, erano uomini nei quali la tendenza al male rumoreggiava come il fuoco sotto una caldaia.

Il Galileo di Musil

62

Fu Galileo a cominciare a non chiedersi più il perché delle cose, ma solo il come?

Ecco una straordinaria citazione di un mostro sacro della letteratura del Novecento, Robert Musil; da L’uomo senza qualità, cap. 72 :

Se ci si chiede senza pregiudizi come la scienza abbia assunto
il suo aspetto attuale — cosa importante di per se stessa, perché
la scienza regna su di noi e neppure un analfabeta si salva dal suo
dominio giacché impara a convivere con innumerevoli cose che
son nate dotte — s’ottiene un’immagine alquanto diversa. Secondo
tradizioni attendibili s’è incominciato nel sedicesimo secolo, un
periodo di fortissimo movimento spirituale, a non più sforzarsi di
penetrare i segreti della natura, com’era successo fino allora in due
millenni di speculazione religiosa e filosofica, bensì ad accontentarsi di esplorarne la superficie, in un modo che non si può fare a meno di chiamare superficiale. Il grande Galileo Galilei ad esempio,

Lettera agli ebrei italiani

85


di Franco Lattes Fortini

[Da una rapida ricerca in rete, mi appare che questa lettera è molto nota, ma non si sa mai. Io la riprendo da www.larivistadelmanifesto.it . Apparve in prima pagina de “il manifesto” il 24 maggio 1989. E a chi non lo conoscesse ricordo, sempre di Fortini, I cani del Sinai (ora ristampato da Quodlibet) .
*
Nel riprendere questo scritto per Nazione Indiana, esprimo una speranza : che un giorno, anche i musulmani italiani abbiano il loro Franco Fortini. a.r.]

Ogni giorno siamo informati della repressione israeliana contro la popolazione palestinese. E ogni giorno più distratti dal suo significato, come vuole chi la guida.

Una stanza tutta per sé – installazione di Beatrice Meoni

0

Filophilo – 2005miniartextilcomo

24 settembre – 29 ottobre 2005
La Tessitura Mantero
Viale Roosevelt 2a, COMO

Progetto ARTE&ARTE
Curatore Luciano Caramel
Catalogo con contributi critici di Roberto Borghi, Elena Di Raddo, Emma
Gravagnuolo

Inaugurazione Sabato 24 settembre ore 11,00

Lettera aperta alle comunità ebraiche italiane

82

di Sherif El Sebaie

La seguente lettera aperta è stata inviata all’ambasciata di Israele a Roma, all’Unione delle Comunità ebraiche italiane, al Colleggio Rabbinico italiano,

Lo scrittore e la trascendenza

4

Di Ingo Schulze

traduzione di Stefano Zangrando

In febbraio ho fatto visita a mia madre a Dresda. Ci vediamo di rado, ma in compenso ci sentiamo spesso per telefono.
Stavamo cenando seduti in cucina, quando suonarono alla porta. Mia madre ammutolì. Senza fare rumore posai la tazza. Dall’esterno giunse un singhiozzo. Una voce di donna chiamò mia madre per nome. Poi udii di nuovo il singhiozzo.
“Mio Puškin!” esclamò Henrietta entrando in cucina, e mi accarezzò le guance. Il trucco le era colato giù fino al rossetto.

Sulla forma paranoica 2

39

Di Slavoj Žižek

(Il brano non è altro che un’estrapolazione da un discorso di Žižek sul concetto di “atto politico”. Esso però individua uno dei punti di interesse fondamentali per riflettere sulla “forma paranoica” al di là della dimensione patologica puramente individuale, e restando in bilico tra forma puramente estetica e modello interpretativo del reale. A. I.)

“Tutti conosciamo il cliché per cui le teorie cospirative sono l’ideologia dei poveracci: quando le persone non sono in grado di elaborare mappe cognitive e non hanno le risorse per trovare il proprio posto nella società, inventano teorie cospirative che forniscono un surrogato di quelle mappe, spiegando tutte le complicazioni della vita sociale come risultati di una cospirazione occulta.

