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In memoria: Patrick Chevaleyre

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immagine di Patrick Chevaleyre

Beaucoup de vide
de
Patrick Chevaleyre
Beaucoup de vide dans le vide beaucoup de vies dans la vie plus de Friskies à Franprix trop de rayures dans le temps quelques labyrinthes un peu trop de nuages dans le ciel beaucoup de filles dans les rues peu de réel dans le réel plus beaucoup d’illusions plus de taxis à cette heure pas beaucoup de monde ce soir pas assez de champagne quelques gifles qui se perdent (continua qui)

(traduzione di Esteban Buch)
Mucho vacío en el vacío muchas vidas en la vida no más Friskies en Franprix rayas de más en el tiempo algunos laberintos algunas nubes de más en el cielo muchas chicas en las calles poca realidad en la realidad ya no muchas ilusiones no más taxis a esta hora poca gente esta noche el champagne que no basta algunas cachetadas que se pierden demasiados perfumes en su cuerpo casi no más cigarrillos ningún mensaje esta noche algunas lágrimas de cansancio mucho encanto demasiados rostros olvidados muchas alarmas algunas alertas no más tiempo que perder no más Ronron en Franprix no más azar o casi no más lugar para estacionar no más electricidad mucho placer mucha felicidad mucho vagabundeo muchos errores confusión pocas historias en la historia demasiados espejos en las cosas nada de imaginación mucha incertidumbre no más Whiskas en Franprix algunos problemas muchos obstáculos demasiada policía por todos lados uniformes demasiadas derrotas ninguna respuesta poco dinero en la poesía poca poesía en el dinero algunas vitrinas rotas no demasiado sexo en el sexo no más coraje mucho tiempo perdido palabras para no decir nada la crueldad que no basta demasiadas humillaciones algunos deseos muchas obsesiones poco vértigo al embriagarse ya no mucha memoria demasiado control algunos hombres por bajar demasiadas preguntas algunas mujeres por amar no más Sheba en Franprix mucho ruido y pocas nueces pocas imágenes demasiadas sirenas en la noche mucha clase en la lucha.

Foreign Parts e Hell Roaring Creek: due film americani

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di Rinaldo Censi

Locarno

Verena Paravel cercava di girare un piccolo film percorrendo la metropolitana di New York. Raggiunge un quartiere che la maggior parte della gente le sconsiglia di frequentare, Willets Point. Potrebbe anche rimetterci la pelle. Decide di affrontare il rischio. Di certo ha la pelle dura. Qualche minaccia l’ha anche subita. Eppure, è proprio lì che ha girato il suo bel film (lo diciamo agli amanti degli steccati di “genere”: anche un documentario è un film), insieme a JP Sniadecki, a Willets Point, che a prima vista potrebbe essere scambiato per Puerto Rico, o un sobborgo del Messico. Foreign Parts è il titolo del film, e concorre per il premio Cineasti del Presente. Potrebbe essere Puerto Rico, o un  sobborgo di un film di Ozu. Per buona parte del film la macchina da presa ruota ad altezza d’uomo, con piglio volutamente grezzo, pronto a captare qualunque evento che lì si svolga: non facciamo altro che vedere strade infangate, pozzanghere (Willets Point può diventare una specie di acquitrino), lamiere, minuscoli bar, pezzi di ricambio per automobili. All’inizio l’inquadratura sembra soffocare gli spazi, togliendogli aria. Il cielo – lo vedremo più avanti – spesso è grigio. Willets Point è un microcosmo. Così il film, costruito in una sorta di ascesa: prima una strada malridotta di periferia e infine la vista dell’intero block, dall’alto, nell’azzurro del cielo, mentre una bandiera americana taglia in due l’inquadratura

ICE CREAM

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di Mattia Paganelli

1 Scoop € 1,00
2 Scoops € 1,50
3 Scoops € 2,00
4 Scoops € 2,50
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Il vicolo cieco delle icone

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di Christian Raimo

La scena politica italiana presente assume ogni giorno tratti più spettacolari e tardo-imperiali: un’apocalisse di serie b, un viale del tramonto scalcinato, una tragedia che si è già trasformata in farsa e che si ripete come in una sit-com in sindycation sui canali satellitari, l’audio delle risate registrate ormai usurato.

