di antonio sparzani
intermezzo estivo 1: il fantastico armando
carta st[r]ampa[la]ta n.24 bis
di Fabrizio Tonello
Sono al mare con le mie nipotine pesaresi e quando sento strillare “Cacca! Cacca! Pipì! Popò!” penso siano arrivate le cuginette di Fano: due anni è l’età giusta per scoprire le funzioni corporali e giocare a scandalizzare i grandi. Invece è il vicino di ombrellone che legge a voce alta un articolo del Foglio. Nel solleone domenicale qualcuno deve aver trovato divertente un articolo di tale Filippo Timi che inizia: “Porca puttana caco sangue dal culo!” e continua “Tutti facciamo la cacca, tutti. Per quanto una persona sia importante, deve, come me, andare in bagno e cacare: il Papa, Berlusconi, Obama, la Kidman, Raoul Bova, Valentino, Armani…” la lista prosegue e, dopo la battuta finale “Fare la cacca è uno dei rari momenti per stare soli con se stessi” mi precipito sulla passerella che scavalca la ferrovia dietro la spiaggia, guardando se arriva in lontananza l’Intercity Milano-Crotone per buttarmi di sotto. Ha 120 minuti di ritardo e lascio perdere.
Charles Taylor, “Radici dell’io”: una genealogia della modernità (1)
[Il lungo articolo che qui propongo in due puntate riguarda una delle maggiori opere del filosofo canadese Charles Taylor. La sua interpretazione della modernità credo possa fornire concetti utili a chi riflette sul nesso tra letteratura e questioni morali.]
di Andrea Inglese
Fonti e dilemmi morali della modernità
Nel 1989 viene pubblicato Radici dell’io. La costruzione dell’identità moderna(1) di Charles Taylor. Il suo autore è conosciuto sopratutto per un saggio di storia della filosofia apparso nel 1979 e intitolato Hegel e la società moderna(2). In Taylor l’approccio storico, comune ad entrambi i lavori, costituisce lo strumento più adeguato per affrontare problemi di natura pratica e politica. Detto in altri termini, uno studio storico e genealogico permette di offrire al dibattito filosofico concetti più adeguati e chiari per riformulare i dilemmi morali e politici che affliggono il mondo uscito dalla modernità. Hegel e Radici dell’io possono essere considerati come una sorta di dittico che affronta l’epoca moderna secondo una duplice e complementare prospettiva: quella che s’interroga sui beni condivisi nella società e quella che s’interroga sui beni individuali.
Crediti
[La mostra di Elisabetta Benassi, All I remember, rimarrà aperta fino al 31 luglio. Il testo che si presenta è tratto dal catalogo pubblicato da NERO]
di Andrea Cortellessa
Mi dice Elisabetta Benassi che l’origine prima di All I Remember va ricercata in un oggetto che in questa sua ultima opera-mostra, caratteristicamente, non figura. Fra le sue non soverchie attrattive «Pommidoro», ristorante romano del quartiere una volta popolare di San Lorenzo, vanta un assegno non datato ma risalente alla sera del 1° novembre 1975. L’assegno, di undicimila lire, non venne mai incassato, e qualche tempo dopo finì incorniciato sulla parete dove anche adesso fa mostra di sé. Perché, la mattina dopo, le prime pagine dei giornali non parlavano d’altro che della tragica notte appena passata dal suo firmatario. Uno che di firme, nella sua vita troppo breve, ne aveva poste moltissime: e quella lasciata da «Pommidoro» era stata l’ultima. Come si vede la firma, in basso a destra come di prammatica, non è chiarissima; ma chi pagava la cena, quella sera, non aveva certo bisogno di farsi riconoscere. Intanto perché da «Pommidoro» era habitué; e poi perché era Pier Paolo Pasolini.
50 aforismi #1
di Luca Ricci
Per chi vuole sparire niente di peggio che vedere sparire un altro.
Dal fondo doloroso di un lutto si risale sempre. Anche se alcuni morendo.
