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carta st[r]amp[al]ata n.13

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di Fabrizio Tonello

La polemica sul celibato dei preti, riattizzata dai casi di pedofilia nel clero cattolico esplosi nelle ultime settimane, ha permesso al Mohammed Ali delle profezie, al secolo l’italiano Antonio Socci, di regolare i conti con Hans Küng, il teologo ribelle che si era permesso di criticare papa Ratzinger in un articolo su Repubblica. Cosa aveva scritto Küng? “L’obbligo del celibato non è una verità di fede ma solo una norma ecclesiastica che risale all’XI secolo”.

“E’ un errore!” tuona il devoto Socci su Libero del 19 marzo, indignato che si dia spazio per l’ennesima volta alla “prevedibile e noiosa invettiva”del teologo tedesco. Fortunatamente c’è un libro dove “si dimostra che è vero il contrario”. Saranno i Vangeli? O l’agostiniana Città di Dio? Forse la Summa Theologica? Purtroppo no, il libro di Georg Denzler e Carl Andresen citato da Socci come pezza d’appoggio si intitola Wörterbuch Kirchengeschichte e si compra su Amazon-Deutschland per 3,06 euro (vedi qui).

L’amore, un’estate

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di Gianni Biondillo

William Trevor, L’amore, un’estate, trad. Laura Pignatta, Guanda editore, 2009, 217 pag.

Il rapporto conflittuale che ha un autore con la lingua con la quale scrive si fa ancora più complesso quando la lingua che usa è quella che gli è stata imposta dalla Storia. Però spesso tutto ciò può diventare una ricchezza per un artista. Le condizioni di margine, rispetto a un centro coloniale, si stratificano arricchendo il codice linguistico, creando di conseguenza nuove profondità. Questo spiega, per me, il perché la letteratura irlandese ha saputo dare così tanto alla lingua inglese. Nel mondo anglosassone Willian Trevor è considerato uno dei più grandi autori viventi. Eppure, leggendo L’amore, un’estate, ci si chiede: dove sta il fascino delle sue narrazioni?

I cuori infranti di Rosetta Loy

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di Chiara Valerio

Sui destini degli individui, la letteratura ha pretese assai più potenti dell’esperienza stessa. Esercita un’azione esaltante ma spietata. (…) A confronto con la letteratura, la realtà empirica, ingiuriata per millenni dai poeti, è capace persino di mostrarsi costante, clemente, cordiale. (L. Koch, Abitare fra gli archetipi). Cuori infranti di Rosetta Loy (nottetempo, 2010) è un distico di favole nere, in cui l’amore vince su ogni altra cosa e nel quale ogni altra cosa è la vita degli altri. Un libro che vanta e ottiene pretese sugli accadimenti, sui gesti, sulle esitazioni. Racconta due delitti della nostra storia recente quasi fossero fiabe per la notte, la strage di Erba e il delitto di Novi Ligure.

Nagasaki

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di Marco Belpoliti

[il 29 di questo mese esce, per i tipi di Guanda, il nuovo libro di Marco Belpoliti, del quale ci aveva già anticipato un testo circa un anno fa, qui. Oggi ci regala un altro capitolo in anteprima. G.B.]

La città della bomba atomica per antonomasia è Hiroshima. Di Nagasaki, la sua sventurata gemella, se ne parla molto meno, forse perché rare sono le testimonianze del suo annientamento.
Alle ore 11.02 del 9 agosto 1945, tre giorni dopo la distruzione di Hiroshima, un aeroplano americano sgancia su Nagasaki una bomba due volte più potente della precedente. L’ordigno è in realtà destinato a un’altra città, Kokura, ma le condizioni meteorologiche conducono l’aeroplano con la bomba su un bersaglio alternativo. Arriva su Nagasaki in tarda mattinata, ma anche qui ci sono nuvole troppo spesse: non si vede niente. L’equipaggio sta per rinunciare, per tornare indietro, dato che il carburante scarseggia, poi, all’improvviso, il cielo si apre. Una schiarita che quel giorno deve aver rallegrato gli abitanti della sfortunata città . I piloti inquadrano le case sotto di loro e sganciano.
Lo scoppio avviene a un’altezza di 500 metri dal suolo. L’area colpita è vasta 7 chilometri quadrati, e nel suo epicentro si sviluppa un vento esplosivo della velocità di 440 metri al secondo, che trascina ogni cosa o persona. Resta in piedi solo il torii del santuario di Sanno, il portale sacro scintoista, disposto parallelamente alla direzione da cui proviene l’onda d’urto, che anticipa l’esplosione vera e propria.

