[Dopo gli interventi di Helena Janeczek e Andrea Inglese, abbiamo pensato di mettere a punto un questionario composto di 10 domande, e di mandarlo a un certo numero di autori, critici e addetti al mestiere. Dopo Erri De Luca, Luigi Bernardi, Michela Murgia, Giulio Mozzi, Emanule Trevi, Ferruccio Parazzoli, Claudio Piersanti, Franco Cordelli, Gherardo Bortolotti e Dario Voltolini, Tommaso Pincio, ecco le risposte di Alberto Abruzzese]
ARTHUR M. COOPER “Dreams of Toyland” [1908]
Camille Saint-Saëns [ 1835 – 1921 ]
Etude en forme de valse, Op. 52, N. 6
La (mia) risposta a Giulio Mozzi
Carissimo Giulio,
sono stato fuori Milano per circa un mese, con vaghe e sporadiche incursioni su internet. Quindi leggevo le tue domande di straforo, senza mai trovare il tempo di darti una (mia) risposta.
Dici a Helena, in un commento al post di Voltolini: “Helena, mi par di capire dunque che Nazione indiana fa domande come Nazione indiana, ma non è disponibile come Nazione indiana a dare chiarimenti sulle domande stesse.”
Sai, ho come la sensazione che ci sia un errore di comprensione iniziale che falsifichi tutto il tuo ragionamento. Nazione Indiana così come tu la rappresenti, questa specie di ente superiore, di Politburo, di Consiglio di amministrazione iperdirigista, che chiede, risponde, fa e disfà, non esiste. Nazione Indiana è una cosa più complicata. E’ fatta dai suoi redattori, dai suoi lettori, dai suoi commentatori, collaboratori (che spesso sono anche tutte queste cose assieme) con le loro storie, il loro vissuto, il loro personale contributo.
Andrea Melone: Giardini di loto
[Si pubblicano due estratti dal romanzo Giardini di loto, Gaffi, 2010.]
di Andrea Melone
Eravamo seduti a tavola. Mi pareva di sentire nel mio ventre le cellule schiantarsi e moltiplicarsi. Era come ali che battono appena, e non so bene se stavo piangendo o godendo.
Entrò in sala Piergiulio, mi salutò tastandomi le spalle, baciò mia madre. La sua bocca era piena di insoddisfazione. Si sedette con precisione di collegiale: scansò la sedia con le mani, se l’avvicinò. Dopo un tempo considerevole sollevò il capo. Mia madre gli accarezzò il dorso di una mano e gli domandò: «Tutto a posto all’università?», voleva ascoltare un effetto nuovo del genio di suo figlio. «Ma sì, in fondo», informò con un tono alterato e un rossore che aveva portato da fuori.
Papà li ascoltò parlare come l’arbitro di un agone bucolico. Agnese annunciò che avrebbe servito a tavola. Cercai di condurre altrove il mio pensiero, ma non avevo un luogo dove andare, nessuno da visitare se non il mio ventre che non era più io, era sedizione.
Poesia del mondo al Teatro Filodrammatici
Lunedì 29 marzo ore 21.00
MILANO, Teatro Filodrammatici (via Filodrammatici 1 – MM Duomo Linee 1 e 3)
POESIA BUONA COME IL PANE
Robert Viscusi (USA) “Ellis Island”
Ziba Karbassi (IRAN) (traduzioni di Cristina Viti)
Andrea Inglese (Italia) “La distrazione”
Alfie Nze (Nigeria/Italia) (performance)
– INGRESSO LIBERO –
La Poesia avvicina culture distanti, intreccia umanità e dignità.
Dopo la tragedia
[È stato da poco ripubblicato, dopo dieci anni, Settanta, testo che è stato riveduto e corretto nonché integrato di circa sessanta nuove pagine. Marco Belpoliti ci regala un capitolo in una versione ulteriormente più lunga e differente da quella pubblicata nella nuova edizione. G.B.]
di Marco Belpoliti
Se Pier Paolo Pasolini non fosse andato a morire all’Idroscalo di Ostia, nella notte tra il 1° e il 2 novembre 1975, se fosse vissuto almeno tre o quattro anni ancora, non c’è dubbio che le vicende del rapimento e dell’uccisione di Aldo Moro sarebbero entrate di diritto in quelle rubricate nello scartafaccio, zibaldone narrativo-cinematografico, che il poeta-scrittore-regista stava componendo all’inizio degli anni Settanta, previsto in oltre 2000 pagine e di cui invece abbiamo potuto leggere 500 pagine postume, e solo nel 1992, con il titolo di Petrolio.
Le lettere che il leader democristiano inviava dal carcere delle Brigate rosse ai colleghi di partito, alle massime autorità dello Stato italiano, agli amici e ai famigliari sarebbero certamente apparse a Pasolini troppo interessanti per non inserirle in quel romanzo manierista, scritto nella lingua «che si adopera per la saggistica, per certi articoli giornalistici, per le recensioni, per le lettere private o anche per la poesia», come dichiara in una lettera a Moravia. Così sarebbe stato anche per il successivo memoriale ritrovato nel covo brigatista di via Monte Nevoso a Milano, che per la sua prosa e la forma informe sembra addirittura un capitolo non finito di Petrolio.
