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La forma perfetta del sasso

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di Andrea Cortellessa

Non è necessario essere un lirico arcaico nelle tavole di un grammatico; ancor oggi un singolo frammento può rappresentare, fulmineo e senza residui, l’intera opera di un poeta. Nell’incipit Verrà la morte e avrà i tuoi occhi si concentra tutto Pavese; e un discepolo di Pavese, Milo De Angelis, è tutto in questa cadenza di Millimetri: «In noi giungerà l’universo, / quel silenzio frontale dove eravamo / già stati». Mi sono venute in mente imperative, queste due steli verbali, leggendo ammirato l’opera (narrativa) terza di Laura Pugno. All’inizio mi avevano maldisposto, invece, le soglie del testo: la copertina rosa salmone, il titolo soprattutto. Pareva uno di quei titoli fàtici – emotivamente ricattatorî – cui ci ha abituato l’industria editoriale (a partire, diciamo, da Ti prendo e ti porto via di Ammaniti). Tanto più a rischio essendo la storia, questa, di una bambina gettata nel mondo brutto, sporco e cattivo. Lo si temeva sentimentale, un titolo come Quando verrai, come in certo mélo di Vincente Minnelli: in salsa rosa, appunto.

per sora nostra, morte corporale

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cristonero

Nell’ambito della manifestazione Portici di carta, a Torino, lo scrittore Ignace Audifac, sarà questo pomeriggio allo stand della Librairie Française Voyelles, per l’iniziativa Librai per un giorno. Ho tradotto per i lettori di Nazione Indiana un estratto del suo libro inchiesta scritto insieme a Serge Bilè , Et si Dieu n’aimait pas les noirs? ( Enquête sur le racisme aujourd’hui au Vatican), Pascal Galodé editeurs. Con la speranza che venga pubblicato in Italia. E ringrazio Beppe Sebaste che ieri mi ha aiutato a vendere nell’ordine: Mauriac, Cendrars, Giono, Breton… effeffe

Cosa pretende, mi disse allora il monaco con aria ancora più arcigna, è questa l’ora di entrare in una chiesa?…Lei ha tutta l’aria di essere un’avventuriera.
Sade, Justine ou les malheurs de la vertu

Intervista
a cura di Ignace Audifac e Serge Bilè

Grazie all’insistenza di un seminarista africano, una suora congolese è d’accordo, finalmente, per testimoniare, “affinché – ci spiega-, il mondo intero sappia dove conduca la miseria religiosa”. Membro di una congregazione romana, in contratto con una casa di cura per anziani, ha trentaquattro anni:

Da quanto tempo è a Roma?
Sono arrivata cinque anni fa. La congregazione aveva bisogno di religiose. Ha così contattato la mia diocesi e mi hanno fatta venire.

Ha un permesso di soggiorno?
Si, un permesso di soggiorno per religiosi, che mi è stato confiscato il primo giorno.

La politica di una donna declinata al maschile

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di Tina Nastasi

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L’8 settembre 1943, alle 19.42, l’allora Capo del Governo, maresciallo d’Italia Pietro Badoglio, dai microfoni dell’EIAR, annunciava l’entrata in vigore dell’armistizio di Cassibile firmato con gli anglo-americani il giorno 3 dello stesso mese. Così proclamava alla radio:
«Il governo italiano, riconosciuta l’impossibilità di continuare l’impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell’intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate anglo-americane.»

L’8 settembre 2009, Mariastella Gelmini si è arresa alle Indicazioni nazionali per il curriculum emanate dal precedente ministro Giuseppe Fioroni, in attesa di armonizzare tutte le norme regolamenti decreti e decretini, fiorite e fioriti negli ultimi cinque anni per arricchire la scuola di ostacoli e allenarla a superarli. Per rendere finalmente ragione di quel dettato costituzionale per cui la scuola deve sollevarli tutti (gli ostacoli) per chi è chiamato o chiamata a imparare e migliorarsi in essa.

Nel documento , la ministra dà prova di grande sagacia ed esperienza delle strategie didattiche e pedagogiche più avanzate:

“La mia casa si chiama Resistenza”

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Da Marmorera, pensando a Brassempouy

di Fabio Pusterla

per Sara, per i suoi
e per tutti noi

All’alba su fiumi e torrenti sale una nebbia strana
come un respiro d’acqua nel grigio dell’aria in attesa,
le ultime bestie di terra rimangono un attimo immobili
prima di retrocedere nei boschi e nelle tane,
celate dal fuoco del giorno, timorose, e intanto calano
le ali degli aironi sulle rocce, e le ruote dei falchi
muovono lente verso cime più impervie, nella luce:
questo ricordo, almeno, questo ti scrivo,
Signora priva di volto perduta nei tempi,
del mio fiume costretto a farsi lago.

