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Si può recensire un tramonto?

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di Sergio Garufi

Emanuele Trevi

“Si può recensire un tramonto?”. Con questo interrogativo ingenuamente paradossale comincia il primo libro di Emanuele Trevi, intitolato Istruzioni per l’uso del lupo. L’opera è una “lettera sulla critica” rivolta all’amico Marco Lodoli, composta quando l’autore aveva solo 30 anni, e quella domanda provocatoria racchiude in sé un’idea di scrittura che trascende i rigidi steccati che delimitano gli ambiti di competenza e i generi letterari. Concepito dopo l’abbandono dell’insegnamento universitario, vissuto come una pratica filologica sterile e oziosa riservata a una ristretta cerchia di adepti, qualcosa di radicalmente estraneo alla realtà quotidiana, Istruzioni per l’uso del lupo è un saggio che propone una via alternativa all’accademismo elitario e al bavardage sociologico del giornalismo culturale.

Tre minuti d’aria

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di Giancarlo Tramutoli

«Un caffè?». E tu che stai provando a staccare la spina per qualche minuto cercando di capire, che non lo sai ancora, che non sei un replicante, di cosa hai voglia veramente in quel momento, tra le varie alternative che ogni tanto nella vita puoi pure scegliere, fosse pure solo tra un cornetto e una pizzetta, devi sorbirti il solito caffè, e magari ti fa anche male che c’hai la colite, e gli devi pure dire grazie. Grazie per avermi rotto i coglioni!

io non sono io ti

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di Éric Houser

traduzione di Andrea Raos

Come l’uccello spicca ansioso il volo all’avvicinarsi della tempesta, così io ho detto: “Non ho la fede”.
Søren Kierkegaard, Til Selvprövelse Samtiden anbefalet, 1851

io non sono innamorato di te io ti
un intervallo di terza una terza minore
è scritto ne prendo nota è scritto
era scritto decifrare come posso
male le parole sulle tue labbra rapide preciso in un sussurro
quando me le sussurri all’orecchio
quando mi leggi mi sussurri io ti
io non ti desidero te tu mi
tu mi manchi quando sei assente tu
è assente è così banale

IN-SEGNARE 3

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Terza rata della conversazione sull’insegnamento con Tina Nastasi.

Cara Tina,

molti sono gli spunti che si potrebbero cavare dalla tua risposta, ad esempio questo qui ultimo del gioco che davvero dovrebbe essere ripreso e rimesso sul suo bel piedestallo. Io lo utilizzerò mettendoti in mano un altro oggetto da manipolare, di quelli abbastanza scottanti per la classe degli insegnanti (ovviamente universitari ampiamente compresi, anzi), e sarebbe la patata bollente della /collaborazione tra insegnanti/. Orrore e raccapriccio, non sarà mica vero che adesso, dopo tutto le ore che devo fare con quegli squinternati studenti, devo anche perder tempo ad accordarmi con dei colleghi che della mia materia nulla
seriamente sanno? E via delirando.

Non solo per quanto riguarda la demenziale divisione drastica tra materie “umanistiche” e materie “scientifiche”, che evidentemente nulla di umano hanno, ma anche all’interno di ognuno di questi due settori, l’insegnante d’italiano vorrà per caso mettersi d’accordo con quello di filosofia e con quello di storia dell’arte, o di lingua straniera, ecc., per spiegare il Rinascimento o il Romanticismo, per dire, in modo coordinato Capisci questa parola, coordinato? Scusa l’ironia, ma questa operazione non si faceva nel mio liceo di cinquant’anni fa e non si fa oggi nel liceo dei miei figli. Ma sarebbe così pazzesco?

Caro Antonello,

riflettevo appunto in questi giorni sul motivo per cui i nostri ragazzini (scuola media) arrivano dalle scuole elementari mediamente entusiasti e curiosi verso gli oggetti culturali e le esperienze che la scuola propone loro e nel giro di un anno, in seconda media, li ritroviamo generalmente studenti apatici e indifferenti ai cosiddetti “stimoli didattici”. La spiegazione facile che si dà solitamente di tale fenomeno chiama in causa invariabilmente gli ormoni e le caratteristiche evolutive della preadolescenza. Ritengo tuttavia che gli insegnanti siano in parte responsabili di questa disaffezione degli studenti verso il sapere e la cultura.

