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le rire 4°: Marx nel senso di fratelli [ 1°]

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di Groucho Marx

 
Cari Fratelli Warner,

evidentemente ci sono molti modi di conquistare una città e di conservarne il dominio. Per esempio, quando questo film era ancora in fase di progetto non avevo idea che la città di Casablanca appartenesse esclusivamente alla Warner Brothers. E invece, solo pochi giorni dopo aver pubblicato il nostro annuncio, riceviamo la vostra lunga, ominosa missiva che ci intima di non usare il nome Casablanca. Sembra che nel 1471 Ferdinando Balboa Warner, il vostro bis-bis-bisavolo, mentre cercava una scorciatoia per la città di Burbank capitasse per caso sulle coste dell’Africa e, levando in aria il suo Alpenstock (barattato poi con un centinaio di acri di terra), battezzasse quel luogo Casablanca.
Non riesco proprio a capire il vostro comportamento. Anche se intendete rispolverare il vostro film, sono sicuro che col tempo lo spettatore medio imparerà a distinguere Ingrid Bergman da Harpo. Io non so se ci riuscirei ma di sicuro mi piacerebbe provarci.

Jean-Jacques Viton a Pordenonelegge

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domenica 20 settembre ore 15:00
Palazzo Gregoris
Pordenone

Nell’ambito del festival pordenonelegge Jean-Jacques Viton incontra Nanni Balestrini. In occasione della prima antologia italiana Il commento definitivo. Poesie 1984-2008 (Metauro, 2009), i due autori discutono con il curatore e traduttore Andrea Inglese e il direttore della collana “Biblioteca di poesia” Massimo Rizzante.

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Jean-Jacques Viton (1933) attivo sin dagli anni Sessanta, si è imposto in Francia come uno dei poeti più originali e apprezzati, divenendo un punto di riferimento per le nuove generazioni. La sua scrittura è rivolta risolutamente alla realtà, ma non con l’intento di cercare in essa i “grandi significati” capaci di riscattare la caotica esistenza in cui siamo immersi. Viton predilige l’attraversamento burlesco e anarchico di eventi che si offrono senza gerarchie allo sguardo e alla memoria. Il testo poetico costituisce una sorta di perpetuo commento dell’esistenza, ma nella forma di una condensazione di elementi eterogenei, che fanno esplodere ogni figura familiare e riconoscibile. Un commento, dunque, “definitivo”, in quanto non avvia il gioco delle infinite spiegazioni, ma fissa una risposta in termini di ritmo e di immagini, immodificabile ed enigmatica come un’impronta, una traccia nella mente dell’urto del mondo.

Il Fauno da Mallarmé a Debussy e a Ungaretti

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di Antonio Sparzani

Fauno danzante - Età tolemaica
Fauno danzante - Età tolemaica

Je t’adore, fureur de femmes, ô délice
farouche de ce blanc fardeau nu qui se glisse
sous mes lèvres de feu fumant……

Mallarmé mi affascina perché è oscuro, non ho mai l’impressione di capirlo fino in fondo, ma ci torno continuamente (ad esempio qui, qui e qui).

Étienne Mallarmé detto Stéphane Mallarmé (Parigi 1842 – Valvins 1898) scrive a ventitrè anni, nel 1865, la prima versione del suo poema sul fauno, il Monologue d’un faune. Il suo maestro allora è Théodore de Banville e Mallarmé è convinto di riuscire, tramite i suoi buoni uffici, a far rappresentare il suo Monologue al Théâtre Français; questa operazione non riesce. Così scrive il nostro a Théodire Aubanel: «I versi del mio Fauno sono piaciuti immensamente ma Banville e Coquelin non vi hanno rinvenuto l’intreccio che il pubblico richiede e mi hanno assicurato che tutto questo non può interessare che i poeti. Abbandonerò dunque il mio soggetto in un cassetto per qualche mese per rifarlo più liberamente in seguito». Si dedica nel periodo successivo a Hérodiade, lungo poemetto che molto l’appassiona.