Letterarietà

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[Dedico questi passaggi di Fortini a degli amici a cui ho pensato, mentro ero intento nella lettura, come fossero il prosieguo di varie discussioni già avute con loro: Alessandro Broggi, Gherardo Bortolotti e Helena Janeczek. A I]

Da Insistenze (Garzanti, 1985): “Per una ecologia della letteratura”, apparso sul “Corriere della sera” del 17 maggio 1984

Franco Fortini

Se ogni opera letteraria si definisce anche, sebbene non esclusivamente, da quel che una società ed un tempo determinato (o per essere più precisi: la classe, e in essa il ceto, dominante in una data società) hanno stabilito essere il “letterario”, ne verrà la possibilità, più volte e autorevolmente sostenuta, di una storia, non della “letteratura” come collezione di testi, bensì del “letterario”, della lettura e del suo immaginario, della fortuna e delle sue allucinazioni; e soprattutto storia del farsi, non solo del fatto, e dunque filologia e critica. (…)

La performatività vuota di Berlusconi – idee per un nuovo discorso di sinistra

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di Christian Raimo
All’inizio del secolo scorso Wittgenstein nelle sue Ricerche filosofiche sosteneva l’impossibilità di uscire dai limiti che il linguaggio stesso ci impone. Cinquant’anni dopo John Austin mostrava come questo linguaggio in cui siamo immersi comprende anche molte delle azioni che compiamo (come promettere, minacciare, testimoniare…). Nell’era della comunicazione che stiamo attraversando sempre di più dovremmo aver presente questa prospettiva di riflessione sul linguaggio, proprio per renderci costantemente conto delle “gabbie” linguistiche in cui siamo rinchiusi.
Mi piacerebbe, tenendo a mente quest’orizzonte, fare interagire l’analisi che proponeva Ida Dominijanni qualche giorno fa sulla crisi di sistema che la debacle del Pdl ha messo in luce – la fine della Seconda Repubblica, così come l’abbiamo conosciuta – con le considerazioni di Giorgio Fontana sulla scomparsa del valore della verità dal discorso pubblico. Per partire dal bisogno, espresso da entrambi, di trovare un modo per opporsi a quella dittatura retorica di cui Berlusconi è tanto causa quanto sintomo.

Saint-Séverin e dintorni

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di Antonio Sparzani


Visualizzazione ingrandita della mappa

Si fa presto a dire Parigi, j’ai deux amours (intanto guardatevela la Josephine del 1950….) eccetera, ma poi se non ci torni per tanto tempo ti manca molto, s’intende se ci sei stato almeno una volta ad aggirarti per quelle strade, a guardare quelle vetrine e quelle birrerie tutte diverse e a perderti nelle viette dell’estate delle signore che stanno sedute fuori a chiacchierarsela con la signora della porta accanto. E così ogni tanto bisogna tornare, anche solo a camminare in giro, a percorrere gli austeri viali del Luxembourg e a guardare da lontano i profili della Défense. Parigi è una città su un fiume, e anzi alcuni dei suoi edifici importanti stanno su un’isola in mezzo al fiume, Notre-Dame sta nell’Île de la Cité, per dire. Le isole al centro del fiume sono poi due, collegate dal Pont Saint-Louis, e i cittadini di Parigi, a differenza dei cittadini di Königsberg, ricordati qui , possono, volendo, camminare senza intoppi sui quindici ponti che complessivamente uniscono le due isole alla terra ferma e tra loro, percorrendoli tutti di seguito e ciascuno una sola volta, provare per credere, basta una matita. Per questo non esiste un “problema dei ponti di Parigi”, mentre esiste il problema (senza soluzione peraltro, come s’era detto) dei ponti di Königsberg.