Simmetria, che dolce parola 2

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dall’equilibrio delle forme al fringuello australiano
di Antonio Sparzani

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Perché mai l’idea di simmetria è stata ed è così importante nella conoscenza?
Non conosco risposta a una domanda così generale, provo però a percorrere qualche sentiero.

Forse la simmetria appaga di più l’occhio, o l’occhio della mente?
Forse configura situazioni più semplici, più comprensibili, più facili da memorizzare?
Per cercar di limitare drasticamente il campo d’indagine, piuttosto che rivolgermi alla fisica, il che sarebbe molto punitivo rispetto alla varietà e alla fantasia che la natura è in grado di esprimere su questo tema, fatemi citare anzitutto un passo del grande storico dell’arte viennese Ernst Gombrich:

Perché la simmetria viene percepita come statica, e l’asimmetria come instabile? Perché sentiamo che qualcosa di chiaro e ordinato esprime riposo, mentre ogni confusione esprime movimento?

si parla italiano

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Me ne stavo di sera su una panchina, in preda a forti dolori. Su un’altra di fronte a me presero posto due ragazze. Sembravano volersi dire qualcosa in confidenza, e si misero a bisbigliare. All’infuori di me non c’era nessuno nei paraggi, e io non avrei capito il loro italiano per quanto forte avessero parlato. Ebbene, di fronte a quel bisbigliare senza motivo in una lingua a me incomprensibile non potei sottrarmi alla sensazione che sulla parte dolorante mi si stendesse una benda fresca.
Walter Benjamin, Strada a senso unico, Torino Einaudi 2006, p 60

Post-illo
dedicato al mio amico bibliotecario Francesco e ai fratelli della libreria italiana Tour de Babel, Fortunato, Tella e Patrizia custodi a Parigi di bisbigli. effeffe

Toccare il fondo

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Ritorno nella Calabria profondissima, ossia la Locride

di Giuseppe Zucco

Da questo piccolo paese oltrepassato e venduto,
dominato da caste economiche e oligarchie incontrollabili
e criminali, condannato a questo ruolo servile e senza
speranza nell’imbuto della storia immobilizzata.
(Antonio Moresco)

Come sognare la Calabria sull’aereo di ritorno delle 21.25.
Ho sognato la Calabria tutto l’anno. L’ho sognata come si sognano le cose pure e perfette, senza lividi, senza sangue, un quadretto immaginario appeso al chiodo del distacco, della lontananza, di me stesso migrato dieci anni fa, non sapendo che ne sarebbe stato di me e del mio sangue.

Ogni cosa è sempre qualcos’altro

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foglie morte in autunno

di Chiara Valerio

Qual è l’uso di un relitto aereo, mi chiedo. Forse lo stesso di un corpo morto. E mi accorgo che nella loro concentrazione assorta i vigili del fuoco lavorano al più antico dei rituali della nostra era: la deposizione. Adagiare con cura pezzi dell’aereo di Ustica, amorevolmente ricomposti pezzo dopo pezzo come un collage, è pietà in atto. Beppe Sebaste ha nella penna qualcosa che sempre confina con la nostalgia, e alla nostalgia tende. La nostalgia è infatti per Sebaste una specie di madre patria narrativa. Manda avanti frammenti di memoria a colonizzarla, poi ci trasborda i personaggi e alla fine ci trasferisce le storie. È uno scrittore pieno di altrove. Da Lady Diana alle Panchine agli Oggetti smarriti e altre apparizioni (Laterza Contromano, 2009) non fa che muoversi in mezzo a escerti di vita passata, talvolta lacerti, saltare pozzanghere di vita potenziale, e seguire i sentieri delle vite perdute e ricomposte. E a raccoglierle.

uaar incontri

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UAAR Incontri

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Palestinesi, un popolo di troppo – Intervista a Jeff Halper (2)

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[La prima parte di questa intervista è apparsa qui]

a cura di Lorenzo Galbiati – traduzione di Daniela Filippin


Jeff Halper
, ebreo israeliano di origine statunitense (è nato nel Minnesota nel 1946), è urbanista e antropologo, e insegna all’Università Ben Gurion del Negev.
In Israele ha fondato nel 1997 l’ICAHD, Israeli Committee Against House Demolitions ( www.icahd.org ), associazione di persone che per vie legali e con la disobbedienza civile si oppongono alla demolizione delle case palestinesi, e che forniscono supporto economico e materiale per la loro ricostruzione.