La storia successiva del Faune comprende una versione intermedia, l’Improvisation d’un Faune, e infine la versione definitiva del 1876, l’Après-midi d’un Faune, forse la più nota, la più curata, come quella nella quale il linguaggio è già stato in qualche modo sublimato, il simbolismo ha già la meglio sul parnassianesimo del primo Mallarmé.

Lo specchio delle brame

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di Chiara Valerio

Sui saggi non bisognerebbe mai dire niente. Bisognerebbe lasciarli piuttosto nel loro empireo a riflettere sulla pochezza del mondo. Anche quando i saggi sono libri, scatole cinesi. Saggi che contengono altri saggi. Una intera comunità di intellettuali. Una specie di Scuola di Atene. Adesso, la scuola di Atene in salsa pop, con echi postmoderni, e tutto un apparato linguistico che farebbe impallidire un Ministero alla propaganda, è disponibile in un libro da leggere più che da studiare Perché si occupa di cinema. Anzi di cinema contemporaneo. Quando La violenza allo specchio (Transeuropa, 2009) mi è capitato in mano, l’ho aperto con sommo sospetto e infinita voglia di passare ad altro. E se lo avessi fatto avrei sbagliato.

Ancora morti sul lavoro a Sud

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elmetto

Sergente maggiore Roberto Valente. Nato a Napoli nel 1972
Caporal maggiore Matteo Mureddu. Nato ad Oristano nel 1983
Tenente Andrea Fortunato. Nato a Lagonegro (Potenza) nel 1974
Primo Caporal Maggiore Davide Ricchiuto. Nato nel 1983 a Glarus (Svizzera) originario di Tiggiano, Salento.
Caporale maggiore scelto Massimiliano Randino. Nato a Pagani (Salerno) nel 1977,
Caporal maggiore Gian Domenico Pistonami. Nato ad Orvieto (Terni) nel 1983

L’ubicazione del bene

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l_ubicazione_del_bene di Gianni Biondillo

Giorgio Falco, L’ubicazione del bene, 141 pag., Einaudi, 2009

L’ubicazione del bene è un piccolo libro di racconti che va letto in apnea, cercando di uscirne senza sentirsi troppo frantumati dentro. Cortesforza è lo scenario dove si svolgono le storie narrate: immaginario e perciò più vero del vero. Un sobborgo come tanti che costellano le uscite della tangenziale milanese: un luogo che pare l’emulazione fallita dei sobborghi americani, un po’ Truman show, un po’ Desperate housewives.

Liberi di non credere

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di UAAR

Il 19 settembre a Roma avrà luogo LIBERI DI NON CREDERE, il primo meeting per un paese laico e civile. A partire dalle 15 si succederanno brevi interventi di soci UAAR e di testimoni di piccole e grandi battaglie laiche; faranno seguito gli interventi di Franco Grillini, Valerio Pocar, Laura Balbo, Carlo Flamigni e del segretario UAAR Raffaele Carcano. Saranno trasmessi videointerventi di Margherita Hack e Piergiorgio Odifreddi. In serata avrà luogo un concerto gratuito con la partecipazione di Paolo Ferrarini, Just for Jam, Banda Putiferio e Ratti della Sabina; inoltre poesie e i monologhi di Francesca Fornario. L’indomani, alle 9.30, una corona sarà deposta in occasione della cerimonia ufficiale presso la Breccia di Porta Pia in Corso Italia.

Il programma completo è stato pubblicato alla pagina www.uaar.it/uaar/meeting/2009/programma. Alla pagina www.uaar.it/uaar/19-settembre si potrà inoltre trovare la presentazione e le rivendicazioni del meeting, le adesioni raccolte, informazioni su come raggiungerlo e su dove pernottare, il banner e lo spot radiofonico attualmente in corso di diffusione su PopolareNetwork.

L’UAAR invita tutti i soci e i simpatizzanti ad aderire (adesioni19settembre@uaar.it), a partecipare e a diffondere la notizia. Vediamoci a Roma, piazzale Ankara, il 19 settembre. È un appuntamento importantissimo per la libertà e i diritti di noi tutti.