Talee: un’idea per librai rizomatici

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di Beatrice Meoni

Il progetto Talee nasce da un’occasione: la richiesta di una libreria, Il Terzo Luogo, di Sarzana di esporre alcuni mie opere all’interno del loro spazio. Ho pensato che avrei voluto fare di più, pensare a un progetto da creare appositamente per quel luogo, e che da quel luogo prendesse vita.

Da un luogo domestico come il balcone di casa e dal mio interesse per le piante sono arrivata al concetto di talea. Ho iniziato a lavorare sulle pagine dei libri e si è chiarita in me la necessità di usarli come supporti, come medium di propagazione di forme., piuttosto che descrivere attraverso le immagini i contenuti del testo scritto, o sottolinearne la scelta.. Le mie talee messe a germogliare, in questo caso, sono costruzioni tridimensionali incerte e fragili che prendono forma dalle pagine e si estendono in paesaggi e griglie cromatiche.

LA CRICCA

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di Franco Buffoni

“Un giorno tutto questo sarà tuo”,
Aveva l’aria di dire “Figlio mio”
Indicando l’infilata di sale
Lo scalone il loggiato, il padiglione.
Apparteneva allo stato con uso alla provincia
In comodato cinquantennale
Ma ne parlava male
Dei dipendenti-servi,
Impiegati scansafatiche
Incapaci di cogliere il disegno globale
“E poi nel padiglione in fondo al parco
Il mio studio privato”
Arrivarci? “In bicicletta”. Inventariata.

China

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di Mariapia Quintavalla

Ti vestirono ignuda e fredda,
leste mani ti disinfettarono:
non ne vidi nulla,
non ne seppi immagini.

50 aforismi #3

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Morte/Umanità/Amore/Suicidio

di Luca Ricci

Il dramma degli amanti: la bile delle coccole e il miele dei litigi.

Scoprire che Dio ha agito per una delusione d’amore…

L’amore è tutto nella vita. Quando finisce.

In memoria : Patrick Chevaleyre

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Beaucoup de vide dans le vide beaucoup de vies dans la vie plus de Friskies à Franprix trop de rayures dans le temps quelques labyrinthes un peu trop de nuages dans le ciel beaucoup de filles dans les rues peu de réel dans le réel plus beaucoup d’illusions plus de taxis à cette heure pas beaucoup de monde ce soir pas assez de champagne quelques gifles qui se perdent trop de parfums sur son corps plus beaucoup de cigarettes pas de messages ce soir quelques larmes de fatigue beaucoup de charme trop de visages oubliés beaucoup d’alarmes quelques alertes plus de temps à perdre plus de Ronron à Franprix plus beaucoup de hasard plus de place de parking plus d’électricité beaucoup de plaisir beaucoup de bonheur beaucoup d’errances beaucoup d’erreurs de confusion peu d’histoires dans l’histoire trop de miroirs dans les choses pas d’imagination beaucoup d’incertitudes plus de Whiskas à Franprix quelques ennuis beaucoup d’obstacles trop de police partout des uniformes trop de défaites pas de réponses peu d’argent dans la poésie pas beaucoup de poésie dans l’argent quelques vitrines brisées plus beaucoup de sexe dans le sexe pas assez de courage beaucoup de temps perdu de mots pour ne rien dire pas assez de cruauté trop d’humiliations quelques désirs beaucoup d’obsessions peu de vertige dans l’ivresse plus beaucoup de mémoire trop de contrôle quelques hommes à abattre beaucoup trop de questions quelques femmes à aimer plus de Sheba à Franprix beaucoup de bruit pour rien peu d’images trop de sirènes dans la nuit beaucoup de classe dans la lutte.