Quali responsabilità ha l’Europa verso la condizione dei palestinesi di Gaza e l’attuale situazione politica che si è venuta a creare in Israele? Se non possiamo aspettarci molto in futuro dai nostri politici in relazione al raggiungimento di una soluzione pacifica, giusta e dignitosa per la questione israelo-palestinese, che cosa possiamo fare noi cittadini europei?

Halper: “Di seguito trovate dei commenti che ho fatto recentemente in Germania riguardo a questo argomento.”

Le verità elementari di Percival Everett

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di Marco Rovelli

Leggi “Ferito”, l’ultimo romanzo di Percival Everett, pubblicato ancora una volta da Nutrimenti, e resti sorpreso. Ti aspetti ancora un testo frammentario, disseminato, traversato da riflessioni linguistiche e filosofiche, da flussi torrenziali: un romanzo che si dice “sperimentale”, insomma. E invece, stavolta, una narrazione lineare, una storia che ti tiene passo passo, fino allo scioglimento atteso. Una storia, però, incatalogabile: c’è la frontiera del west, con un “rancher nero” protagonista, con cavalli e pick-up (del resto è la vita di Everett, questa, ché lui in un ranch ci ha vissuto davvero), ma non è un romanzo “western”; ci sono gli elementi classici per la costruzione di una storia “thrilling” – un omicidio che apre il racconto – ma non è un thriller, perché l’autore ti fa intuire che cosa sta per accadere, e tu lettore sai che cosa ti aspetta, ed è su altro che poni l’attenzione; il ragazzo ucciso è gay, e il romanzo, che prende spunto dall’omicidio di Matthew Shepard nel 1998, parla dell’odio per i “diversi” (“E’ un paesino normale. Quasi tutti bianchi. Gli indiani sono trattati di merda. Insomma, l’America”), ma non è – o almeno non è solo – un romanzo “sociale”. Forse il modo più fecondo di leggere questo libro è legarlo a quelli precedenti, per cogliere, contro l’apparente contrapposizione, una assoluta omogeneità sostanziale.

Ecco come la ‘ndrangheta ha ucciso la mia terra

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di Biagio Simonetta

Il mare di notte mi ha sempre fatto paura. Non sono mai riuscito a godermi l’ultimo bagno dell’estate, dopo i falò. Sorridevo e mi agitavo. Scalciavo nell’acqua contro chissà quale misterioso essere. Eppure stanotte il Tirreno ha qualcosa di magico. L’onda che si ritira e trascina i sassi pare un tenero abbraccio di donna. Una carezza.
Eccolo il mare dei veleni. L’ultimo cadavere steso dalla ‘ndrangheta. Vittima inconsapevole dei clan, incapace di difendersi, nonostante la sua forza, le sue correnti. Navi a perdere, fusti radioattivi, fanghi tossici, danaro. Business.

Videocracy – Intervista a Erik Gandini

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di Isabella Mattazzi

Che cosa è una “videocrazia”? Che cosa vuol dire subire, giorno dopo giorno, le conseguenze di un “esperimento televisivo” che dura da trent’anni? L’ultimo documentario di Erik Gandini non è soltanto una ricognizione sull’Italia berlusconiana e sulla società delle veline e dei reality show. Videocracy è soprattutto un lungometraggio sull’uso politico dei mezzi di comunicazione nella cultura di massa. È un prezioso documento sul potere senza pari che le immagini stanno assumendo nella nostra contemporaneità. Sulla loro forza persuasiva. Sulla loro capacità di sovrapporsi al mondo della realtà e di reinventarne la forma, di modificarne la struttura. Abbiamo chiesto a Erik Gandini di parlarne con noi all’interno di un più ampio dibattito sulla sua esperienza di film maker indipendente.

Qualche anno fa hai definito la “Storia” come un concetto in movimento, una sorta di agglomerato caotico di avvenimenti, luoghi, figure in forma continuamente mutevole.