Quando si parla della morte il livello di insensatezza è assoluto. L’ultimo venuto può spararne una più grossa di Maometto, Buddha o Cristo al primo colpo…
Il Colpo dello Strega
From July 2010 back to July 1947
di
Anna Maria Papi
Era un amico ma si chiamava Andrea, Era il luglio del 47 ma eravamo a Roma. Era nei socialisti ma faceva caldo. Guidava una Topolino ma c’era Lelio Basso. Avevo diciotto anni ma l’invito era alle nove. Faceva caldo ma si chiamava Andrea. Era un amico ma era il luglio del 47.C’era Lelio Basso ma avevo diciotto anni. Levati il cappotto ma guidava una Topolino.Gilda e Glenn Ford ma lui era socialista. Amado mio ma l’invito è alle nove. Avevo diciotto anni ma Paul Henreid e Rita Hayworth. Era un poeta ma guidava una Topolino.Virginia Blend ma sciolte e a pacchetti. Era il luglio del 47 ma levati il cappotto. Guido Alberti ma nel cono grazie. Nocciola e fragola ma Maria Bellonci. Players Navy Cut ma faceva caldo. Roma città aperta ma avevo diciotto anni. Roberto Rossellini ma ci sono i Military Police. Ennio Flaiano ma Casablanca. Lelio Basso ma dammi una sigaretta. Era nei comunisti ma si chiama Alvaro. Le parole sono pietre ma prendi il 27. Silvio Micheli ma nel cono grazie.
Notizie da un tribunale
(ANSA) – NAPOLI, 21 LUG – Il Tribunale di Napoli ha dato ragione a Roberto Saviano respingendo l’accusa di plagio da parte di alcuni quotidiani campani.
‘A volte la verità’ e’ più’ forte del fango’, il commento dello scrittore. Secondo gli editori dei quotidiani Cronache di Napoli e Corriere di Caserta, Saviano avrebbe usato per ‘Gomorra’ parti di loro articoli. Il Tribunale ha invece condannato gli stessi editori per aver copiato articoli che lo scrittore aveva pubblicato su altri quotidiani.
Ricostruiamo l’antefatto. Nell’autunno del 2006, il cronista napoletano Simone di Meo si rivolge a Mondadori per lamentare che Gomorra riporta il testo dell’accordo di pace di Scampia pubblicato da “Cronache di Napoli” senza citare per nome il quotidiano, né la sua firma dell’articolo. Per quanto il brano serva a denunciare come il giornale agisca da portavoce dei clan e quindi la citazione sembra più nuocere che giovare a chi l’ha scritto, la richiesta viene accolta da Saviano “in assenza di alcun obbligo al riguardo” – come stabilisce testualmente la sentenza – a partire dalla nona edizione di ottobre 2006.
Incredibili scuse a Dell’Utri
(«il Fatto Quotidiano», martedì 20 luglio 2010)
di Evelina Santangelo

«Chiedete scusa a Marcello dell’Utri». In questi termini si è pronunciato qualche giorno fa l’assessore alla cultura della provincia di Palermo contro la presa di distanza da Marcello Dell’Utri dei ragazzi di Giovane Italia Palermo, invitandoli al «silenzio e alla crescita», incurante delle accuse passate e presenti. D’altro canto, lo stesso senatore Dell’Utri non vede alcuna contraddizione nel rispondere proprio ai giovani del Pdl: «Borsellino e Falcone sono eroi, ma Mangano è un eroe per me». Pure il senatore Cuffaro, d’altronde, fece tappezzare la Sicilia con manifesti che dicevano: «La mafia fa schifo». Né i boss, in passato, hanno sottovalutato l’opportunità che qualche grosso commerciante siciliano si iscrivesse a un’associazione antiracket «per mescolare le carte». Ora, è proprio su questo modo disinvolto di «mescolare le carte» che vorrei riflettere in questi giorni dedicati alla memoria di chi i distinguo li faceva, eccome, fino al sacrificio della vita.
Trittico per Taiwan
di Massimo Rizzante
a Danilo Kiš
lascia perdere gli abissi,
e concentrati sul male dei singoli molluschi
le specie scompaiono l’individuo invece più di Cupido è anacronistico
tieni presente che per quanto pronunciate le tue scapole non sono ali
(anche se a volte le Muse zoppicano e frequentano uomini mortali)
vedi, siamo esposti alla morte come provette alla luce,
la lucidità conta solo se si è perduti
e, infine, tra «l’apparenza della pienezza e la pienezza»
esiste una differenza
che né Dio né la genetica saranno mai in grado di scoprire
Danilo Kiš (1935-1989) è stato l’ultimo scrittore jugoslavo. Nato a Subotica (al confine con l’Ungheria), è morto a Parigi. Il padre era un ebreo ungherese, mentre la madre, di religione ortodossa, era originaria del Montenegro. Trascorse l’infanzia a Novi Sad (Voivodina, Serbia) fino al 1942, quando la sua famiglia, a causa del massacro degli Ebrei e dei Serbi da parte dei fascisti tedeschi e ungheresi, è costretta a fuggire.