Patrick Chevaleyre

Intermezzo estivo 4: Vincenzina e la fabbrica

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di Antonio Sparzani

dall’album Quelli che… del 1975.
Qui c’è una registrazione, tecnicamente meno buona e un po’ disturbata, che può esser vista solo su youtube, nella quale Jannacci fa però un’introduzione più interessante e partecipata, in quel suo unico modo.

carta st[r]ampa[la]ta n.27

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di Fabrizio Tonello

Una rapida carrellata sulle notizie di sabato: otto medici, fra cui tre donne, uccisi in Afghanistan; in Russia 52 morti per gli incendi, in pericolo alcune centrali nucleari; Fidel Castro interviene, dopo 4 anni di silenzio, per evocare il pericolo di una guerra atomica; nove miliardi di euro di tasse evase recuperati dalla guardia di finanza nel 2009; sei italiani su dieci non vanno in vacanza perché non ce la fanno. Insomma, anche senza ricorrere ai temi ferragostani come i vip in vacanza a Capalbio o il cane che, lasciato solo, si “suicida” (Corriere, p. 26 e 27), di notizie per riempire il giornale della domenica ce n’erano.

In lungo e al largo

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L’assaggio
di
Franz Krauspenhaar

Mi sono ritrovato col mare nella testa, come una lama fabbricata a Lumezzane Gazzolo. Era sole, la guarnizione. Guardavo all’orizzonte e vedevo il mondo in miniatura. Il commendator Toroni faceva il suo largo alle trombe Turchetti e a te Mario Bianchi. I milanesi sono portatori insani di panettoni e guglie asimmetriche. “Dài, Franca, casso, fà vedere il culo a tutti, demm, facciamoci riconoscere per quello che siamo!”, dice Toroni all’amante Femi (le manca un Benussi sul pedigree e poi siamo nel commedione di Ric & Gian.) “Vede dottò, qui dagl’anni sessanta non è cambiata ‘na mazzancolla!”, mi suggerisce a tre centimetri dall’orecchio destro Pasquale, il noto bagnino di Livori Beach. Sulla Costiera sono arrivato da tre giorni, anzi tornato, che ci vengo a sdraiarmi da secoli col frigobar, le pale semoventi sulla testa e prima, fino alla scorsa estate, mia moglie Frida (detta t’aggio voluto bene) ora morta (purtroppo – dico per dirlo, certo) per cause di tumore avvenuto in tutto e per tutto durante i mondiali di calcio del Sudafrica. Così che Frida (cognome da signorina Freihalterhofer) alle prime partite cominciò a sentirsi peggio del solito e verso le semifinale, ai fischi d’inizio e dopo gl’inni nazionali, era praticamente in coma irreversibile.

Intermezzo estivo 3: Addio a Lugano

5

di Antonio Sparzani

Cantano, nell’ordine, Silverio Pisu, Otello Profazio, Lino Toffolo, Giorgio Gaber, Enzo Jannacci.

Pietro Gori, anarchico italiano, venne accusato da una parte della stampa di essere l’ispiratore dell’omicidio del presidente francese, Marie François Sadi Carnot (24 giugno 1894), in quanto amico e avvocato difensore dell’attentatore, Sante Geronimo Caserio. Per evitare una condanna fuggì a Lugano. Lì sfuggì ad un attentato nel gennaio 1895. Nello stesso mese venne arrestato ed espulso dalla Svizzera assieme ad altri esuli.

In carcere, secondo alcuni, o dopo l’espulsione, secondo altri, compose due poesie, una delle quali era intitolata Il canto degli anarchici espulsi. Quest’ultima divenne poi Addio a Lugano e venne poi diffusa con alcune differenze sia nel testo che nella disposizione delle strofe.