La cosa è nata facendo il film su Guevara nel 2001 (Sacrificio. Who betrayed Che Guevara?, uscito in Italia per Rizzoli).

Art: 42 il bambino comunista dandy e il movimento

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inedita immagine del terribile Gagarin, ritratto da Natalie Corral

Quando il bambino comunista dandy si rende conto che è possibile andare da qui a lì, da sopra a sotto, a differenza di altri bambini, non si lascerà nemmeno per un attimo tentare dal movimento destra/sinistra. Il suo sarà infatti un moto perpetuo a sinistra, al pari dei granchi di Scauri (provincia di Latina) e a differenza di quelli di baia Domizia (provincia di Caserta), al di là del Garigliano. Il BCD perviene alla posizione eretta in tarda infanzia poiché gattona più del previsto per il solo desiderio di sporcarsi ed essere cambiato d’abito di frequente in modo da perpetuare sin da piccolo, la tradizione comunista dandy del presentarsi al mondo sotto vesti diverse.

Il girello del bambino comunista dandy
Per permettere al BCD di prendere familiarità con la terra vista dall’alto, si raccomanda l’uso di girelli rossi e resistenti modello armata rossa, e di piazzare per terra cartine di paesi che quasi istintivamente vorrà invadere, come per esempio la Svizzera tedesca, la Repubblica di San Marino, il Liechtenstein e Terra di lavoro. Sarà infatti proprio il desiderio di dominazione geopolitica dei territori a rischio a far muovere al nostro i primi passi, motivando il calpestio del suolo con il piétinement degli stati nemici. Qualora dovesse presentarsi una qualche difficoltà a procurarsi le suddette mappe si raccomanda in sostituzione la “stesa” di icone che siano particolarmente invise al BCD: poster di Big Jim, campagna pubblicitaria del Mulino Bianco, quella propagandistica della fiamma tricolore, una maglietta della Juve, una copia di Libero (update, il Giornale) o la casa di Barbie. Quest’ultima per la evidente omonimia con l’ufficiale della Gestapo nella Francia occupata, Klaus.

Registro dei fragili

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di Fabiano Alborghetti

Una madre uccide il figlio. Il fatto di cronaca diventa lo spunto per una ricerca sul campo minato della normalità: con 43 canti che procedono a ritmo incalzante, a tratti perfino ipnotico, Alborghetti segue le persone comuni nei vari non luoghi di una provincia qualsiasi, i supermarket, le palestre, i giardinetti, per spiarne le scelte, i dialoghi, i sogni e le catastrofi.

«Fabiano Alborghetti è andato a cercare in posti pericolosi e terribili, rischiando ancora una volta di smarrirsi. Invece ha saputo riemergere, e riportare a galla questo Registro dei fragili; sembrerà strano a dirsi, ma si tratta di un gesto di speranza, nonostante tutto, di un gesto d’amore».
dalla prefazione di Fabio Pusterla

le rire 5°: Marx nel senso di fratelli [ 2° ] : Antonin Artaud

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di Antonin Artaud
 
Les Frères Marx au Cinéma du Panthéon
Nouvelle Revue Française, 1 Janvier 1932

 
    Il primo film dei fratelli Marx che abbiamo visto qui: Animal Crackers, è apparso a me a tutti quelli che vi hanno assistito come una cosa straordinaria, come la liberazione per mezzo dello schermo di una particolare magia che i consueti rapporti fra parole e immagini di solito non svelano, e se esiste uno stato caratteristico, un distinto grado poetico della mente, che si può chiamare surrealismo, Animal Crackers vi partecipa interamente.
    Dire in che cosa questa specie di magia consista è difficile, è ad ogni modo qualcosa che non è specificamente cinematografico forse, ma che non appartiene nemmeno più al teatro e di cui solo certi poemi surrealisti riusciti, se ce ne fossero, potrebbero rendere l’idea. La qualità poetica di un film come Animal Crackers potrebbe corrispondere alla definizione dell’umorismo, se questa parola non avesse perso da molto tempo il suo senso di liberazione totale, di laceramento di tutta la realtà nella mente.

Quanto costa la crisi

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1euro di Severino Colombo

Un giornale, un caffè, un gratta e vinci, un pacchetto di gomme, mezzo litro di latte, un chilo di pasta (in promozione)… Mi vengono in mente cose così quando penso a cosa si può fare con un euro. Ma come mi dicono molti (ultimamente sempre più spesso), sono un ingenuo. E in effetti è davvero probabile che lo sia. Perché nonostante il lavoro che faccio, il giornalista, non avrei mai pensato che con un euro ci si potesse portare a casa un pezzo di multinazionale.