Invito alla lettura di un genocidio recente (Ruanda 1994)

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Di Andrea Inglese

Dopo aver letto quattro o cinque libri sul Ruanda, averne sfogliati altrettanti, ricercato informazioni in rete, assistito a delle conferenze pubbliche e visto un documentario sull’argomento, mi sono chiesto perché mai un evento accaduto più di dieci anni fa in un paese dell’Africa dove non ho mai messo piede dovesse interessarmi tanto. Ci ho pensato su. E la risposta a cui sono giunto è questa: il genocidio ruandese dei tutsi del 1994 è una vicenda che non può non interessare tutti noi. Noi chi? Noi italiani, europei, occidentali. Provo a spiegarne i motivi e vi propongo una bibliografia selettiva sul tema.

Flag

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di Mattia Paganelli

Philippe Léotard, poeta, attore, chansonnier, clown

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di Mario Pandiani

Non mi ricordo dove l’ho sentito la prima volta, ma lo riascoltai e subito cominciai a cercarlo.
Philippe Léotard, poeta, attore, e Chansonnier, un clown, una delle voci che mi hanno trafitto l’anima.

Una querela non si nega a nessuno

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Poco fa, surfando (o surfacendo?) su Vibrisse, la webzine di Giulio Mozzi, mi sono imbattuto in un commento nel quale si diceva che era partita una querela per Anna Setari, che gestisce da tempo il blog “Critica dell’ interfaccia” www.solotesto.splinder.com.

Lago Negro

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di Graziano dell’Anna

Ci sono libri di autori pubblicati da piccole case editrici, che nel frastornante traffico editoriale tengono costantemente la destra, pazienti, lasciandosi superare dai bolidi – libri di autori stampati dalle major, reclamizzati a tappeto su giornali, riviste e blog – che invece si impadroniscono rigorosamente della corsia di sorpasso (e a volte qualcuno va fuori strada e si schianta su un palo: sono i libri dai motori truccati, osannati da critici e recensori “capolavoristi” – amanti dell’iperbole come strategia promozionale – e lanciati di volta in volta come “il più bello degli ultimi cinquant’anni” o “il più importante di questo decennio“, ma pronti a stroncarsi al cozzo con la prima lettura o con “l’esame del tempo” – da cui l’invito a certi critici e beejay affinché imparino a usare prudenza, a mettere l’airbag ai giudizi).

4 racconti brevi

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di Giacomo Bottà

Jaakko aveva passato l’estate del 1973 a farsi crescere i capelli ed a lavorare come giardiniere presso la tenuta estiva di un ricco finno-svedese.
Mi mostra una foto in bianco e nero.
Sul retro della foto ci sta scritto novembre 1974.

Bocca di rosa

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L’ex partigiano e l’invenzione dei carabinieri trucidati

di Piero Sorrentino

Il cinico non è adatto a questo mestiere, recita il titolo di un bel libro – intervista di Ryszard Kapuscinski con Maria Nadotti. E il mestiere del titolo è ovviamente il giornalismo. Leggendo l’ultimo libro di Giorgio Bocca su Napoli, Napoli siamo noi (pagg. 134, 14 euro, Feltrinelli) si è spinti a integrare il titolo di Kapuscinski con una chiosa non del tutto superflua: Il cinico (e il distratto) non sono adatti a questo mestiere.
Era da tempo che in un così smilzo volumetto (talmente smilzo che l’editore s’è visto costretto a rimpolparlo con decine e decine di pagine bianche: su 134 fogli, quelli effettivamente stampati sono poco meno di 108) non si riscontrava una così imbarazzante serie di errori, incongruenze, refusi, inesattezze.

I fedeli senzatetto

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di Riccardo Orioles

Che farebbe Bill Laden se sbarcasse in Sicilia? Immagino che per prima cosa butterebbe giù le chiese. E che farebbe Provenzano se diventasse – non è più molto probabile: ma chissà – assessore all’edilizia della regione Sicilia? Mah: per prima cosa confermerebbe gli appalti a quelli che li hanno già; ma poi perderebbe almeno una giornata a buttar giù tutte le sedi in cui si riuniscono oppositori, communisti, borsellini e antimafiosi.