STATEMENT BY AMIRI BARAKA, NEW JERSEY POET LAUREATE 10/2/2002

59

I WILL NOT “APOLOGIZE”, I WILL NOT “RESIGN”!

[Vorrei aver letto questa vibrante, elettrificata autodifesa di Baraka prima di scrivere quello che ho scritto. Ringrazio Effeeffe di averla segnalata. Voglio tuttavia mettere qui il testo originale – e invito caldamente i lettori a fare lo sforzo di avventurarvisi – perché la traduzione italiana – che sembra fatta con un traduttore automatico – è davvero troppo free jazz : rende incomprensibile, a tratti addirittura ridicolo, un discorso in cui invece ogni parola pesa.
Ribadisco pero’ che la mia riflessione porta soprattutto sull’utilità e il danno dell’uso di “forme paranoiche” in poesia, e non sulla verità o falsità del “fatto in sé” – “verità” che comunque si conoscerà, se va bene, fra un paio di secoli. Da questo punto di vista, mantengo le mie riserve su questa poesia. a.r.

p.s. linko Baraka e le Pantere Nere. Dig it!]

Appello CULT

4

Dal sito www.appellocult.it
Caro amico,

come saprai, curiamo per il canale televisivo satellitare CULT una trasmissione di libri e cultura che si chiama MILLEPIANI. Il futuro del programma, e in generale di CULT, è ora incerto, perché il canale è stato acquistato dalla FOX, di cui ancora non si conoscono le intenzioni future. Ci terremmo molto ad avere la tua firma su questo documento che vorremmo fare circolare sulla stampa perché venga mantenuto uno dei pochissimi strumenti di informazione culturale esistenti attualmente in Italia. Se lo ritieni opportuno, potresti anche fare circolare il testo per ottenere altre adesioni.

Grazie e cordiali saluti

Nanni Balestrini e Maria Teresa Carbone

Sulla forma paranoica

71

di Andrea Raos

Avvertenza : non ho internet a casa, quindi scrivo senza avere sott’occhio i commenti; se dimentico qualcuno, se dico cose già dette… scusate.

cara inerzia 3

0

Gli anni seguenti, però, quando mi tornò più appieno l’entusiasmo, cedetti alla mia naturale inclinazione verso la vita solitaria. A quel tempo, dopo aver preso l’oppio, m’immergevo spesso in tali fantasticherie; e molte volte m’accadde, durante una notte estiva – seduto presso una finestra aperta, da cui potevo scorgere sotto, a un miglio di distanza, il mare, e al tempo stesso dominar la scena d’una vasta città che si stendeva su un raggio diverso, ma quasi alla stessa distanza – di restar là ore e ore, dal tramonto all’alba, immoto quasi fossi indurito dal gelo, incosciente di me e divenuto quasi un oggetto qualunque della multiforme scena che contemplavo dall’alto. Tale spettacolo, in tutti i suoi elementi, contemplavo spesso dalla dolce collina di Everton. Alla sinistra si stendeva la città di Liverpool dalle mille lingue, alla destra il mare multiforme; era una scena che mi colpiva come una rappresentazione tipica di quanto passava nelle mie fantasticherie. La città di Liverpool rappresentava la terra, coi suoi dolori e le sue tombe, remoti da me, ma tuttavia non invisibili, né del tutto dimenticati. Nel suo moto, eterno ma dolce, l’oceano, sul quale covava una calma angelica, rappresentava in certo modo il mio spirito e i pensieri che allora lo cullavano languidamente. Mi sentivo, come per la prima- volta, lontano, estraneo ai tumulti della vita:

SOMEBODY BLEW UP AMERICA

60

Di Amiri Baraka (LeRoi Jones)

Di che parla questo testo del poeta afro-americano Amiri Baraka? Dell’11 settembre newyorkese o del settembre di New Orleans? O Baraka ha scritto questa poesia dopo l’attentato alle Twin Towers, pensando a quali morti non erano entrati nel conto? Ad un perpetuo resto nel conto delle vittime statunitensi. Di quel resto, molti sono i morti che appartengono al passato. Altri ancora sono i morti di New Orleans, oggi. Morti che una volta di più sembrano sfuggire al conto. – C’è anche una traduzione free-jazz. A. I.

