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La ragione dei barbari

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di Marco Revelli
Il centro è cieco, la verità si vede dai margini. Quest’affermazione di metodo, propria degli studi post-coloniali e anche della più recente “antropologia di prossimità”, mi è tornata in mente la mattina del 27 giugno alla Maddalena, frazione di Chiomonte, quando visto da lassù – da quel fazzoletto di terra sulla colletta che divide il paese dall’autostrada del Frejus – il mainstream che ha segnato ossessivamente la vicenda della Tav è apparso di colpo per quello che è: vuota somma di affermazioni prive di senso reale. E si è affermata una realtà totalmente altra rispetto a quella che viene raccontata nei “luoghi che contano”, nei palazzi del potere, nelle redazioni dei giornali, dagli opinion leaders metropolitani.

Prendiamo la questione dei soldi. Il mantra che viene recitato “al centro” – e “in alto” – ripete che l’Italia rischia di perdere i 680 milioni di euro dell’Europa se non aprirà il fatidico cantiere. Qui, in questa estrema periferia, tutti sanno che, al contrario, l’Italia potrà guadagnare (o risparmiare, se si preferisce) qualcosa come una ventina di miliardi di euro se quel cantiere non aprirà.

Al cor gentil rempaira sempre amore

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di Antonio Sparzani

Sarà che ogni tanto, complice l’estate, il caldo, la pigrizia, smetti di aver voglia di occuparti delle mille cose fondamentali che ti circondano, il governo, la manovra, il verde pubblico, i disastri ambientali, l’anno internazionale della foresta, i guai piccoli e grandi tuoi o dei tuoi amici e vuoi riposare la mente su qualche cosa di molto bello e di non immediatamente urgente e vitale per la sopravvivenza tua o dei tuoi simili, e allora ti attacchi a un appiglio intravisto, a uno sguardo diverso dal solito, a una frase inaspettata detta da un’amica cui tieni, guardi fuori dalla finestra, scorri le dita sui dorsi dei libri della libreria in camera da letto, guardi meglio, l’edizione curata da Contini dei poeti del Duecento, mirabile edizione Ricciardi‒Mondadori del 1995 (ripresa dall’originale Ricciardi del 1960) e improvvisamente ti suona nella testa quel titolo letto pochi giorni fa qui su NI che echeggia certo un poeta di quel periodo, estrai il volume, cerchi con tutta la calma del mondo, è estate, e trovi quasi subito, Guido Guinizzelli, Al cor gentil rempaira sempre amore, eccolo lì l’incipit cercato, e insieme l’incipit dello stil novo, portato da Dante a grande altezza, e allora ti viene proprio voglia di riimmergerti per qualche ora in quel mondo così lontano ormai, apparentemente così ingenuo e primitivo, e invece, a guardar meglio,

Audiodocumenti – Le voci degli altri

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di Maria Angela Spitella

Andrea Giuseppini mi accoglie nello studio dove monta i suoi audio documentari; sono andata a trovarlo per farmi raccontare, proprio da chi le storie le narra attraverso le voci degli altri, cosa significa essere documentaristi di storie sonore. Ho un microfono in mano per registrare la sua voce, chi fa questo mestiere, anche io ne faccio parte, ha una deformazione professionale e passionale, e pensa che tutto ciò che viene registrato può essere usato per costruire un racconto. Parliamo di audio-documentari.

Andrea Giuseppini, alla fine del 2006, insieme ad altri cinque soci – Anna Maria Giordano, Lea Nocera, Sara Zambotti, Marcello Anselmo, Roman Herzog – ha fondato Audiodoc, un’associazione nata per permettere a un genere assai poco conosciuto di avere una ulteriore possibilità di conoscenza e fruibilità. Gli audio documentari si ascoltavano e si ascoltano in rete da quando sono stati praticamente cancellati dai palinsesti della radio italiana.

Ma partiamo dalla fine.

Reinhard Jirgl: Scrivere sulle rovine dell’io

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Una presentazione del vincitore del Premio Georg Büchner 2010, ovvero un messaggio dalla Germania dell’anno XXII.

di Daniel Abbruzzese

La Germania deve prepararsi a tempi difficili come mai nella sua storia, proclamò la cancelliera Angela Merkel all’indomani della sua rielezione, novella Cesare, a cui a tutt’oggi manca però un Dottor Caligari. Gans-Doitschland, ormai lanciata nell’empireo della ricrescita economica, ha rinunciato a trovare un’interpretazione ad una dichiarazione così patetica. Certa critica letteraria, invece, sembra essere ancora memore di quella sentenza: mai è andata così male come oggi alla letteratura tedesca, incapace di venire a capo dell’insanabile contraddizione fra linguaggio ed intrattenimento

TQ, fenomenologia di una generazione allo specchio : Andrea Inglese

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Performance di Michelangelo Pistoletto

Sognai che ero una farfalla

che d’esser me sognava

guardava in uno specchio

ma nulla ci trovava

-Tu menti-

gridai

si svegliò

morii.