A Catania, però, sia Laden che Provenzano resterebbero, da questo punto di vista, disoccupati. Non c’è bisogno di loro per buttar giù le chiese, almeno quelle che danno fastidio ai mafiosi.

Leggi la Catena di Sanliberon. 317, di Riccardo Orioles, in formato rtf.

Vite da Cantiere

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Elenco dei morti in cantiere in Italia nei primi sei mesi del 2005:

10/6/05
Roma. Un operaio è morto in un cantiere del G.R.A. investito da un camion in retromarcia, mentre era impegnato nella preparazione dei lavori di asfaltatura.

9/6/05
Sciacca – Agrigento. Un pensionato di 76 anni di Sciacca, Giovanni Guttaiano, è morto cadendo dalla gru che stava manovrando, durante le operazioni di spostamento di un cumulo di terra.

9/6/05
Novara. Un operaio di Chivasso di 36 anni, Vito Finotti, è morto presso la Cava Marconi di Romentino, dove si sta istallando uno dei cantieri della Cav Torino – Milano, che si occupa dell’alta velocità. L’uomo, al suo primo giorno di lavoro, stava guidando un camion quando il cassone ha urtato i fili dell’alta tensione che alimentano la linea.

Come si muore

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di Christian Raimo

Leggendo “La storia della morte” di Philippe Ariès anni fa, mi trovavo a desiderare una morte come quelle medievali (una ritualità naturale, nella propria casa, con la famiglia intorno, il prete che benedice, il moribondo che fa i bilanci di una vita) piuttosto che quelle asettiche della contemporaneità (in ospedale nella maggior parte dei casi, spesso intubati e incoscienti). Quello che mi augurerei di trovare alla fine della mia esistenza è una consapevolezza, personale, sentimentale, di quello che ho vissuto, e per questo mi ha sempre incuriosito sapere quali parole le persone pronunciano prima dell’ultimo respiro. Di Kant si racconta che disse “Sta bene”, di Rilke si dice “Tutto è gloria”, Goethe “Fate più luce”.
Anche per questa ragione in questi giorni ero stato a rimuginare sulle parole di Fabrizio Quattrocchi, “Ora vi faccio vedere come muore un italiano”.

Il tesoro di Skrunc

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di Mauro Baldrati

L'urlo - Mauro BaldratiHo lavorato nella redazione di Frigidaire, a Roma, per circa un anno, occupandomi praticamente di tutto: foto, testi, titoli, rispondere al telefono, aprire e chiudere la redazione (ma non le pulizie, quelle me le sono evitate). Una sera di maggio eravamo io e Antò, il disegnatore principe del giornale, il creatore di storie giovanili che sono entrate nel mito, una matita sopraffina, un colorista eccelso; il lavoro in redazione era terminato, e noi, seduti nel bel giardino dell’elegante sede di Monteverde vecchio, eravamo alla ricerca di un po’ di streppa per alleviare il senso di fredda solitudine che ci mordeva l’anima. Le telefonate non avevano dato esito: i pusher erano tutti irreperibili, o era troppo presto o era tardi. Chi ha avuto la ventura di precipitare nella spirale delle droghe pesanti conosce la paranoia micidiale che toglie il respiro quando i dannati pusher non si trovano.

Un nuovo commento alla parola sacra, con l’aiuto della poesia

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di Admiel Kosman
kosman

Traduzione dall’ebraico di Davide Mano
Nota sull’autore

Admiel Kosman (Haifa, 1957) e’ docente presso il Dipartimento di Studi Religiosi dell’Universita’ di Potsdam, e direttore accademico del Geiger College -Liberal Seminar for Rabbis, a Berlino. Ha pubblicato in ebraico sette raccolte di poesia e un commentario di storie talmudiche e hasidiche. Lo stretto legame che intercorre tra l’erotismo e la dimensione spirituale nell’esperienza religiosa è il motivo principe delle poesie di Kosman: ampio spazio viene dato alle relazioni (spesso complicate) tra il mondo tempestoso dei sentimenti (dell’ “istinto”) e quello rigidamente regolato della legislazione rabbinica, della liturgia tradizionale. Tra rotture e ricostruzioni, con la poesia di Admiel Kosman è nato in Israele il tentativo ardito di creare un nuovo stile di scrittura per il poetare religioso, un piyyut ebraico anarchico, in conflitto con le formalità della sintassi rabbinica e lontano dalle gerarchie delle accademie.