mi cercarono l’anima a forza di botte

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di Saverio Fattori

Non mi uccise la morte, ma due guardie bigotte, mi cercarono l’anima a forza di botte. In molte città italiane vennero affissi cartelli con queste parole. Le parole di De André accompagnano la fine di Stefano Cucchi, arrestato al Parco degli acquedotti di Roma il 15 ottobre del 2009 per venti grammi di hashish e mai più reso alla famiglia. E mai titolo poté essere così folgorante. Stefano Cucchi assassinato dallo Stato. Il cartello chiudeva con questa frase.

Ora anche basta però

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via Metilparaben, via Don Zauker. edit: crediti completi nella pagina originale del video.

LE OMERTA’ VATICANE

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di Franco Buffoni

Scriveva Gaetano Salvemini: “Tutti in Italia sembrano aver dimenticato che la libertà non è la mia libertà ma è la libertà di chi non la pensa come me. Un clericale non capirà mai questo punto né in Italia né in nessun altro paese del mondo. Un clericale non arriverà mai a capire la distinzione fra peccato, quello che lui crede peccato, e delitto, quello che la legge secolare ha il compito di condannare come delitto. Il clericale punisce il peccato come fosse delitto e perdona il delitto come se fosse peccato. Perciò è necessario tener lontano i clericali dai governi dei paesi civili”.
Credo che mai come oggi, per comprendere il senso profondo dello scontro in atto tra chiesa cattolica e modernità, queste parole meritino di essere meditate. Che cosa significa perdonare il delitto come se fosse peccato? Significa che sul sacramento della confessione – detto anche della “penitenza” o della “riconciliazione” – il cattolicesimo post tridentino ha costruito i fondamenti di quel potere che oggi il mondo moderno disconosce: il potere che concede l’assoluzione al delitto in presenza di “vero pentimento”.

Missione Cernobbio

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di Mauro Baldrati

Il taxi procede in colonna, a passo d’uomo, verso l’ingresso. Il vialetto è presidiato dalle guardie, probabilmente carabinieri in borghese, che controllano i documenti.
Siamo quasi arrivati al posto di blocco. Non vedo perquisizioni, o passeggeri fatti scendere dai taxi o dalle berline scure. I controlli devono essere discreti, e rispettosi. La sicurezza va garantita, ma si tratta pur sempre di persone importanti. E le persone importanti hanno questa caratteristica: pretendono la sicurezza ma odiano essere importunate.
Quando arriva il nostro turno una guardia si abbassa per guardare nell’abitacolo. Dice “buon giorno”, cui rispondo educatamente, rilassato, come sempre. La mia identità è sicura, è stata analizzata a lungo, e sottoposta a verifiche. Io sono Gunther Meyer, dottore commercialista residente a Milano, invitato a un convegno internazionale all’hotel Villa d’Este di Cernobbio. La guardia mi chiede la carta d’identità, che ho già preparato. Gliela porgo. Lui la studia brevemente, controlla sulla lista degli invitati. Il mio nominativo è presente, è regolare. Sono uno dei tanti professionisti che gli ordini invitano ogni anno a questo convegno internazionale di personalità dell’economia e della politica. Qui, mi ha detto il dottor Mustafà, il mio intermediario, ci sono industriali potenti, ministri, che discutono del futuro dell’economia globale.