Chi ha paura delle formule #2
di Antonio Sparzani
(l’immagine mostra le terzine con le quali il bresciano Niccolò Fontana detto il Tartaglia forniva al pavese Girolamo Cardano una chiave per la formula risolutiva dell’equazione di terzo grado: la vicenda è raccontata qui, con gusto e dovizia di particolari)
Dunque la letteratura, si concludeva nella prima puntata, prende talvolta le formule con quel giusto quanto di leggerezza.
Ma non tutti. Un esempio estremo e assai illustre è rappresentato dal grande comparatista George Steiner, che così scriveva nel 1998:
Quelli di noi che sono costretti dalla loro ignoranza delle scienze esatte ad immaginarsi l’universo attraverso un velo di linguaggio non-matematico abitano in un mondo di favola. I veri fatti in questione – il continuum spazio-temporale della relatività, la struttura atomica di tutta la materia, lo stato onda-particella dell’energia – non sono più accessibili mediante la parola. Non è paradossale affermare che per aspetti essenziali la realtà ora comincia fuori dal linguaggio verbale. I matematici lo sanno. “La matematica” dice Andreas Speiser [illustre matematico e filosofo svizzero della prima meta del ‘900, n.d.r.] “con la sua costruzione geometrica e più tardi puramente simbolica, si è scrollata via gli inceppi del linguaggio … e la matematica oggi è più efficace nel suo settore dell’ambito intellettuale di quanto non lo siano, nei loro rispettivi settori, le lingue moderne nello stato deplorevole in cui si trovano, o financo la musica.”
Pochi umanisti sono oggi coscienti della portata e della natura di questo grande cambiamento… (Language and silence, Yale Univ. Press, New Haven and London, 1998, p. 17.)
Da parte mia non sono affatto d’accordo con questa affermazione così drastica e generale,
posso essere il tuo schiavo?
di Flavia Piccinni
Oggi fa caldo, Roma è di catrame e tutto si sta sciogliendo. L’appuntamento è alle tre davanti alla libreria. Il gelataio di Via San Micheletto ha chiuso, si è rotto il frigorifero e un torrente bianco, di crema e vaniglia, s’allunga sul marciapiede sudicio. Lo calpesto e le mie impronte si fanno zuccherine, mi vengono dietro mentre arranco in direzione di Quasi, dove abbiamo appuntamento.
CHRISTINA ROSSETTI
di Franco Buffoni
Uno dei più famosi quadri di Dante Gabriel Rossetti – Ecce Ancilla Domini (1849-50) – presenta un’immagine davvero inconsueta della Annunciazione. Sulla sinistra, di spalle e a figura intera, si erge un angelo efebico nell’atto di porgere un giglio alla Vergine. Sullo sfondo, al centro, presso il davanzale, la colomba e una tenda azzurra a contrastare il bianco del lettuccio in primo piano e la tunica della fanciulla accoccolata quasi contro la parete. Le sue ginocchia sono ripiegate sotto la veste nel tipico atteggiamento dell’adolescente pensosa: lo sguardo corrucciato, il volto un poco esangue dal profilo ben marcato, più virile – certo – di quello dell’angelo. E si indovina sottile e leggermente spigoloso quel corpo di fanciulla, il mento ripiegato sul petto scarno; tenue e volitiva al contempo, terrorizzata e attratta dal fiore emblema di parole che l’angelo le porge: spirituale e anche tanto concreta, familiare, sorella. La straordinarietà del quadro è data proprio dalla posizione dell’adolescente rannicchiata sul letto, ripiegata in difesa. Una posizione da sorella minore nella “camera delle ragazze”.
Shark Tale
Und der Haifisch, der hat Zähne
Und die trägt er im Gesicht
Und Macheath, der hat ein Messer
Doch das Messer sieht man nicht.
Su “I costruttori di vulcani” di Carlo Bordini
La inquieta e affascinante follia della parola
di Roberto Roversi
Nelle pagine di prefazione (o di introduzione) di Francesco Pontorno
è detto tutto ciò che si doveva dire, non c’è quindi bisogno di
completare o aggiungere nulla, nello specifico e per l’occasione.
Su queste pagine, posso semmai prendermi l’arbitrio, controllato, di
stendere una breve riflessione semplicemente da lettore; su questo
volume di Bordini che ha il merito e la forza (come è stato detto) di
srotolare problemi, emozioni, violenze utili e riflessive.