UN NUOVO COMMENTO, CON L’AIUTO DIVINO

Scrivo ora, con l’aiuto divino, un nuovo commento ai tuoi seni.

Revisionismi francesi

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di Magali Amougou e Andrea Inglese

In Francia è in atto una guerra mediatica che data dall’inizio del genocidio ruandese dei Tutsi e degli Hutu moderati (1994). Si tratta certo di una guerra “a bassa intensità”, ma non per questo meno duratura e tenace. Si sarebbe potuto pensare che il picco d’intensità maggiore questa guerra lo avesse raggiunto nel corso del 2004, anno del decennale del genocidio. E in effetti la Francia ha conosciuto una quantità di pubblicazioni e di articoli giornalistici, che hanno nuovamente e con veemenza rilanciato il dibattito. Ma esso pare lungi dall’essersi placato. Ne sono testimonianza due libri usciti nel 2005. Il primo Négrophobie (Les Arènes, Paris), a firma degli autori Boubacar Boris Diop, Odile Tobner e François-Xavier Verschave, è uscito nell’autunno. Il secondo, Noires fureurs, blancs menteurs. Rwanda 1990-1994 (Milles et une Nuits, Paris) di Pierre Péan, è in circolazione da dicembre.

Faisons barrage à la Directive Bolkestein

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[ricevo questo comunicato di Attac Francia. Spero che iniziative simili prendano corpo – se non è già il caso – anche in Italia. a.r.]

Grain de Sable n° 538

11 janvier 2006

FAISONS BARRAGE A LA DIRECTIVE BOLKESTEIN

Ce numéro de Grain de sable est consacré à la mobilisation contre la directive Bolkestein, qui a fait un brillant retour cet automne. Bien naïfs, en effet, furent ceux qui avaient cru que les grandes promesses du printemps seraient tenues. En pleine campagne sur le TCE, les tenants de l’Europe libérale ont voulu montrer pattes blanches, en affirmant le coeur sur la main, le retrait, ou au moins la modification substantielle de la directive sur la libéralisation des services et notamment du « pays d’origine ».

C’è del giallo in Italia

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Da stamattina, sul blog “Chiaroscuro” www.albertogiorgi.blogs.com curato da Alberto Giorgi e dedicato alla narrativa noir, thriller e gialla, inizia un interessante ciclo di interviste a scrittori, operatori ed esperti del settore sul giallo italiano. La prima, già in rete, è a Luigi Bernardi.

Seguiranno le seguenti uscite, il lunedì e il giovedi:

Franz Krauspenhaar, Alessandro Zannoni, Veronica Todaro, Loredana Lipperini, Ugo Mazzotta, Piergiorgio Di Cara, Matteo Bortolotti, Jacopo de Michelis e altri, dei quali non è ancora stata programmata la data di uscita.
F.K.

Deandreide

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Oggi sono sette anni dalla morte di Fabrizio De André. Venerdì 13 gennaio, dopodomani, Radio Tre Suite dedicherà a Fabrizio De André un’intera serata, a partire dalle 20,20 circa e fino alle 22,45 (sempre circa). Andrea Bajani, Marosia Castaldi, Mauro Covacich, Diego De Silva, Nicola Lagioia, Giordano Meacci, Paolo Nori, Laura Pariani, Antonio Pascale, Christian Raimo, Dario Voltolini, che insieme anche a Evelina Santangelo, Antonio Franchini e Davide Longo hanno scritto ognuno un racconto che prende spunto dalle storie e dai personaggi di De André e che va a comporre il volume Deandreide (www.deandreide.it), leggerranno dei brani dai loro lavori. Gli Andhira si occuperanno della parte musicale.
Per chi vorrà regalarci un po’ di ascolto, noi siamo là.
Ciao a tutti,
g.