Tre referendum per l’acqua pubblica

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Il 24 Aprile parte in tutta Italia la raccolta firme.

Il Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua, costituito da centinaia di comitati territoriali che si oppongono alla privatizzazione, insieme a numerose realtà sociali e culturali ha deciso di promuovere 3 quesiti referendari, depositati presso la Corte di Cassazione di Roma mercoledì 31 marzo 2010. Sosterranno tale iniziativa anche diverse forze politiche.

Po(pò) Polar- Raymond Queneau e Rita Pavone

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Intervista
traduzione di effeffe
Pierre Dumayet : C’è una grande distanza tra quello che si chiama generalmente linguaggio poetico e il suo, provo a fare un timido esempio, con questo suo poemetto, Ho proprio rischiato di annegare nel Mar Mediterraneo, e che ora leggerò:

“Le ciel qui couvait des colères sanglantes
commençait à remuer ses sommets et ses pentes
je restais emmerdé sans pouvoir revenir”

Pierre Dumayet : Lei ha la pretesa di essere assolutamente “classico”
Raymond Queneau : Cosa c’è di non classico qui dentro?
Pierre Dumayet: Le ponevo una domanda…
Raymond Queneau : Non capisco, perché non dovrebbe esserci del classico… certo una parola così, ma ce ne sono in tutta la poesia francese, di sicuro non nei manuali di liceo…
Pierre Dumayet : Ecco, è proprio questo, come mi diceva prima della differenza che c’è tra la poesia che si conosce attraverso i manuali e quella che lei considera della vera poesia da sempre esistita…
Raymond Queneau :Ah non credo di fare della poesia che si possa insegnare a scuola, ma c’è tutto un campo della poesia che è messo un po’ ai margini e che talvolta si perde, non si trova nei manuali, come una parte della poesia greca…

Curriculum vitae

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di Gabriel Ferrater

Gabriel Ferrater (Reus, 1922-San Cugat, 1972) non è solo il più importante poeta catalano della seconda metà del XX secolo, ma uno dei più grandi poeti europei del suo tempo. Traduttore, linguista e poliglotta, critico letterario e critico d’arte, Ferrater, giunse relativamente tardi alla poesia; pubblicò la sua intera opera in versi nel giro di pochissimi anni, tra il 1960 e il 1968. Di un’intelligenza folgorante e di una personalità allo stesso tempo anarchica e disciplinata, tenera e narcisistica, spirito antiromantico, amante della poesia medievale (Ausiàs March) e di Shakespeare, fondò la sua poetica sul dato autobiografico e la radiografia storica, sul desiderio, l’amore, il sesso, la memoria e l’oblio. Aveva sempre detto che è immorale oltrepassare i cinquant’anni. E mantenne fede alla parola, suicidandosi il 27 aprile del 1972 nel suo appartamento di San Cugat del Vallès. Un atto, quindi, tutt’altro che disperato, quanto piuttosto morale, di una moralità priva di ogni lusso contemplativo. Un po’ come la sua poesia che, come lui stesso ha affermato, deve sempre «essere chiara, sensata, lucida e appassionata», attenta al movimento degli uomini e delle donne, capace di elevare al massimo grado l’energia emotiva della lingua, senza per questo corrompere con un eccesso di partecipazione il centro dell’immaginazione.

Pensieri di mortali

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di Gherardo Bortolotti

da “Wunderkammer”

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di Michele Zaffarano

ovvero

come ho imparato a leggere

Se colui che ti parla in modo incomprensibile non sta producendo sintomi di malattia come la tosse o il vomito, ma ti sta parlando o comunicando qualcosa, allora tu lo sleghi.

Sergio Piro

Ci sono delle cose – anche le più astratte o spirituali – che si vivono solo attraverso il corpo. Vissute attraverso un altro corpo non sono più le stesse.

