di Antonio Sparzani
Le cose sono fatte di materia che è fatta di molecole, che sono fatte di atomi, che sono fatti di protoni, neutroni ed elettroni, che sono fatti di quarki, quarketti e quarkottini, in su e in giù, con sapori e odori, tutti però estremamente standard. Cioè stanno nel modello che i fisici chiamano standard per consolarsi e convincersi che ormai è proprio così e che la natura ubbidisce agli standards.
Le parole, invece, sono fatte di aria che vibra nell’aria, che è fatta di tante molecole, che sono fatte, ecc., e di martelletti che nelle orecchie degli umani vibrano di conseguenza e di neuroni e sinapsi che conducono particelle elettriche a seconda di quelle che vedono arrivare, o sono fatte di pezzettolini di inchiostro, forse non più quello dei calamai di vetro che i bidelli della mia infanzia passavano ogni tanto a riempire con una caraffa di metallo dal lungo beccuccio (citazione dal moreschico sbrego) ma da un moderno e asettico inchiostro che più le dita non macchia orribilmente, oppure sono nerastre eccitazioni di liquidi cristalli disposti opportunamente su un piano quasi verticale, che emette particelle di luce verso le retine di umani, e quindi qurll’invece dell’inizio frase forse non andava detto perché le nobili parole e le umili cose sono poi fatte della medesima materia, e quindi sono tutte cose.
Come si fa dunque a mantenere perlamadonna distinte le parole e le cose; forse che l’analisi scientifica che distingue, distilla, disseca e dunque dissecca non coglie, non coglie nulla di ciò che interessa a chi pone le domande. O forse chi pone le domande non pone quelle giuste cui la povera scienza, molto lontana dall’essere onnisciente, è in grado di rispondere.

Due settimane prima di essere ucciso, Pasolini pubblicò questo pezzo sul “Corriere della sera”. Delle stragi a cui si riferisce in molti casi non si conoscono ancora i veri colpevoli. Tuttora non si conoscono neppure i veri colpevoli dell’omicidio di Pasolini.
[Dopo la pubblicazione della lettera a Nazione Indiana circa lo
Domenico ha 44 anni, 200 pecore, una moglie e tre figli. Fa il pastore a Siniscola, in provincia di Nuoro. E’ un pastore di nuova concezione. Un pastore precario. La sua è la storia di un cortocircuito storico vissuto sulla propria pelle, su quella della sua famiglia e dei suoi amici. E’ la storia di una tradizione millenaria che crolla, rischiando l’estinzione, di fronte a una modernizzazione che non ha pietà né della storia né di una sapienza “altra”, che ha la sua radice nella notte dei tempi e la sua fine nelle politiche di sfruttamento che stanno devastando la Sardegna e l’Italia intera.


Da qualche anno prosegue, da Adelphi, la pubblicazione dell’opera completa di Giorgio Manganelli. Testi introvabili e nuove raccolte di inediti e dispersi dello scrittore milanese, in buona parte articoli e saggi variamente editi su quotidiani e riviste. 

“… Solo all’ultimo passo si accorse del fardello che ostruiva la strada.