Miraggi (ovvero, contrappunti ironici) di Sicilia

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foto Totò Bongiorno
foto Totò Bongiorno

Carlo Levi: «L’uomo è uno e libero solo se non respinge da sé una parte di sé» (aprile 1960, «Convegno sulle condizioni di vita e di salute in zone arretrate delle Sicilia occidentale», organizzato da Danilo Dolci)

di Evelina Santangelo

«Gli alberi! ci sono gli alberi!». È questo il grido che si leva dalla prima carrozza quando, nel Gattopardo, il Principe di Salina con la famiglia sta per entrare nelle terre del suo feudo di Donnafugata. Un entusiasmo spropositato… Quegli «alberi» erano soltanto tre, «i più sbilenchi figli di Madre Natura» dirà subito dopo Tomasi di Lampedusa, tre creature stralunate che «si sbracciavano» in un paesaggio di «colline avvampanti di giallo sotto il sole», il paesaggio estivo di un paese che nella realtà si chiama Palma di Montechiaro, un pezzo di provincia agrigentina che per molti oggi è un miraggio appunto, «la terra! la terra!» cui approdare su barconi di fortuna salpati dalle coste nordafricane inseguendo un qualche sogno o fuggendo via da un qualche incubo. E «la terra!» verso cui annaspano centinaia di uomini donne bambini quando, come spesso accade, si ritrovano in balia delle onde, della salsedine e del sole, è proprio quella «terra arsa che alla fine di agosto aspetta invano la pioggia» di cui racconta Lampedusa, una terra che d’inverno, quando i più impavidi, o forse i più disperati, affrontano il mare grosso, ammanta colline e dirupi di un verde talmente fitto e selvaggio da ricordare l’Irlanda o certe scogliere a picco sul mare della Bretagna, con tanto di castello e torre d’avvistamento.

I Palestinesi, un popolo di troppo – Intervista a Jeff Halper (1)

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[Invito tutti coloro che s’interessano alla questione israelo-palestinese a leggersi senza pregiudizi questa intervista a Jeff Halper. A me sembra di una straordinaria lucidità e onestà intellettuale. Non solo ma, in mezzo a tanta anti-politica, apre delle reali prospettive politiche. A I]

a cura di Lorenzo Galbiati – traduzione di Daniela Filippin


Jeff Halper
, ebreo israeliano di origine statunitense (è nato nel Minnesota nel 1946), è urbanista e antropologo, e insegna all’Università Ben Gurion del Negev.
In Israele ha fondato nel 1997 l’ICAHD, Israeli Committee Against House Demolitions ( www.icahd.org ), associazione di persone che per vie legali e con la disobbedienza civile si oppongono alla demolizione delle case palestinesi, e che forniscono supporto economico e materiale per la loro ricostruzione. Per questa attività, e per il suo attivismo pacifista, Halper è stato arrestato dal governo israeliano una decina di volte, ed è ora considerato uno dei più autorevoli attivisti israeliani per la pace e i diritti civili.

In questi giorni Halper è in Italia per un giro di conferenze e per promuovere il suo libro “Ostacoli alla pace”, Edizioni “una città”. Il programma delle sue conferenze è consultabile su: www.unacitta.it .

SIT IN

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SIT IN GIOVEDI’ 17 SETTEMBRE ORE 19
Consolato generale di Spagna a Milano
piazza Cavour sotto il palazzo della stampa.

Le Associazioni lesbiche, gay, bisessuali e transgender della Lombardia desiderano reagire al crescente clima di omofobia che si respira nel nostro paese.

Per questo Giovedì 17 Settembre alle ore 19.00 saremo vicino al Consolato spagnolo di Milano in piazza Cavuour per chiedere a quella nazione asilo politico per un giorno.

Non desideriamo fuggire da una nazione che sentiamo pienamente nostra, ma rompere quel muro di silenzio e di colpevole omertà con cui la classe politica ha risposto in questi anni alle nostre molteplici sollecitazioni.

Chiederemo ad una nazione civile come la Spagna, che ha saputo riconoscere piena cittadinanza alle persone e alle coppie lesbiche, gay e transgender, di portare la nostra voce in Europa.

La tutela della nostra integrità fisica, la dignità dei nostri amori e la realtà delle nostre famiglie necessitano di risposte legislative concrete, in grado di collocare l’Italia fra le nazioni che già hanno raggiunto quel livello di civiltà e diritto capace di sconfiggere definitivamente il pregiudizio omofobico.