Pier Paolo Pasolini

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Le cose che cambiano e nulla è cambiato. Centinaia di fascine arrossiranno sulle tegole, i mattoni arrossiranno sotto gli occhi di un padrone morente, il fuoco che brilla ancora in gola, ed è un rito lontano, che porta lontano. E bruciano le trame sottili, l’argilla sul fondo del mare, e il tufo che aspetta, che sonda un piccolo sospetto, come il crisocione, il cane dorato, che non vive in branchi. Si va da lavori complessi con i nastri e con il sughero, alla cera d’api, ai vasi. Macerare i fiori per un paio d’ore, chiudere la pomata e gli oli essenziali per qualche giorno, dopo qualche giorno rimangono gli oli, l’elicriso, della famiglia delle Asteraceae, l’anice stellato, il cardamomo, la cannella, l’incenso, poi il fissante, la radice di giaggiolo, e, finalmente, dopo tanti lavori, ai bambini si mostra un amaro sapore. Varrà questa pena, le pene de lo inferno, che più s’impregna e che più lo s’indurisce. Ovvero le valli felici, se le ultime vicende avete seguito.

Cattolicesimo e pedofilia

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Comunicato
In questi giorni in cui si sta tentando di nascondere la verità sugli abusi perpetrati ai danni di minori innocenti, evocando assurdi parallelismi tra omosessualità e pedofilia, Arcigay, ArciLesbica, AGEDO, Famiglie Arcobaleno, Circolo Mario Mieli, MIT, Certi Diritti, Dì Gay Project lanciano un appello ai cittadini e alle associazioni per una manifestazione contro la pedofilia e in sostegno delle vittime per sabato 24 aprile a Roma in Piazza Santi Apostoli alle ore 16.30.
Distorcere la questione della pedofilia, come ha fatto il Segretario di Stato Vaticano Tarcisio Bertone, porta a scaricare su altri innocenti le gravi accuse che da tutto il mondo piovono sulle gerarchie vaticane. La questione non è identificare o meno l’orientamento sessuale del pedofilo, ma perseguire con fermezza chiunque si macchi di tali abusi, soprattutto se investito di responsabilità educative o spirituali.

Questioni di censura

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di Ethan Zuckerman

Il recente intervento del segretario di Stato Hillary Clinton sulla libertà di internet è un segno del forte interesse del Dipartimento di Stato Usa verso l’utilizzo di internet per promuovere riforme politiche in società chiuse ed autoritarie. E’ naturale che il Dipartimento di Stato guardi ai progetti di sistemi per eludere la censura su internet. Il New York Times segnala che un gruppo di senatori chiede al Segretario di utilizzare i fondi esistenti a sostegno dello sviluppo dei programmi per aggirare la censura, tra cui Tor, Psiphon e Freegate.

Ho passato buona parte degli ultimi due anni studiando i sistemi di elusione della censura su internet. Con i colleghi Hal Roberts e John Palfrey ho eseguito uno studio che mette a confronto i punti di forza e di debolezza dei diversi strumenti. Gran parte del nostro sforzo è finalizzato al coordinamento tra gli sviluppatori di questi strumenti e chi ha bisogno di questi strumenti per pubblicare contenuti sensibili.

Sono del tutto convinto che abbiamo bisogno di strumenti anticensura solidi, anonimi e di facile utilizzo. Ma credo anche che abbiamo bisogno di molto di più di semplici strumenti per aggirare la censura e temo che i tecnologi e i finanziatori si concentrino solo su questo aspetto della libertà su internet a scapito degli altri. Mi chiedo se stiamo studiando abbastanza le limitazioni fondamentali dei sistemi di elusione e se stiamo ragionando anche su cosa la libertà sul web possa fare per gli utenti in società non democratiche.

A questo proposito lancio una provocazione: Non possiamo eludere la censura su internet.

Roberto Saviano. Contraddizioni o libertà.