La responsabilità dell’autore: Tommaso Pincio

[Dopo gli interventi di Helena Janeczek e Andrea Inglese, abbiamo pensato di mettere a punto un questionario composto di 10 domande, e di mandarlo a un certo numero di autori, critici e addetti al mestiere. Dopo Erri De Luca, Luigi Bernardi, Michela Murgia, Giulio Mozzi, Emanule Trevi, Ferruccio Parazzoli, Claudio Piersanti, Franco Cordelli, Gherardo Bortolotti e Dario Voltolini, ecco le risposte di Tommaso Pincio]
Come giudichi in generale, come speditivo apprezzamento di massima, lo stato della nostra letteratura contemporanea (narrativa e/o poesia)? Concordi con quei critici, che denunciano la totale mancanza di vitalità del romanzo e della poesia nell’Italia contemporanea?
Circa la poesia, sapendone poco o nulla, mi astengo da qualunque commento. Dissento invece con i critici in merito alla «totale» mancanza di vitalità del romanzo. Nell’ultimo decennio la narrativa italiana ha offerto un numero insolitamente elevato di opere significative, e dico «insolitamente» perché la finzione romanzesca è per tradizione un genere penalizzato dalla nostra letteratura. Certo, se si paragonano gli esiti locali con quanto si fa altrove, il panorama può apparire poco esaltante, ma bisogna per l’appunto fare i conti con un passato che non ci aiuta. Va inoltre considerato che alcuni fra i critici che si lamentano della produzione contemporanea bollano pregiudizialmente il romanzo come forma espressiva di retroguardia, se non del tutto defunta.
La ‘ndrangheta e il voto di scambio in Lombardia
di Giuseppe Catozzella
Alessandro Colucci, vicecoordinatore provinciale del Pdl in Lombardia, è ormai noto, per i suoi affari con la ‘ndrangheta dei Morabito e per la cena del 2005, in compagnia di uomini del clan, al ristorante Gianat di Milano, per festeggiare – tra l’altro – l’apertura del For a King, il night aperto sotto l’Ortomercato milanese di via Lombroso. Ma ora, nell’articolo di Davide Milosa sul “Fatto” e su Milanomafia.com, spuntano altri nomi – importanti – che parlerebbero da soli degli appoggi della ‘ndrangheta ad alcuni politici candidati nelle circoscrizioni lombarde per le scorse elezioni Europee: Ignazio La Russa, Carlo Fidanza e Licia Ronzulli.
Al centro del bivio tra denaro da ripulire della ‘ndrangheta e legami con i politici c’è la Kreiamo Spa, società considerata uno dei bracci finanziari della ‘ndrangheta delle cosche dei Barbaro-Papalia, e già conosciuta anche perché nel mirino di un altro processo, tuttora in corso nel tribunale di Milano: il processo “Ortomercato” (legata, in questo secondo caso, alla figura di Antonio Paolo, prestanome e titolare di una rete di cooperative che lavorano dentro l’Ortomercato, utilizzate secondo l’accusa per riciclare denaro sporco, e per cui la pm Barbeini il 17 marzo 2010 ha chiesto 8 anni e 6 mesi).
Vietato ai minori
Lettori in crescita
di
Giulia Blasi
Confessione numero uno: leggo poco la critica letteraria italiana. Il che probabilmente suona un po’ come il “Thank you for being so not Italian” di Stanis La Rochelle, ma così è. Per una serie di motivi leggo più volentieri quella straniera; e l’anno scorso sono letteralmente impazzita per Fine Lines , la rubrica di Lizzie Skurnick su Jezebel dedicata alla narrativa per ragazzi. O più correttamente young adult, espressione che inquadra molto meglio i destinatari di questo genere di libri. Giovani adulti, che a guardarli da vicino sembrano i personaggi di Waking Life, in costante mutamento e sospesi fra tratti della personalità in parte compiuti in parte ancora infantili, a turno sfuocati e nitidissimi, in grado di attaccarsi con lo stesso tenace romanticismo a Piccole donne come a Cent’anni di solitudine, per citarne solo due fra quelli che hanno formato la mia personale young adulthood. Lizzie Skurnick fa un’operazione splendida nella sua semplicità: riapre dopo decenni i libri che ha amato, e li rilegge con la prospettiva di un adulto e l’affetto dell’adolescente che fu, decostruendone le narrative e contemporaneamente rievocando l’effetto che avevano su di lei.