R.D. Laing

.

TQ, qualche buona ragione per un laboratorio politico e culturale

di

Andrea Inglese

Trovo che l’iniziativa avviata dall’incontro di più di un centinaio di scrittori sotto la sigla di TQ presenti alcune caratteristiche che ricordano la celebre Azione Parallela, in cui il protagonista de L’uomo senza qualità di Musil si trova coinvolto. Da anni, abbiamo sperimentato in Italia tutte le virtù e i limiti dell’intelligenza solitaria e di piccolo gruppo. Quanti di noi non conoscono le miserie e i trionfi dell’essere minoritari? Sulle solitudini, i malintesi, le impotenze, le velleità, le intransigenze sappiamo quasi tutto. Diciamo che il motto, per molti di noi, in questi anni, è stato: “meglio soli che mal accompagnati”. E a ragione. Di grandi motivi per comunioni generazionali io non ne ho mai visti molti. I conflitti si sono sempre giocati sia dentro che fuori il gruppo dei coetanei, per quanto mi riguarda. E non tutte le solitudini erano dello stesso colore. Alcune erano costruite in funzione della carriera e richiedevano risparmio di energie e rovello tattico. Altre erano frutto d’incompatibilità con stili di vita, di pensiero e di scrittura, che erano in larga parte accettati dal maggior numero come ovvi. Quale che fosse, insomma, la forma delle solitudini, generosa o cinica, ribelle o opportunista, la sostanza di esse è una certa tristezza, un senso di amputazione.

È arrivato il terzo numero di Atti impuri

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di sparajurij

Come diceva qualcuno, la letteratura passa sulle cose sbadata, non sa più nemmeno scrivere e crede nel futuro. Naturalmente è una citazione colta, di quelle che solitamente si usano per divertire e impressionare, o peggio ancora per aprire con eleganza un editoriale. Ci resta comunque il piacere di appropriarcene, di farla nostra per un momento fingendo, da mistificatori quali siamo, che sia stata scritta apposta per accogliere questa terza uscita impura.

Il Cristo dell’eresia – un saggio su Pasolini di Erminia Passannanti

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di Enrico Cerquiglini

Erminia Passannanti, Il Cristo dell’eresia. Rappresentazione del sacro e censura nei film di Pier Paolo Pasolini, Novi Ligure, Edizioni Joker, collana Transference, 2009, € 12,00.

Il saggio di Erminia Passannanti, Il Cristo dell’eresia. Rappresentazione del sacro e censura nei film di Pier Paolo Pasolini, presenta una lucidissima e documentata analisi di come il sacro diventi oggetto di gran parte della produzione cinematografica di Pasolini e di come si sottragga ad un’ortodossia fatta di dogmi e di inoppugnabili verità. La figura del Cristo che ne emerge è carica di una forza rivoluzionaria incoercibile che si sottrae alla fissità istituzionale della Chiesa e che chiede di vivere, di realizzarsi in ogni rapporto umano, in ogni epoca storica. I film accuratamente analizzati dalla Passannanti sono La ricotta, Il Vangelo secondo Matteo, Teorema e Salò o le 120 giornate di Sodoma, quelli insomma in cui la presenza della figura del Cristo è predominante o per presenza o per presunta assenza (Teorema e Salò).
La ricotta, cortometraggio del 1963, ricorda la Passannanti, costò a Pasolini una condanna per vilipendio della religione cattolica.

Le foto della Festa Indiana: domenica

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Ultimo giro di giostra!


Domenica mattina, Alessandra rimugina: “ma chi me l’ha fatto fare?”

SUL CASO BRAIBANTI

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di Franco Buffoni
Il colpo di pistola di Verlaine contro Rimbaud nel 1872 svegliò la Francia sull’esistenza dei legami omosessuali, come il processo a Wilde svegliò l’Inghilterra nel 1895, e il suicidio di Heinrich Krupp la Germania nel 1902. La Spagna dovette attendere l’assassinio di Federico Garcia Lorca nel 1936. L’Italia, buona ultima come sempre, anche nelle negatività, se ne rese conto con l’assassinio di Pasolini nel 1975, o al più con il processo Braibanti nel 1968. Aldo Braibanti, partigiano e intellettuale, condannato a nove anni di reclusione, poi ridotti a due, per “plagio” nei confronti del ventiduenne Giovanni Sanfratello. Che la cattolicissima famiglia volle amorevolmente “curare”: in clinica psichiatrica, con quaranta elettrochoc e otto coma insulinici. Il fatto che due uomini adulti potessero amarsi era così inaccettabile che un qualche reato doveva per forza essere stato commesso. L’Italia parve svegliarsi solo allora – e molto malamente – su questi temi, giungendo a campagne di stampa simili a quelle francesi, inglesi e tedesche di molti decenni prima.
Fa rivivere “Il caso Braibanti” in chiave drammaturgica lo scrittore MASSIMILIANO PALMESE in un mirabile atto unico andato in scena al Teatro Belli di Roma dal 24 al 26 giugno scorsi – e prossimamente in scena al Teatro Nuovo di Napoli – per l’efficace regia di Giuseppe Marini e un’impagabile interpretazione di Fabio Bussotti e Mauro Conte.

