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Giovedì 6 novembre, alle 19, Stefano Gallerani presenterà il romanzo di Fabio Genovesi “Versilia rock city” al Tuma’s book bar di Roma (quartiere San Lorenzo, via dei Sabelli 17), presente l’autore.
Pubblichiamo l’intervista realizzata da Isabella Borghese, curatrice degli incontri, a Genovesi.

Il disgusto e l’ossessione. Un modo di esercitare la critica

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di Andrea Inglese

[In veste di spettatore, non sono costretto a scegliere tra il documentario L’incubo di Darwin di Hubert Sauper e quello Case sparse. Visioni di case che crollano di Gianni Celati. Neppure devo scegliere tra due opere di Abbas Kiarostami, autore sia di un film di finzione come Dieci sia di un documentario come Abc Africa. In veste di lettore, similmente, posso apprezzare di uno stesso autore – ad esempio Antonio Moresco – libri tanto diversi come I canti del caos, Lettere a nessuno e Zingari di merda. Perché poi dovrei scegliere tra Gomorra di Roberto Saviano e Neuropa di Gianluca Gigliozzi, un best seller il primo, un romanzo letto (ahimè) da pochissimi il secondo? (Il libro di Saviano ha come sottotitolo Viaggio nell’impero economico e nel sogno di dominio della camorra, quello di Gigliozzi Poema epicomico in prosa.) Queste ovvie constatazioni mi impediscono di schierarmi ogniqualvolta la letteratura dell’impegno fronteggia quella dello stile, o viceversa. Così mi accade anche leggendo gli interventi di Andrea Cortellessa e di Raffaele Donnarumma ospitati da NI.

ANNA LAMBERTI-BOCCONI

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CANTO DI UNA RAGAZZA FASCISTA DEI MIEI TEMPI
 
di Anna Lamberti Bocconi

Bella ragazza, andavo male a scuola
son fuori tempo, sono già partita,
mio padre un avvocato anni Sessanta
se fossi viva sarei non so cosa
bruciavo come grano sulla brace
non riconosco niente del 2000
non ho strumenti, straccio la partita,
la batteria rullata giù in cantina
ricordo il giorno della bocciatura
ci ho fatto un sole, un buco con il pugno.
Mio padre seduttivo a labbra molli
mia madre insoddisfatta che fumava
la cameriera che parlava in sardo
quelle lenzuola nere viste un giorno
regalo di un’amica di mio padre
mia madre che inghiottiva umiliazione.

Tra zero e due meno meno

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[Gilda Policastro, redattrice di «Allegoria», risponde a Cortellessa, proseguendo il discorso che Donnarumma avvia a partire da questi articoli. dp]

di Gilda Policastro

Se la domanda che poni a uno scrittore trentacinque-quarantacinquenne in Italia oggi è “quanto la realtà entra in quello che scrivi e lo condiziona” la risposta è: “zero”. Questo è l’esito (semplificando con la brutalità indispensabile all’operazione di tirare le somme) dell’inchiesta pubblicata sull’ultimo numero di «Allegoria». Nel saggio che la introduce, il co-curatore (assieme alla sottoscritta) Raffaele Donnarumma cerca di incrementare questo zero, di portarlo almeno a due meno meno, salvando una parte buona degli scrittori, che consiste in ciò che concretamente scrivono, a danno di una cattiva, che è ciò che invece dichiarerebbero per gusto del paradosso o per insufficienza teorica.

Una voce spaesata

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di Evelina Santangelo

Ma che paese è un paese dove si spaccia per riforma scolastica un piano di tagli alle scuole di ogni ordine e grado, e poi, come se nulla fosse, si manda in avanscoperta il ministro dell’istruzione, nascondendo in soffitta il ministro dell’economia?

Ma che paese è un paese dove si pretende o si presume o si finge di combattere storture e abusi toccando diritti inalienabili, come il diritto non solo allo studio, ma a un modo di studiare che sia figlio del pensiero moderno sulla didattica, la pedagogia, l’idea stessa di consesso civile?

Ma che paese è un paese dove con un decreto legge – senza un dibattito parlamentare, senza un tavolo di discussione serio su un tema così delicato come quello della formazione dei figli di questo stesso paese – un governo si arroga il diritto di modificare uno dei pilastri su cui si fonda una società, e cioè l’educazione delle nuove generazioni, sulla base di idee personali quanto approssimative di un ministro in vena di nostalgie passatiste, seguito da drappelli di pedagoghi improvvisati che cianciano con presunzione cattedratica di cose che non conoscono, magari addirittura portando se stessi e la propria esperienza scolastica come modello, senza neanche accorgersi di essere ridicoli, se non patetici?

o tempora o mor(t)es!