Proprio cosí.
Denso fino all’orlo, induce a questa disposizione problematica e alle
piú specifiche considerazioni, entrando nel merito.
La rivolta delle carriole
di Riccardo Pensa
Quando, da molto vicino, ho visto le transenne della zona rossa de L’Aquila aprirsi di botto, mosse dalla pressione della folla che si riversava nell’area interdetta, ho provato anche io, lucchese, un forte senso di riappropriazione.
Material guys
di Mauro Baldrati
Di grande, di rivoluzionario non c’è che il minore. Odiare ogni letteratura di padroni.
Deleuze Guattari, Kafka
E se esistesse veramente?
Se esistesse un gruppo di scrittori – senza identità collettiva per ora – o per sempre – che utilizzando i codici e gli stili del genere noir produce una visione del mondo dove alcune tendenze vengono portate al limite di rottura e la realtà che ci sta intorno esplode in tutta la sua violenza, la sua follia inspiegabile e incontenibile?
La violenza è intorno a noi, passa ogni giorno sugli schermi televisivi, sporca, corrotta, distruttiva, ma viene amministrata come “simbolo”, il simbolo del male che è altrove, in terre lontane devastate dalla miseria e dalla barbarie, terre che diventano il simbolo stesso della miseria e della barbarie, e quindi non ci riguardano in fondo, perché noi spettatori/pubblico non ci sentiamo dei simboli, ma persone in carne e ossa.
biocarcerazione epatica (ceb-ctf: la vergogna dell’attesa)
di Fabio Rocco Oliva
“un cervello morto essendo un corpo morto e un punto di partenza”
Il filo spinato e sotto il muro e sotto ancora l’asfalto del cortile e la guancia sinistra di Nunziata schiacciata all’asfalto:
– Visplane karistoghi Visplane efteroghi –
Urla : la guancia sinistra di Nunziata attaccata all’asfalto sotto un pezzo di muro bianco sotto il filo spinato e più in alto le finestre e le case e le voci della gente del quartiere atterrita poi scivolare per le scale e piedi e grida spingendosi e spalancandosi le porte – turiamicu, riuzut testeru, turiamicu – le urla, e nel traffico tra le automobili e gas, l’ambulanza è nel cortile perché la barella tra la gente è facce e poi asfalto a piccole pietre e tutti in cerchio senza toccare lei, Nunziata, telefonando agli altri e poi sporgendo gli occhi verso lei – riuzit remut andur, remut riuzit andur – urla strazianti e feroci frastuonare venendo iniettate gocce di valium che distendere i muscoli spastici e infilata nell’utero dell’ambulanza con sirena ad orgasmo e Carmela Blundo seduta di fianco a lei che è distesa sulla barella – Nunziata : fissare l’infermiere e Carmela Blundo che saltando nell’ambulanza per starle vicino con gli occhi di tutte addosso (l’invidia dell’aiuto): lei è gialla, d’un giallo mucoso e ha la pancia gonfia distesa sulla barella.
Xinjiang. La Nuova Frontiera un anno dopo
Il 5 luglio dell’anno scorso gli scontri tra uiguri, musulmani di origine turca, e cinesi han nella regione del Xinjiang fecero 197 morti secondo la versione ufficiale, e 1700 feriti. Nell’anniversario degli scontri China Files, progetto di informazione diretto per la versione italiana da Simone Pieranni, invita alla riflessione intorno a quanto accaduto un anno fa in Xinjiang: l’intenzione è quella di dotare i lettori di strumenti per elaborare una propria opinione sui fatti, senza cadere in facili visioni in bianco e nero. Attraverso questi articoli si cerca di offrire spunti a chi volesse approfondire l’argomento, provando a dare l’idea della complessità di quanto accade in terra cinese. Fotografia di Alessandro Vecchi
Alfabeta2 a Bologna giovedì 22 luglio
Per un intervento culturale in un paese allo sfascio
Presentazione del primo numero della rivista Alfabeta2
Giovedì 22 luglio, ore 21.30
Librerie.coop Ambasciatori
Via Orefici 19 – 40124 Bologna (mappa e indicazioni)
Intervengono: Nanni Balestrini, Andrea Cortellessa, Paolo Fabbri, Andrea Inglese e Niva Lorenzini
Editoriale della rivista Alfabeta2, progetto del sito della rivista