Sillabario indiano: P

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di Giacomo Sartori (fotografie di Giorgia Fiorio)

caro papà
al dibattito delle diciassette
ho parlato bene
insomma non malaccio
visti gli intimi annessi e connessi
(il costrutto autoassolutorio:
vengo da molto lontano)

Libera Val di Susa

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Registrata stamani, al volo, il cuore con il popolo della Val di Susa, con la loro ragione, che è la mia, di tutti per tutti. mr

Note per un diario parigino

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China Club. Paris

da Chiunque cerca chiunque
di
Francesco Forlani
Quinto capitolo
China Club
Lei mi fa: il mio ex, quello che si è ammazzato, quando andava al cesso, nonostante tirasse lo scarico, la merda ritornava a galla. Era il suo karma ma non me n’ero accorta subito. Lei aggiunge: qualsiasi cosa tentasse di fare, perfino come scultore, perfino amare, era per lui come une chasse d’eau rispetto al male di vivere che riaffiorava sempre, sfidando ogni corrente che tentasse di cacciarlo via. Il suo karma…
China club. Luci soffuse, bancone alla  Hopper, lungo  a difesa di una barriera di bottiglie e bicchieri,  tavoli rotondi lucidi e stile coloniale, soffitto altissimo e scale  Casablanca. Fumoir nel sottosuolo e bar al piano di sopra. A uno sputo da Operà Bastille. A una mancata di secondi dalla Rue Baudelaire con le Baron Rouge, un posto da nulle part, in cui tutti sembrano di casa.

Ingo Schulze / Arance e angeli

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Il presente articolo è apparso sul «manifesto» del 24.06.2011 con il titolo Geografie mentali di Ingo Schulze.

di Domenico Pinto

«Come si è perduto ogni fascino della finzione!, pensai allora pieno di malinconia. E come si è perduto ogni piacere nel gioco del senso… o così sembra». L’adito ai ‘bozzetti italiani’ di Arance e angeli, nuova prova letteraria di Ingo Schulze nella nitida traduzione di Stefano Zangrando, è questa epigrafe tolta a un lungo racconto di Wolfgang Hilbig, maestro in ombra della prosa tedesca del Novecento. Posta com’è a sigillo di una serie di studî in cui la finzione invece accampa tutti i suoi diritti – tanto più forti quanto la narrazione di Schulze è programmaticamente debole –, essa è la replica, sotto altri cieli letterari, a un inconsolabile lamento per il naufragio dei sogni e delle scommesse della fantasia. Hilbig, infatti, risponde da lontano alla nostalgia che il «giovane cacciatore» della Montagna runica di Ludwig Tieck provava, dopo aver desiderato ardentemente di mutare vita, una volta ritornato a casa: «Come si è perduta la mia vita in un sogno! – esclamò tra sé. – Quanti anni sono trascorsi, da quando discesi per questo cammino».

Le foto della Festa Indiana: sabato

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Proseguo la pubblicazione delle foto della festa indiana. Evito di mettere tutti i nomi nelle didascalie così faccio arrabbiare qualche amico che non c’era. ;-)

Davide viaggia, io presidio la cassetta delle offerte.

PETER FALK [1927-2011] Io sono un amico… compañero.

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“I’m a friend… compañero.”
 
   di Orsola Puecher

 
   Il personaggio de l’ultimo angelo che Peter Falk interpreta ne Il cielo sopra Berlino, un attore americano che arriva nella città per girare un film sul nazismo e scopre di essere un angelo che ha rinunciato alla sua immortalità, nonostante, o forse proprio perché è stato quasi improvvisato alla fine, poche settimane prima di iniziare le riprese, è fondamentale nel disegno generale dell’opera, per quel contatto sfiorato e sottile fra superiore e inferiore che delinea, per quel ponte lanciato in sordina fra lassù e quaggiù: “fai una linea scura… poi ne fai una chiara e l’insieme è bello“.  