PHILIP LARKIN

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di Franco Buffoni

Il 1956, per l’Inghilterra, non fu soltanto l’anno della crisi di Suez, che ridimensionò radicalmente lo status della nazione come potenza mondiale, ma anche l’anno della svolta in due fondamentali generi letterari: il teatro (con lo shock provocato dalla prima rappresentazione di Look Back in Anger di John Osborne) e la poesia, con la pubblicazione della antologia New Lines, curata da Robert Conquest, che sancì la nascita del Movement.
L’evento era stato preceduto da un articolo anonimo – apparso due anni prima sullo Spectator (poi riconosciuto come proprio da Anthony Hartley), che riconosceva in un gruppo di giovani poeti “il solo movimento degno di questo nome nella poesia inglese dopo quello dei trentisti” – e da un’altra antologia, Poets of the 1950s, apparsa nel 1955 a Tokyo (e, proprio per questo, passata al momento inosservata) curata dal poeta e critico D. J. Enright. I nomi dei poeti presenti nelle due antologie sono gli stessi, con la sola aggiunta, da parte di Hartley, di Thom Gunn: Kingsley Amis, Donald Davie, John Wain, Elizabeth Jennings, John Holloway. E Philip Larkin: di tutti il più rappresentativo dello spirito del Movement e destinato, dapprima, a consustanziarsi in esso, quindi a informare di sé, griffandolo, l’intero movimento.

In lungo e al largo

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di
Roberto Bugliani

La Gang suonava Comandante e lui rammentava i murales della Realidad. Lo sguardo profondo e interrogativo dei due volti giganteschi dipinti sul muro della scuola dal tetto di lamiera devastato dalla sciaguarata incursione di Lolita de la Vega, da Angelo prontamente ribattezzata Lolita de la Verga, scrutava un po’ stupito il gruppo di visitatori.
Lolita era discesa sul villaggio a bordo dell’elicottero di Tele Azteca con l’arroganza d’un conquistatore d’altri tempi, e lo spostamento d’aria provocato dalle pale del rotore aveva abbattuto un albero e scoperchiato il tetto della scuola, mentre alcuni pezzi di lamiera erano schizzati via ferendo alla testa un bambino indigeno.

L’orribile anniversario

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di Antonio Sparzani

[non me la sento di mettere immagini su questo tema, se ne trovano in rete di stupefacenti, bastano le nude parole]

credo molti sappiano che il 6 agosto del 1945, sessantacinque anni fa, presidente regnante Harry S. Truman, un aereo statunitense chiamato Enola Gay sganciò sulla città di Hiroshima, in Giappone, un nuovo tipo di bomba, detta atomica, provocando conseguenze di nuova mostruosa disumanità e che tre giorni dopo, il 9 agosto, un analogo ordigno fu sganciato sul porto di Nagasaki (per una cronaca dettagliata si veda qui) Aggiungo qui qualche informazione, forse non di dominio così pubblico, anche se reperibile qua e là in rete (ad esempio qui).

La notte tra il 9 e il 10 marzo del 1945 (cinque mesi prima di Hiroshima), un’ondata di 300 bombardieri americani colpì Tokyo, uccidendo 100.000 persone. Lanciando circa 1.700 tonnellate di bombe, gli aerei devastarono buona parte della capitale, bruciando completamente oltre 25 chilometri quadrati e distruggendo 250.000 edifici. Un milione di abitanti rimasero senza casa.

Il 23 maggio, undici settimane più tardi, arrivò il più grande raid aereo della guerra sul Pacifico,

carta st[r]ampa[la]ta n.26

4

di Fabrizio Tonello

È tutta una questione di numeri. Sabato 31 luglio, il Giornale spara un titolo a tutta pagina: “Il nuovo gruppo nasce con il pallottoliere” (p.5). I deputati che hanno seguito Fini sono 33, numero che è stato immediatamente dichiarato illegale da Cicchitto, come le intercettazioni della Procura di Palermo. Il Sudoku, che sul Giornale stava a p. 33, d’ora in poi sarà ribattezzato “Sumontekarlo” e la pagina sarà numerata come 32bis.

In effetti, al Giornale si fanno gli straordinari: azzannare i polpacci di Gianfranco Fini, mordere le chiappe di Italo Bocchino e addentare le caviglie di Fabio Granata è fatica. Le carte della casa a Montecarlo di qua, le sorti del governo di là, le interviste a celebri pensatori liberali come Pino Rauti e Francesco Storace, le “dieci domande” al presidente della Camera in stile Repubblica de noantri: per riempire le 36 pagine Feltri ha dovuto mobilitare pure le donne delle pulizie.