(All thinking people
oppose terrorism
both domestic
& international…
But one should not
be used
To cover the other)

Materiali per “I concorrenti di Cristo” (titolo di lavoro) del prof. Alberto Ferrazzi

18

di Helena Janeczek

Questo testo è (dovrebbe essere) il capitolo di un libro al quale sto lavorando. Vale a dire: gli appunti escono dalla penna- e dalla testa- di un personaggio fittizio, il professor Alberto Ferrazzi, teologo e studioso delle religioni, nonché zio di una delle protagoniste, che da anni studia il messianesimo in tutte le sue forme e manifestazioni. Pubblicarlo qui vuole anche essere un ringraziamento al portatore del nick “wovoka” che mi ha messo sulle tracce del personaggio storico.

Neuropa (1 estratto)

1

di Gianluca Gigliozzi

LETTERA SUGLI IDIOTI A USO DI QUELLI CHE CAPISCONO 1749
O voi che vedete, trovo molta difficoltà a scrivere una lettera sugli idioti a gente la cui intelligenza non soverchia quella di molti onorevoli mentecatti, santificati da Dio, dalla società e dai codici attuali—d’altronde siete voi che vedete, no?—e poi non c’è rischio che possiate accanirvi ancora contro di me, dal momento che in prigione mi ci avete già messo—è evidente che la mia “LETTERA SUI CIECHI AD USO DI QUELLI CHE VEDONO” ha smosso qualcosa di voi che vedete—comunque vi scrivo per dirvi che starmene rinchiuso qui a Vincennes non basterà a fermarmi—può darsi che sia IO il cieco, può darsi che sia IO a non vedere—e forse gli idioti designati nella lettera presente sono quelli come me—

Della distruzione delle città in tempo di pace

27

di Jean Claude Michea

traduzione di Francesco Forlani e Alessandra Mosca

Un difetto classico di certe analisi radicali è quello di considerare ogni decisione presa da un governo avvezzo alle idee capitalistiche (il che dei nostri giorni è un pleonasma) come se fosse dettata dalla sola preoccupazione di accrescere il margine di profitto delle società o delle istituzioni che di solito le finanziano.

Cara Inerzia 2

4

Bertrand Russell, Elogio dell’ozio

Come molti uomini della mia generazione, fui allevato secondo i precetti del proverbio che dice
« l’ozio è il padre di tutti i vizi ».
Poiché ero un ragazzino assai virtuoso, credevo a tutto ciò che mi dicevano e fu così che la mia coscienza prese l’abitudine di costringermi a lavorare sodo fino ad oggi. Ma sebbene la mia coscienza abbia controllato le mie azioni, le mie opinioni subirono un processo rivoluzionario. lo penso che in questo mondo si lavori troppo, e che mali incalcolabili siano derivati dalla convinzione che il lavoro sia cosa santa e virtuosa; insomma, nei moderni paesi industriali bisogna predicare in modo ben diverso da come si è predicato sinora. Tutti conoscono la storiella di quel turista che a Napoli vide dodici mendicanti sdraiati al sole (ciò accadeva prima che Mussolini andasse al potere) e disse che avrebbe dato una lira al più pigro di loro. Undici balzarono in piedi vantando la loro pigrizia a gran voce, e naturalmente il turista diede la lira al dodicesimo, giacché il turista era un uomo che sapeva il fatto suo. Nei paesi che non godono del clima mediterraneo, tuttavia, oziare è una cosa molto più difficile e bisognerebbe iniziare a tale scopo una vasta campagna di propaganda. Spero che, dopo aver letto queste pagine, la YMCA si proponga di insegnare ai giovanotti a non fare nulla. Se ciò accadesse davvero, non sarei vissuto invano.

Postproduzione 2

10

di Nicolas Bourriaud

a cura di Alessandro Broggi

[…] Gli artisti della post-produzione operano un editing delle narrative storiche e ideologiche, inserendo gli elementi che le compongono in scenari alternativi. La nostra società è strutturata da narrative, scenari immateriali, che sono più o meno rivendicati come tali e tradotti da stili di vita, riferimenti al lavoro o ai divertimenti, istituzioni e ideologie.