Varsavia: istruzioni per l’uso

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di Lorenzo Pompeo

Varsavia non è una città qualsiasi. Lo ha capito perfettamente Fabio Elia, autore esordiente di Warszawa, pubblicato da una nuova e combattiva casa editrice di Padova, le Edizioni La Gru, e che ha vinto il premio Giovane Holden 2010 nella sezione “Romanzo inedito”. L’autore non solo lo ha ambientato nella capitale polacca, ma ha scelto per il titolo il nome polacco della città, nella quale ha trascorso quasi un anno, il 2010, grazie a un Erasmus. Il volto che oggi la città mostra a un visitatore è segnato dai modernissimi centri commerciali (che simboleggiano la definitiva vittoria del consumismo sul comunismo).

Rien ne va plus: Margi de Filpo / Ivan Arillotta

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Il club Questomondo


di
Ivan Arillotta
Tuttavia. Possiamo osservare ostilità, senza aguzzare la vista, senza stimolare l’occhio. Possiamo stampare il nostro reciproco rispetto, unico compenso di un esemplare stile di vita, su fogli scritti con inchiostro simpatico. Per ora, possiamo produrre un documento che stabilisca i titoli d’umanità necessari a dichiararsi membri effettivi del club Questomondo. Nessun marziano ci invidierà, per quanto il ramo dell’invidia sia sempre piuttosto fiorente. Tuttavia, qualcosa cambierà. Domani sarò un uomo serio, si dice: i buoni costumi saranno miei, tutti quanti. Perciò, fino a ieri, l’onestà era una distrazione, una specie di partita a carte tra amici. (continua)

Giocatori
di
Margi de Filpo
Stava finendo ma eravamo insieme, una lacrima che scivolava con lui lungo le scale della sua infanzia interrotta. Si accordava al battito della lingua sul palato, un metronomo offeso. Accenni di vecchie balbuzie, parlava del padre, del peso di un nome non voluto. Responsabilità, un suono grave, che per me significava solo essere figlia, per lui un rigonfiamento, giù nei pantaloni.
Mi sveglia di notte, parla della società. Diceva.
E noi? Attaccati come mignatte ai nostri vent’anni. Non volevamo credere.

Le foto della Festa Indiana: venerdì

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Piccola selezione delle foto fatte alla festa. Inizio dal primo giorno, più avanti, se trovo il tempo, metto le altre.

Si parte!
Sparzo porta con sé il fardello dell’opera inglesica.
Effeffe controlla le merde di cane.

Alcor gentil rempaira sempre

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«Cari, Alcor si è ricongiunta con me e insieme abbiamo costruito un libro con una parte dei vecchi pezzi del suo blog. Francesco e Gherardo sono stati così gentili da volerne postare qualcuno qui.

Non sarà facile trovare questo libro, bisognerà volerlo molto e se qualcuno ci tenesse spero di facilitargli le cose indicandogli il sito del suo editore. ( Cicero editore Venezia ) »
Baci
Silvia

da
Come sono finita dove sono finita
di
Silvia Bortoli

traslocare
Bisognerebbe traslocare, ogni tanto.
Ho letto che il trasloco e il divorzio sono gli eventi più traumatici nella vita di una persona, lutti a parte.
Ma per gli ammucchiatori il trasloco è l’unico modo per liberarsi del passato, dei sensi di colpa, delle cose inutili che hanno accumulato negli anni, di quei fondi di cassetto di cui un poco si vergognano e che vorrebbero essere ripuliti, riordinati, sgomberati, e nessuno li ascolta.
Io dovrò traslocare, tra poco.

Maxime Cella / Due poesie

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Si pubblicano due componimenti tratti da: Maxime Cella, Dieci poesie, con una nota di Rodolfo Zucco, Edizioni del Tavolo Rosso, maggio 2011.

Noi non abbiamo guerre
né tempi di necessità
e se pure si cova ancora amore
è coda di lucertola il suo disperdersi.
Effacez, effacez vite incalzava il maestro e questa
nostra è neve d’accatto, oblitera le forme sperando
di sfondarle

Strali a dar fiato e nulla più si dirà
ma giunti al fondo invece? quel giorno
il sole tramontò come previsto
, geni-smeraldo
intatti da intuizione e la trama del leone
ormai piegato dall’avanzo-arretro

Per chi svuota la campana

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di Marcello Anselmo

I blattoidei sono un ordine di insetti comunemente noti come blatte, scarafaggi o faluche. L’ordine comprende oltre quattromila specie, divise in sei famiglie. Si annidano nella notte, in posti umidi, si cibano di sostanze derivate dai nostri alimenti, generalmente quelli scartati che vanno a comporre l’umido, qualità della mondezza al centro di recenti attenzioni.
Sono due notti che gruppi guardinghi di questi insetti corazzati convergono nel vico d’Afflitto, una delle “microarterie” che dai Quartieri Spagnoli sfociano in via Toledo, il salotto buono della città.