Di Franco Buffoni
Perché è necessario coniugare la riflessione sull’omosessualità a quelle sulla laicità e sulla diffusione della cultura scientifica? L’obiettivo è l’affrancamento dal retaggio abramitico. Quel retaggio in virtù del quale si ritiene che un “creatore” abbia voluto generi e specie così come sono, immutabilmente: l’ordine del “creato”. Con conseguente fioritura del pregiudizio anti-omosessuale (praticamente assente nel mondo greco-latino) e descrizione degli omosessuali come coloro che ostacolano la “volontà divina”.
Questo assunto – che ho cercato di sciogliere in alcuni post apparsi su Nazione Indiana negli ultimi due anni – e che in tempi brevi spero di riuscire a tradurre in volume, mi è parso ancor più necessario lo scorso 3 luglio. Mentre nella ormai completamente laicizzata Londra un milione di persone sfilava in festa commemorando il primo Gay Pride di quarant’anni fa, a Roma alcune migliaia di persone erano costrette a sfilare accanto a uno striscione affisso da una associazione cattolica – fortemente protetta dalle gerarchie vaticane e sovvenzionata coi proventi dell’8 per mille – che definiva i diritti civili reclamati dagli omosessuali come “diritti alla perversione”.
Nulla di nuovo, mi si può replicare. Gli autori dello striscione sono in linea col Parlamento italiano che boccia la proposta di legge Concia contro l’omofobia e disattende sistematicamente l’art. 13 del Trattato di Amsterdam che condanna “i commenti discriminatori formulati da dirigenti politici e religiosi nei confronti degli omosessuali”. Ovvio che – se l’Italia si comportasse da paese civile e la legge contro l’omofobia fosse approvata – gli appartenenti a tali organizzazioni e i loro ispiratori e mandanti diretti e indiretti sarebbero immediatamente passibili di sanzioni.



Corrado Benigni dialoga con Davide Ferrario






