di Antonio Sparzani
Intervista a Luca Camurri, autore di Le parole testuali, Festuca editore, Sesto San Giovanni 2007, € 8.00.
Antonio: caro Luca, ho letto il tuo Le parole testuali e ne ho riportato impressioni diverse, e in vari casi molto buone. Mi piacerebbe, se sei d’accordo, parlarne qui in pubblico per condividere con altri pareri e impressioni. Una delle prime cose che mi ha colpito è la tua capacità di cogliere l’attimo di un cambiamento, di una vertigine, di una comprensione improvvisa; l’eureka di una sensazione, di un sentimento. Cosa puoi dirmi di questo? Quando scrivi, è per l’impulso improvviso di fermare un’emozione o invece una meditata elaborazione?
Luca: nella mia scrittura poetica ‒ con l’eccezione di Il Libro dì Debora, la mia terza opera, che era veramente “monotematica” ‒ non c’è mai una “meditata elaborazione”. La stessa brevità dei testi penso riproduca abbastanza fedelmente l’illuminazione, la scheggia improvvisa, il tuffo a ritroso nel tempo.
In seguito, a distanza di giorni e di mesi, rivedo e modifico spesso i testi; ma lascio di proposito una parola più desueta o magari più “stonata” delle altre, che ai miei occhi è quella che più di altre “fa luce” sulle dinamiche dell’inconscio. Non nego l’importanza del labor limae, ma credo fermamente che i frutti dell’ispirazione vadano preservati, per evitare di ridurre la poesia a una fredda e sterile attività “a tavolino”, basata solo sul raziocinio e sull’esercizio stilistico e formale.




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di Alessandro Raveggi