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Proponiamo alla riflessione e alla discussione dei lettori di NI il seguente testo di Wu Ming tratto da Wumingfoundation/Giap

Ricapitoliamo: Berlusconi attacca Gomorra. Lo aveva già fatto, ma stavolta é più esplicito.
Saviano giustamente fa notare che Berlusconié proprietario della casa editrice che pubblica il libro, e chiama in causa quest’ultima: “Si esprimano i dirigenti, i direttori, i capi-collana”.
Si esprime invece Marina Berlusconi, più in veste di figlia che di editrice.
Saviano commenta la lettera di Marina senza abbozzare, senza toni concilianti, anzi, chiamando in causa la Mondadori con maggiore perentorietà. Il messaggio é: “Voglio sentire chi in casa editrice ci sta per davvero, voglio sentire chi la Mondadori la manda avanti”.

La contraddizione si acuisce. Da autore Mondadori e autore di Gomorra, Saviano occupa una postazione strategica, e più di altri può chiamare al pettine certi nodi, nodi che riguardano anche noi.
Far venire i nodi al pettine é tanto un dovere civico e politico, quanto un compito specifico dello scrittore.

Pubblicando con Mondadori, Saviano ha generato conflitto. Conflitto non effimero, ma che opera in profondità. Comunque vada, é più di quanto abbia fatto l’opposizione.
Se Saviano fosse rimasto in una nicchia di ugual-pensanti, nel ghetto dei presunti “buoni”, non avrebbe acuito nessuna contraddizione, né generato alcun conflitto.

Stare simultaneamente “dentro” e “contro”, diceva l’operaismo degli anni Sessanta. “Dentro e contro” era la posizione, era dove piazzare il detonatore.

La responsabilità di Antonio Ricci (e di Nicola Lagioia)

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In seguito a un articolo di Nicola Lagioia uscito per «Il Fatto Quotidiano», in cui – ripetendo quanto scritto su «Nazione Indiana» a proposito della responsabilità dello scrittore – a un certo punto affermava:

Credo che un buon libro sia sempre contro il potere, visto che parla, per sua intima natura, una lingua antitetica rispetto a quella dominante, che oggi per intenderci è la lingua pubblicitaria, intesa ovviamente in senso lato (il linguaggio della politica per esempio è quasi sempre pubblicitario…) È per questo che ritengo che l’opera televisiva di uno come Antonio Ricci sia una fedele e magari anche inconsapevole espressione del fascismo del mondo dei consumi: usa lo stesso linguaggio. E chi se ne frega se lo fa per criticare Berlusconi o Brunetta: se usi la stessa lingua del tuo nemico dichiarato, sei già lui.

Antonio Ricci ha risposto sullo stesso giornale. È seguita la replica – sempre sul «Fatto» – di Lagioia.

Ecco qui lo scambio di lettere.

Raggia

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di Mirfet Piccolo

Alla Gentilissima Principessa Rosa.

Rosa, amore infinito, il dottore disse che potevo scriverti e io qua sto in prima persona presente nelle mie capacità. Questa non te la spettavi e infatti una sorpresa volevo farti che spero ti diverte. Ho deciso che ti scrivo pure in italiano anche se non è la lingua originaria ma tu questa imparasti alla scuola e con tua madre. Almeno ridi a me che ti fa bene assai. Come sai io fici solo tre classi pirchì prima avevo la terra e poi pirchì la cartiera ebbe me, ma io sono sempre tuo padre e tu figlia mia e io questo lo devo affermare e fare di conseguenza.
Rosa come stai? Ci manchi, a me a tua madre a tuo fratello Gabriele e a tutti quanti, anche a don Antonio che tutte le domeniche mi domanda che fai e che dici e quando torni. Io approfitto di questa giornata di partita che nessuno mi cerca e sto in pace concentrato, alla luce del fatto che non sono abbituato e abbisogno di tempo per pensare bene le parole così tu le capisci. Tua madre è andata a fare da mangiare alla tedesca altrimenti quella povera donna non si nutre mai, eppoi andava al cimitero maggiore a trovare zia Pina. Tuo fratello è in giro a lavorare sempre con gli ascensori, e alle volte penso che ci va su e giù e si bivi u cervello pi no pinsari a tia. A tua madre pure ci manchi ma ella non dice una parola pirchì ne ha così tante che si sono aggrovigliate dintra ‘u stomacu. Con questo voglio solo dirti la virità senza pretese, cioè che ti amiamo sempre e non fa niente per le cose successe. Tutto si sistema, parola di papà.