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di
Franco Arminio

Forse la morte non è più evento. Per tanto tempo era qualcosa che veniva nella vita come una faina arrivava nel pollaio. Si puo pensare che questa faina abbia stampato la sua zampa su ogni tipo di religione. Adesso la morte ha cambiato faccia, è diventata l’aria che si respira, la scena madre della vita, il riassunto delle nostre giornate. È sempre bene in vista dentro gli amori, dentro la politica, dentro le cene tra amici. Non deve arrivare da nessun parte, è già qui. Si mette in mezzo tra l’anima e il corpo e ci scinde. Si mette in mezzo tra noi e gli altri e ci divide.

Una lettera dei genitori di Pistoia sulla scuola

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Questa lettera che pubblico molto volentieri mi è stata inviata da Vasco Tesi a nome del Comitato dei Genitori di Pistoia, di cui è parte. f.m.

“La scuola è aperta a tutti”
Articolo 34 della Costituzione Italiana

Il decreto-legge della Gelmini sulla scuola ha, come possiamo vedere e leggere ogni giorno, innescato polemiche e proteste accese un po’ ovunque nel nostro paese. I rappresentanti dell’attuale governo insistono nel parlare di strumentalizzazione politica da parte della sinistra dei ragazzi che oggi occupano scuole e università, fanno l’autogestione o manifestano nei cortei. Sono inoltre uscite affermazioni piuttosto imbarazzanti nel loro contenuto riguardo all’anomalia del sodalizio tra docenti del corpo insegnante e studenti. Nello specifico il Ministro della Gioventù Giorgia Meloni su Il Giornale:

“Che le posizioni di studenti e docenti convergano, è una cosa mai capitata prima. Una contraddizione in termini visto che hanno obbiettivi diversi”.

Il principio di supremazia

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di Pino Tripodi

Premessa

Quando Malevic espose per la prima volta il suo Quadrato nero su fondo bianco, siamo nel 1915, inaugurò una corrente artistica che ha avuto un solo esponente: lui. Quella corrente nella storia dell’arte è conosciuta come Suprematismo. Diversamente da altre correnti il cui nome è derivato da attribuzioni posteriori o da intuizioni dei critici del tempo, il nome suprematismo la corrente di Malevic la deve a se stesso che ha scritto, in estemporanea compagnia con Majakovskj, il Manifesto del suprematismo. In esso si legge che il compito degli artisti non è quello di riprodurre o di rappresentare mondi, ma quello d’inventarsene altri. Il suprematismo di Malevic bandisce la rappresentazione e punta sull’espressione artistica, sull’esplosione delle sensibilità sommerse nel mare delle similitudini, delle identità, delle metafore, delle analogie, delle caricature, delle rappresentazioni, delle allegorie. Il quadrato punta dritto contro tutte le pretese che il mondo sia come appare e le distrugge in un nero denso che ha la potenza del fuoco purificatore. È come se Malevic ci invitasse a esprimere con l’arte il mondo della volontà (della sensibilità) contrapposto a quello della rappresentazione.

Le sette abitudini dei terroristi inefficaci

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di Bruce Schneier

La maggior parte delle strategie antiterrorismo non falliscono a causa di problemi tattici, ma per un malinteso di fondo in merito a ciò che spinge in primo luogo i terroristi ad agire. Se vogliamo sconfiggere il terrorismo, dobbiamo comprendere anzitutto che cosa spinge le persone a diventare terroristi.

Secondo il giudizio prevalente, il terrorismo è un fenomeno intrinsecamente politico e si diventa terroristi per ragioni politiche. Questo è il modello “strategico” del terrorismo, e si tratta sostanzialmente di un modello economico. Esso stabilisce che le persone ricorrono al terrorismo quando credono (a ragione o a torto) che ne valga la pena; ovvero, quando ritengono che i vantaggi politici del terrorismo meno i costi politici siano superiori a quanto otterrebbero con una qualsiasi altra forma di protesta più pacifica. Si presume, per esempio, che chi si unisce a Hamas abbia come obiettivo la realizzazione di uno stato palestinese; e chi si unisce al PKK lo faccia per arrivare a ottenere una realtà nazionale curda; e chi si unisce ad al-Qaida voglia, fra le altre cose, cacciare gli Stati Uniti dal Golfo Persico.

