di Dario Voltolini
Un’immagine.
Io ho un’immagine che ritorna ciclicamente, ogni volta leggermente modificata e da qualche tempo con maggiore frequenza.
So, da qualche anno, che questa immagine andrà a finire in un romanzo che sto scrivendo: infine arriverà a galleggiare in superficie, vale a dire che diventerà un brano di scrittura. Per ora non lo è. E non lo sarà nemmeno dopo che l’avrò prefigurata, qui, scrivendone ora.
È l’immagine di un lastricato di pietre larghe, piuttosto ampio, che viene sommerso dalle onde del mare. Le onde corrono veloci sulle pietre (ora sembra trattarsi di una piazza) facendo quel movimento a falce prima di rifluire. La quantità di mare aumenta e aumentando ribolle, la schiuma cresce e invade tutto. Tutto cosa? Per ora direi: il quadro in cui la scena si svolge.
L’immagine a questo punto è già diventata dinamica. C’è una scena, c’è un movimento, cambiamenti. Si è già sviluppata in una sua larvale dimensione temporale. Lo ha fatto ora, che ne sto scrivendo. Quando va e viene nei suoi ciclici ritorni, l’immagine non ha questo sviluppo temporale: l’ordine l’ho stabilito adesso, qui.
Proseguo. La schiuma ha in sé una violenza, non è una soffice copertura, tutt’altro. La visibilità stessa dell’immagine viene distrutta. Nel caos totale della schiuma le forme dell’onda e del selciato sono scomparse. Altre forme si presentano, ma sono geometriche, astratte: bolle, turbini, spostamenti, porosità. Dentro la schiuma che ribolle.
Questi sono gli elementi dell’immagine più stabili, quelli che permanentemente tornano quando mi si presenta.