La responsabilità dell’autore: Biagio Cepollaro

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[Dopo gli interventi di Helena Janeczek e Andrea Inglese, abbiamo pensato di mettere a punto un questionario composto di 10 domande, e di mandarlo a un certo numero di autori, critici e addetti al mestiere. Dopo Erri De Luca, Luigi Bernardi, Michela Murgia, Giulio Mozzi, Emanule Trevi, Ferruccio Parazzoli, Claudio Piersanti, Franco Cordelli, Gherardo Bortolotti, Dario Voltolini, Tommaso Pincio, Alberto Abruzzese, Nicola Lagioia, Christian Raimo, Gianni Celati, Marcello Fois, Laura Pugno, ecco le risposte di Biagio Cepollaro.]

1)      Come giudichi in generale, come speditivo apprezzamento di massima, lo stato della nostra letteratura contemporanea (narrativa e/o poesia)? Concordi con quei critici, che denunciano la totale mancanza di vitalità del romanzo e della poesia nell’Italia contemporanea?

Cosa vuol dire ‘vitalità’ del romanzo o della poesia? Dovrei dire che la tv conosce  da anni in Italia grande vitalità? O che l’utilizzo del telefono è molto vitale in Italia? Vitalissimo in tal senso dovrei dire è Face Book…Tanta gente telefona, sta attaccata alla tv, tanta gente scrive e chatta e scrive, scrive poesie e romanzi, scrive di tutto…Ciò che è mortale per me per un altro è vitale. No, non credo sia un periodo vitale, qualunque cosa voglia dire quest’espressione, non per colpa degli scrittori e di ciò che si produce ma dell’orizzonte d’attesa che circonda  (o non circonda) le opere.

carta st[r]amp[al]ata n.12

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di Fabrizio Tonello

E’ commovente la sollecitudine mostrata dai giornali di regime nei confronti dei tre connazionali arrestati a Kabul e, fortunatamente, liberati domenica. Per esempio, Andrea Morigi scriveva su Libero del 15 aprile (p. 17) che “non c’è nessun altro, tranne il presidente del Consiglio, in grado di negoziare con successo la liberazione”dei tre operatori di Emergency, magari “dando garanzie che il carcere lo sconteranno in Italia, se saranno riconosciuti colpevoli di qualche reato”. Ecco, visto che il governo afgano li accusava soltanto di essere complici nell’uccisione dell’interprete del giornalista Daniele Mastrogiacomo, di appoggiare i talebani, di aver trasformato l’ospedale in una base di terroristi permettendo il deposito di armi da guerra e di complottare per assassinare il governatore della provincia Gulab Mangal, un bell’ergastolo (anzi, due o tre) non glielo avrebbe levato nessuno.

Basta apparire?

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Università degli studi di Bergamo

VIDEOCRACY
Basta apparire?

Giovedi 22 Aprile 2010

H 14.30/ 18.00
Sede universitaria di Via Pignolo 123, Aula 1.

Ore 14.30 ­ 15.30
Proiezione del film VIDEOCRACY (2009), in presenza dell’autore.

Ore 15.30 – 18.00
Tavola rotonda intorno a “Videocracy” e al tema del potere della televisione in Italia negli ultimi trent’anni.
con la partecipazione di Erik Gandini, regista di Videocracy,
Marco Belpoliti, Paola Gandolfi, Paolo Perticari, Angelo Signorelli.