Bacheca di Nazione Indiana

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Lo spazio a disposizione dei lettori per segnalazioni e discussioni varie di pubblico interesse è disponibile qui nella Bacheca di Nazione Indiana. Si tratta di un forum separato che ormai conta decine di utenti e un vivace scambio di idee.

Qui: http://bacheca.nazioneindiana.com

Il golpe è una scienza esatta

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A proposito di questa notizia.

Avviso agli studenti / 4

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di Raoul Vaneigem

IMPARARE L’AUTONOMIA, NON LA DIPENDENZA

La scuola ha promulgato per secoli il sequestro del fanciullo da parte della famiglia autoritaria e particolare. Ora che si abbozza tra i genitori e la loro progenie una comprensione reciproca fatta di affetto e di autonomia progressiva, sarebbe un peccato che la scuola cessasse di ispirarsi alla comunità familiare.

Paradossalmente il sistema educativo, che accoglie con i giovani ciò che cambia di più, è anche quello che meno è cambiato.

Perché la società ha bisogno degli insegnanti

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di Tiziana Verde

Nessuno crederebbe mai che a un abito passato di moda basti dare una sforbiciata (o meglio una falciata) al collo, alle maniche, perché ne venga fuori un capolavoro di sartoria. Eppure dobbiamo credere a una favola simile su una questione che così da vicino ci tocca e ci riguarda: l’istruzione.

Piazza Navona

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una testimonianza diretta, a cura di Antonio Sparzani

piazza Navona

Un camion carico di spranghe e in piazza Navona è stato il caos

La rabbia di una prof: quelli picchiavano e gli agenti zitti.

AVEVA l’aria di una mattina tranquilla nel centro di Roma. Nulla a che vedere con gli anni Settanta. Negozi aperti, comitive di turisti, il mercatino di Campo dè Fiori colmo di gente. Certo, c’era la manifestazione degli studenti a bloccare il traffico. “Ma ormai siamo abituati, va avanti da due settimane” sospira un vigile. Alle 11 si sentono le urla, in pochi minuti un’onda di ragazzini in fuga da Piazza Navona invade le bancarelle di Campo de’ Fiori. Sono piccoli, quattordici anni al massimo, spaventati, paonazzi.

Davanti al Senato è partita la prima carica degli studenti di destra. Sono arrivati con un camion carico di spranghe e bastoni, misteriosamente ignorato dai cordoni di polizia. Si sono messi alla testa del corteo, menando cinghiate e bastonate intorno. Circondano un ragazzino di tredici o quattordici anni e lo riempiono di mazzate. La polizia, a due passi, non si muove.

La Gelmini spiegata da mia figlia

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[questo articolo è stato pubblicato oggi sulle pagine milanesi di Repubblica, in riferimento alla manifestazione contro la legge Gelmini tenuta ieri a Milano.]

di Gianni Biondillo

I figli bisognerebbe ascoltarli. Sempre. La mia più grande ha otto anni e fa la terza elementare. L’altro giorno, guardando il telegiornale, mi ha chiesto cosa fosse maestro prevalente. Gliel’ho spiegato. Lei non ha apprezzato affatto: “ma che brutto! Non mi piace avere una sola maestra, e se poi è una antipatica o non è brava? Sai che noia!” Quando poi mi ha chiesto delle classi differenziate si è persino indignata: “vuoi dire che non potrò stare con i miei compagni che non sono italiani? Ma perché, che male hanno fatto?”

E se facessimo sul serio?

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[Raffaele Donnarumma replica alle critiche che Cortellessa esprime sull’inchiesta svolta da «Allegoria». Il testo da cui Cortellessa toglie le citazioni può essere letto qui. DP]

di Raffaele Donnarumma

Su «Specchio+» di novembre, Andrea Cortellessa ricalca, parodizza e cerca di screditare Ritorno alla realtà? Narrativa e cinema alla fine del postmoderno, l’inchiesta condotta su «Allegoria» 57 da Gilda Policastro, Giovanna Taviani e me. Simulando di avere a che fare con individui che riescono a essere al tempo stesso polverosi zdanovisti, fustigatori dell’arte degenerata e complici opportunisti o sprovveduti dell’industria culturale, Cortellessa stravolge il senso del discorso: neppure si accorge del punto interrogativo che accompagna la formula.

Avviso agli studenti / 3

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di Raoul Vaneigem

SMILITARIZZARE L’INSEGNAMENTO

Lo spirito da caserma ha regnato sovrano nelle scuole. Vi si marciava la passo, ubbidendo agli ordini dei sorveglianti ai quali non mancavano che l’uniforme e i galloni. La configurazione dell’edificio obbediva alla legge dell’angolo retto e della struttura rettilinea. Così l’architettura si impegnava a sorvegliare le trasgressioni con la rettitudine di un’austerità spartana.

