
[Dopo gli interventi di Helena Janeczek e Andrea Inglese, abbiamo pensato di mettere a punto un questionario composto di 10 domande, e di mandarlo a un certo numero di autori, critici e addetti al mestiere. Dopo Erri De Luca, Luigi Bernardi, Michela Murgia, Giulio Mozzi, Emanule Trevi, Ferruccio Parazzoli, Claudio Piersanti, Franco Cordelli, Gherardo Bortolotti, Dario Voltolini, Tommaso Pincio, Alberto Abruzzese, Nicola Lagioia, Christian Raimo, Gianni Celati, Marcello Fois, Laura Pugno, Biagio Cepollaro, Ginevra Bompiani, Marco Giovenale ecco le risposte di Vincenzo Latronico.]
1) Come giudichi in generale, come speditivo apprezzamento di massima, lo stato della nostra letteratura contemporanea (narrativa e/o poesia)? Concordi con quei critici, che denunciano la totale mancanza di vitalità del romanzo e della poesia nell’Italia contemporanea?
Non ho presente, nello specifico, le accuse mosse alla narrativa italiana contemporanea (solo di quella mi sento di parlare); tendo, programmaticamente, a diffidare un po’ di questa sorta di catastrofismo dell’età dell’oro. Se anche la qualità media (ma ha senso, in questo contesto, ragionare per “media”?) si è abbassata, ciò potrebbe essere dovuto all’aumento esponenziale di romanzi sul mercato, o al fatto che ad alcuni, indubbiamente non i migliori, vengono concesse vetrine e attenzioni che rischiano di offuscare tutto il resto. Ma se penso agli ultimi cinque o sei anni in rapporto con i precedenti (o anche andando per decadi) non mi sembra, no, che manchino i libri profondi, potenti, ambiziosi, o, più semplicemente, “buoni”.