Le Associazioni LGBT della Lombardia

Autismi 11 – Mia sorella

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di Giacomo Sartori

dubuffet.goddessMia sorella con l’età si è completamente inacidita. Raggrinzita e inacidita. Come certi frutti si accartocciano su se stessi prima di raggiungere la dolcezza e la pienezza della maturità. Si direbbe che qualcosa nella normale evoluzione fisica e psicologica legata all’età sia andato storto. Una qualche degenerazione biochimica dovuta a un morbo ancora sconosciuto, un subdolo deterioramento del sistema nervoso che ha finito per prendere anche il cervello, ripercuotendosi sul carattere, qualcosa del genere. Ma la cosa forse che è diventata più fastidiosa è la voce: nasale, inquisitoria, implacabile. Ogni sua frase è una nuova doccia gelata.

En coup de vent

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Era, se ben ricordo, la primavera del 1981. Accogliendo l’invito dell’ assessorato alla Cultura del comune della mia città, Paolo Volponi era venuto per un duplice incontro con gli studenti delle medie superiori, che si svolse la mattina nell’aula magna del Liceo Classico, il pomeriggio nel grande auditorium dell’istituto tecnico per geometri. La sera, a cena, assieme agli organizzatori del ciclo di incontri inaugurato alcune settimane prima da Franco Fortini, si conversava a ruota libera. A un certo punto Volponi , per definire il sicuro insuccesso e insieme il velleitarismo di certa azione politica ipotizzata in quella conversazione, emise il seguente verdetto. E’ come istigare il vento. L’espressione mi piacque e me l’annotai.
Tempo dopo ritrovai quell’appunto e l’icasticità dell’immagine si trasformò in condotta per l’azione (utopica)

Roberto Bugliani

Istigare il vento
questo vento che nella sera s’attarda
e s’arresta incerto su altane e coppi
se dar di testa o planare lieve
dai tetti delle ville, dagli apici dei pini
involgendo misericordioso le loro diplomazie di menzogne.

Il Minottino: un manuale di sopravvivenza giuridica in rete

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Con oltre un anno di ritardo (da maggio 2008) segnalo un testo ancora importante nonostante le nuove leggi sulla rete varate nel frattempo – Jan Reister

Daniele Minotti è un avvocato che si occupa di diritto penale dell’informatica e che sul suo blog commenta i fatti italiani di diritto e web. Ora ha scritto un piccolo compendio di problemi giuridici ad uso di chi giurista non è, ma vive quotidianamente la rete scrivendo su blog, forum e altri canali.

Il Minottino – manuale di sopravvivenza giuridica ad uso del blogger è un testo divulgativo per chi scrive in rete e vuole orientarsi tra i problemi più comuni che si incontrano (responsabilità, copyright, diffamazione, pubblicità – solo per citarne alcuni): lo fa senza dare delle risposte pronte all’uso, ma permettendo al lettore di riflettere e farsi un’opinione operativa, offrendo i punti di riferimento e le fonti necessarie.

Dopo aver letto il Minottino vi capiterà di aggiornare le note legali del vostro blog (come abbiamo fatto qui) e magari parlarne ai vostri amici e lettori; ma la cosa più importante da fare è passarlo ai vostri amici magistrati, avvocati, periti e funzionari di polizia perché troveranno interessantissimo l’apparato di fonti e soprattutto la lista di siti e blog giuridici che Daniele Minotti segnala a fine libro.

Il testo è liberamente scaricabile come pdf dal suo editore, Simplicissimus Book Farm.