Fin negli anni sessanta, l’istituzione educativa rimase impastata delle virtù guerriere che prescrivevano di andare a morire alle frontiere piuttosto che dedicarsi ai piaceri dell’amore e della felicità.

Face Bunker

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di
Davide Vargas

Questa sera sto bene.
Larissa ha appena pulito la casa. E’ un armadio la vecchia Larissa con i suoi occhi del colore dell’acqua, appena mette piede fuori di qui accende una sigaretta che divora come fosse un gelato. Poi sale in bicicletta e spinge sui pedali forsennata. Viene da una terra fredda ed è sempre sbracciata. I muri sono bianchissimi rinfrescati dai pittori padre e figlio che in una settimana hanno spostato mobili srotolato teli trasparenti grattato le pareti tinteggiato e rimesso a posto. Piccoli e magri come folletti, il figlio orecchini e tatuaggi, diffidenti verso le linee moderne della scala neanche un ferro battuto un giglio dicono, hanno forza e tecnica. E un altro lavoro. Ho riattaccato l’ultimo quadro, l’oscillazione di un pendolo che lascia tracce come i filamenti luminosi di Turrell, e mi sembra tutto nuovo. Il pavimento di graniglia giallo si distende come un tappeto.
La scatola di cartone è uscita da un armadio dimenticata. Sono solo, è un buon momento per rivedere le diapositive conservate e già sistemate nei carrelli. Si tratta di spolverare prima, montare il proiettore sul cavalletto, proiettare. Si può fare. Con un bicchiere di birra.
Eccola casa Savoye. Le immagini scorrono impastate di un alone opaco che trent’anni hanno impresso sulla pellicola.
Non importa. Io ho gli occhi nel tempo.

Avviso agli studenti / 2

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di Raoul Vaneigem

FARLA FINITA CON L’EDUCAZIONE CARCERARIA E LA CASTRAZIONE DEL DESIDERIO

Ancora ieri istillato fin dalla più tenera infanzia, il sentimento di colpa erigeva intorno a ciascuno la più sicura delle prigioni, quella in cui sono murati i desideri. Per interi millenni, l’idea di una natura sfruttabile e soggetta a servitù a piacere ha condannato al peccato, al rimorso, alla penitenza, alla rimozione amara e allo sfogo compulsivo la semplice inclinazione a godere di tutti i piaceri della vita

Quale dovrebbe essere la preoccupazione essenziale dell’insegnamento? Aiutare il fanciullo nel suo approccio alla vita per fargli imparare a sapere ciò che vuole e volere ciò che sa; cioè a soddisfare i suoi desideri, non nella soddisfazione animale ma secondo gli affinamenti della coscienza umana.

Si è prodotto l’opposto. L’apprendimento si è fondato sulla repressione dei desideri. Si è rivestito il fanciullo di abiti angelici sotto i quali non ha mai smesso di fare la bestia, una bestia snaturata per di più. Come stupirsi che le scuole imitino così bene, nella loro concezione architettonica e mentale, i penitenziari dove i reprobi sono esiliati dalle gioie ordinarie dell’esistenza?

Urbanità 5

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di Gianni Biondillo

Se chiedessimo a un romano quanti abitanti fa la sua città non avrebbe dubbi a dirci, con orgoglio, che supera i tre milioni e mezzo; anche se poi non è affatto vero. Roma ha poco più di due milioni e mezzo d’abitanti in un’area urbana gigantesca. La densità per metro quadro è molto bassa, nulla a che vedere con altre realtà urbane. Ho sempre trovato ammirevole il gigantismo dei romani, la loro convinzione di vivere in una città fuori dall’ordinario. Ma Roma, con tutti i pregi che ha, non è davvero considerabile una metropoli contemporanea. Sembra più una successione di borghi, spesso indipendenti fra loro. Non è affatto un difetto, ben inteso, ma le vere metropoli italiane sono altre.

Lettere alla Reinserzione Culturale del Disoccupato 14

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di Andrea Inglese

[18 immagini + lettere invernali per l’autunno; 1,2,3,4,5,6,7,8,9,10,11]

Cara Reinserzione Culturale del Disoccupato

è venuto il momento di partire,
se fossi partito

(non partirò, non stavolta)

se alla fine, avendolo previsto,
o semplicemente così,
perché lo sentivo, fossi
partito, e sarebbe stato
il momento giusto,