Ultra. Festival delle letterature, in effetti

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anteprima nazionale – Firenze

da mercoledì 23 a sabato 26 settembre 2009

BIBLOTECA DELLE OBLATE e TEATRO DELLA PERGOLA

Tredici!

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I. Chi intende procedere alla stesura di un’opera di vasto respiro si dia buon tempo e, al termine della fatica giornaliera, si conceda tutto ciò che non ne pregiudica la continuazione.
II. Parla di quanto hai già scritto, se vuoi, ma non farne lettura finché il lavoro è in corso. Ogni soddisfazione che in tal modo ti procurerai rallenterà il tuo ritmo. Seguendo questa regola, il desiderio crescente di comunicare diverrà alla fine uno stimolo al compimento.
III. Nelle condizioni di lavoro cerca di sottrarti alla mediocrità della vita quotidiana. Una mezza quiete accompagnata da rumori banali è degradante. Invece l’accompagnamento di uno studio pianistico o di uno strepito di voci può rivelarsi non meno significativo del silenzio tangibile della notte. Se questo affina l’orecchio interiore, quello diventa il banco di prova di una dizione la cui pienezza soffoca in sé persino i rumori discordanti.
IV. Evita strumenti di lavoro qualsiasi. Una pedante fedeltà a certi tipi di carta, a penne e inchiostri ti sarà utile. Non lusso, ma dovizia di codesti arnesi è indispensabile.
V. Non lasciarti sfuggire alcun pensiero, e tieni il tuo taccuino come le autorità tengono il registro dei forestieri.
VI. Rendi la tua penna sdegnosa verso l’ispirazione ed essa l’attirerà a sé con la forza del magnete. Quanto più lento sarai nel decidere di mettere per iscritto un’intuizione, tanto più matura essa ti si consegnerà. Il discorso conquista il pensiero, ma la scrittura lo domina.
VII. Non smettere mai di scrivere perché non ti viene più in mente nulla. E’ un imperativo dell’onore letterario interrompersi solo quando c’è da rispettare una scadenza (un pasto, un appuntamento) o quando l’opera è terminata.
VIII. Occupa una stasi dell’ispirazione con l’ordinata ricopiatura del già scritto. L’intuizione ne sarà risvegliata.
IX. Nulla dies sine linea: sì, però qualche settimana.
X. Non considerare mai perfetta un’opera che non t’abbia tenuto una volta a tavolino dalla sera fino a giorno fatto.
XI. La conclusione dell’opera non scriverla nel solito ambiente di lavoro. Non ne troveresti il coraggio.
XII. Gradi della composizione: pensiero, stile, scrittura. Il senso della bella copia è che in questa fase l’attenzione va ormai soltanto alla calligrafia. Il pensiero uccide l’ispirazione, lo stile vincola il pensiero, la scrittura ripaga lo stile.
XIII. L’opera è la maschera mortuaria dell’idea.

Walter Benjamin, La tecnica dello scrittore in tredici tesi
tratto da: Strada a senso unico (Einaudi, 1983)

Nanoconduttori

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di Marco Giovenale

le rire 4°: Marx nel senso di fratelli [ 1°]

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di Groucho Marx

 
Cari Fratelli Warner,

evidentemente ci sono molti modi di conquistare una città e di conservarne il dominio. Per esempio, quando questo film era ancora in fase di progetto non avevo idea che la città di Casablanca appartenesse esclusivamente alla Warner Brothers. E invece, solo pochi giorni dopo aver pubblicato il nostro annuncio, riceviamo la vostra lunga, ominosa missiva che ci intima di non usare il nome Casablanca. Sembra che nel 1471 Ferdinando Balboa Warner, il vostro bis-bis-bisavolo, mentre cercava una scorciatoia per la città di Burbank capitasse per caso sulle coste dell’Africa e, levando in aria il suo Alpenstock (barattato poi con un centinaio di acri di terra), battezzasse quel luogo Casablanca.
Non riesco proprio a capire il vostro comportamento. Anche se intendete rispolverare il vostro film, sono sicuro che col tempo lo spettatore medio imparerà a distinguere Ingrid Bergman da Harpo. Io non so se ci riuscirei ma di sicuro mi piacerebbe provarci.