Piero Sansonetti a Porta a Porta

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di Davide Nota

Caro Direttore Piero Sansonetti,

credo che questa volta la sua presenza nel salottino di “Porta a porta”, durante la puntata imperiale dedicata alla consegna delle prime case ai terremotati abruzzesi, sia davvero un errore imbarazzante, grave e grossolano.
Volente o nolente lei presterà il suo corpo, il suo ruolo di rappresentante della sinistra, ai buffetti del capo anomalo di un governo di estrema destra nel bel mentre di un assedio pericoloso e greve, da parte del potere politico post-piduista in atto, nei confronti degli ultimi residui di giornalismo non allineato al pensiero unico governativo.
La giustificazione da lei apportata (su “L’altro” di oggi 15 settembre) per cui “la televisione non è il demonio” è una scappatoia retorica priva di contenuti, dato che si sta parlando di altro e dato che l’emergenza democratica che stiamo vivendo nelle ultime settimane, e che è alla base della manifestazione indetta per il 19 settembre a Roma, ha proprio oggi, e precisamente in questa puntata di “Porta a porta” e in tutto ciò che essa rappresenta (l’instaurazione di un giornalismo ufficiale di Stato, la censura totalitaria di ogni giornalismo non allineato), la sua più esplicita e violenta manifestazione.
Non stiamo parlando, dunque, soltanto di linguistica o di metodologia delle comunicazioni.

In memoria di Simone Cattaneo

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simone cattaneo[Come m’ha scritto attonito, via email, Flavio Santi, “in questi giorni è successa una cosa assurda: Simone Cattaneo, giovane poeta, ha deciso di andarsene”. Abbiamo deciso perciò, per ricordarlo, di pubblicare qui su NI un articolo di Flavio uscito tempo addietro su “Il Riformista” e poi, a seguire, alcune poesie di Simone. G.B.]

La carriera del poeta

di Flavio Santi

Strana la carriera del poeta. Strana soprattutto in Italia. Prendete ad es. uno come Simone Cattaneo. In Inghilterra o in America sarebbe una star, un poeta conteso da reading e salotti buoni, programmi tivù e seminari universitari. Che è quello che succede ai suoi colleghi Armitage – con cui condivide fra l’altro lo stesso nome – , Paul Muldoon e soci. Quello che voglio dire è che Cattaneo fa una poesia al vetriolo, tra il sociale e il vuoto per dirla con i Baustelle, amatissima all’estero. Cattaneo è il nostro Armitage (per dimostrare questa tesi una volta ho fatto uno scherzo tremendo a un critico: gli ho passato un gruzzolo di poesie di Cattaneo spacciandole per primizie di Armitage. Non vi dico l’entusiasmo dell’illustre studioso per quegli “inediti”…).

Combattenti per la pace: un viaggio in Palestina (seconda parte)

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Testo e fotografie di Lorenzo Bernini. La prima parte è stata pubblicata qui il l’8 settembre.

l’enorme insediamento ebraico di Gilo circondato dal muro
l’enorme insediamento ebraico di Gilo circondato dal muro

Frontiere erranti della letteratura

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di Gianni Celati

Fine dell’umanesimo.

Un filosofo contemporaneo, Peter Sloterdijk, si è chiesto che ne è di tutto quello che l’umanesimo ci ha lasciato in eredità. (Regole del parco umano, in Non siamo ancora stati salvati, Bompiani, 2004). Questa eredità è soprattutto quella dei libri, della lettura, dello studio, come un vaccino contro la ferocia e la barbarie. Sloterdijk considera i grandi testi greci (Omero e Platone innanzi tutto) come lettere inviate ad amici ignoti: lettere che hanno prodotto nell’occidente latino una fioritura di comunità di pensiero, unite dall’amore per i grandi testi e orientate verso l’umanizzazione dell’homo inumanus. Questi aspetti resteranno alla base della forma scritta, dal Convivio di Dante (che è un manifesto per togliere l’uomo dal suo stato ferino) fino alle soglie della nostra epoca.

Donne di tutto il mondo, unitevi!

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La Casa Internazionale delle Donne di Roma promuove una campagna di sottoscrizione straordinaria per saldare entro pochi mesi un debito che riguarda una parte dell’affitto pregresso verso il Comune di Roma e ottenere il rinnovo della convenzione fino al 2021.

Contribuire a saldare questo debito significa riaffermare la presenza operativa delle donne nella scena attuale del nostro paese e nel mondo, il loro impegno a modificarlo, la volontà di starci continuando a costruire occasioni di incontro, confronto e produzione di un punto di vista critico e femminista.

“Il corpo delle donne” o del fascismo estetico (2)

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di Andrea Inglese

(La discussione scaturita da questo post, grazie alle osservazioni e testimonianze emerse nei commenti, mi ha fornito materiale di ulteriore riflessione. E davvero diversi sarebbero i filoni di discussione possibili. Per conto mio proverò a metterne a fuoco uno, quello relativo alla formula suggestiva, ma per certi versi opaca, che mi si è imposta rievocando scene di Videocracy: il “fascismo estetico”.)

Vorrei cominciare con due citazioni tratte da un post di Lorella Zanardo, intitolato I corpi liberati. (La Zanardo è l’autrice del documentario-saggio Il corpo delle donne).

“E’ da sempre enorme il potere d’attrazione del corpo delle donne, oggi però ne abbiamo più consapevolezza e ne restiamo noi stesse sorprese.
In particolar modo le giovanissime, come Silvia, paiono godere di questa scoperta: la loro è forse la prima generazione a nascere e crescere dentro un corpo liberato che non ha dovuto lottare per uscire da costrizioni e sottomissioni millenarie.
Io credo ci sia qualcosa di vero e forte in questa scoperta.
Intendo che Silvia, Belen e molte altre si avvicinino ad una scoperta potentissima senza riuscire a portarla a compimento.”

“La televisione attrae proprio per la sua proposizione ossessiva di corpi, lontani però da ogni forma realmente espressiva perché imprigionati in gesti ripetitivi e costretti dalla finzione intrinseca al mezzo televisivo.”

La morte “per sbaglio” di Petru Birladeanu

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di Carmen Pellegrino

Come si racconta una morte? E una morte tragica? E una morte “per sbaglio”? Come si portano in superficie trafitture, lacerazioni, smottamenti di coscienza che lasciano un irrimediabile senso di umiliazione e vergogna? C’è come un senso di straniamento sottile nel descrivere una morte, c’è come una resistenza emotiva da vincere, cercando segmenti narrativi che riducano lo iato profondissimo tra reticenza e condivisione. C’è questo nella breve storia della morte di Petru Birladeanu, un ragazzo di nazionalità romena che suonava l’organetto nella stazione Cumana di Napoli, quartiere Montesanto, una morte avvenuta “per sbaglio” e poi confinata nel campo della marginalità, della irrilevanza più ostinata.
Siamo a Napoli, il 26 maggio 2009, è un martedì, quasi verso sera, e fa già caldo. L’ultimo taglio di luce rimbalza sulle strade, attraversa il tufo dei vicoli porosi, immobili in un perpetuo andirivieni. Nei pressi della stazione cumana c’è sempre gente di passaggio, Montesanto è nel cuore antico della città, salgono lungo i muri, sulle facce le ombre della sera che viene.

La casa giusta e le lotte partigiane

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Una casa per Paralup
di
Carlo Grande

Esistono luoghi che sembrano insignificanti, lontani da tutto, dimenticati, ma che possono dire ancora molto dal punto di vista esistenziale e “politico”, nel senso più alto del termine. Paralup è uno di questi: la mitica borgata alpina del Cuneese, tra Valle Stura e Valle Grana, dove il 20 settembre 1943 salirono i primi partigiani del Piemonte e probabilmente d’Italia, le sedici baite dove si rifugiò la dozzina d’uomini guidata da Duccio Galimberti e Dante Livio Bianco (Nuto Revelli raggiungerà la banda pochi mesi più tardi), rinasce grazie alla Fondazione Nuto Revelli, all’abnegazione del figlio Marco e della moglie Antonella Tarpino, all’impegno di tanti, architetti, storici, maestranze, studiosi e amici come Andrea Cavallero, Daniele Regis, Livio Quaranta, Valeria Cottino, Dario Castellino e Giovanni Barberis.
Sabato a Rittana, a pochi minuti di marcia dal luogo-simbolo dove salì il gruppo di Italia Libera che avrebbe dato origine alla banda di Giustizia e Libertà, si terrà un convegno-laboratorio: la data non è casuale, il 12 settembre 1943 – poco prima della strage di Boves – Duccio Galimberti e i suoi uomini salirono a Madonna del Colletto, dall’altra parte della vallata, ribellandosi ai nazifascisti. Videro che la posizione era indifendibile e si spostarono a Paralup.