Categorie: Agamben
di Daniele Giglioli
Uno degli interrogativi indotti dalla ricomparsa, a quasi quindici anni di distanza dalla prima edizione, di un libro come Categorie italiane. Studi di poetica e di letteratura di Giorgio Agamben è come mai un filosofo così appartato e in fondo così difficile da definire sia potuto diventare negli anni una figura sempre più esemplare. Una risposta non scontata è tutt’altro che facile. Un critico che volesse centrare oggi su Agamben, come fece Giacomo Debenedetti con Croce nel 1949, una sua Probabile autobiografia di una generazione, non andrebbe molto lontano dal vero, ma in un senso del tutto diverso. A differenza di Croce, Agamben non è mai stato una figura centrale, didattica, dispotica, attentissima a esercitare con ogni mezzo possibile una sua ferrea egemonia.
MeTrou!

Metromania
di
Paolo Melissi detto Melpunk
Una città è tua se ci sei nato o se la conquisti. La seconda possibilità è la mia. Una città si conquista percorrendo diverse strade. Ognuna di queste va percorsa un passo alla volta: la città va camminata palmo a palmo, con metodo, imparandone le commessure della pavimentazione, consumandoci le suole, guardandola, spiandola e, soprattutto, tracciando nel suo tessuto dei percorsi, luoghi da collegare. Si prendono così le misure alle distanze, si rende famigliare ciò che non lo è mai stato, si acquisiscono abitudini, si impara a guardare in faccia l’ignoto che, poco a poco, si rassicura nella consuetudine. Si costruisce una mappa personale, disegnata dal flusso delle abitudini ma anche dei gusti, delle inclinazioni. Si scelgono i pezzi della città da cucire insieme, i quartieri, gli edifici, i monumenti, le strade. Poco alla volta si individua il codice o l’alfabeto secondo i quali vive e dorme quella città, si imparano le strutture, le ricorrenze, le peculiarità. Le impara l’occhio, prima del pensiero. C’è una rassicurazione nel camminare, il cui orizzonte si sposta all’avanzare del campo visivo, ruota nell’angolo di centottanta gradi. Per quanto sia irregolare il moto lo sguardo è sempre avanti. E colonizza. Rende abitabile.
carta st[r]amp[al]ata n.9
di Fabrizio Tonello
Questa settimana avremmo voluto occuparci del noto pensatore Antonio Socci che, dall’alto della sua cattedra di ex conduttore televisivo di Excalibur, rimbrotta il teologo Hans Küng spiegandogli che non ha capito nulla dell’importanza del celibato dei preti. (leggere per credere: Libero 19/3/2010, p. 19).
Socci dovrà aspettare perché Pietro Del Re, su Repubblica di venerdi scorso, lancia una notizia clamorosa: “La guerra è cambiata, addio alla baionetta”. E l’occhiello aggiunge: “La svolta dopo secoli di combattimenti all’arma bianca” (p.54).
Un bilancio della giornata senza immigrati: I mandarini e le olive non cadono dal cielo
di Davide Galati
Lo scorso lunedì 1° marzo si è svolta la prima giornata di sciopero dei lavoratori stranieri nella storia d’Italia. Analoghe manifestazioni di protesta non violente hanno avuto luogo nello stesso giorno in Francia, Spagna [sp] e Grecia [gr].
In Italia, il comitato organizzatore Primo Marzo 2010 (costituito da attivisti della società civile, giornalisti e imprenditori immigrati) ha diffuso la proposta attraverso gli strumenti online sin dal novembre scorso, attraverso un blog dedicato e numerosi gruppi locali su Facebook. Così il comitato ha presentato l’evento:
“Cosa succederebbe se i quattro milioni e mezzo di immigrati che vivono in Italia decidessero di incrociare le braccia per un giorno? E se a sostenere la loro azione ci fossero anche i milioni di italiani stanchi del razzismo? Primo marzo 2010 si propone di organizzare una grande manifestazione non violenta per far capire all’opinione pubblica italiana quanto sia determinante l’apporto dei migranti alla tenuta e al funzionamento della nostra società. Questo movimento nasce meticcio ed è orgoglioso di riunire al proprio interno italiani, stranieri, seconde generazioni, e chiunque condivida il rifiuto del razzismo e delle discriminazioni verso i più deboli. Il colore di riferimento di Primo marzo 2010 è il giallo. Lo abbiamo scelto perché è considerato il colore del cambiamento e per la sua neutralità politica: il giallo non rimanda infatti ad alcuno schieramento in particolare.”
Peggioramento delle relazioni
Nel corso dell’ultimo anno le condizioni di vita dei migranti che risiedono in Italia o che cercano di entrarvi sono peggiorate. Si sono verificati diversi episodi emblematici. In maggio, il rifiuto di accettare 227 africani che, attraverso il Canale di Sicilia, cercavano di sbarcare a Lampedusa. In luglio viene approvato dal Parlamento un severo decreto legge sulla sicurezza, con l’introduzione del reato di clandestinità.
Sette

Sette sono i cieli e sette i mari dell’antichità
Sette sono i colli e sette i Re di Roma,
Sette sono le virtù
Sette i peccati capitali
Sette sono i bracci della Menorah
Sette gli attributi di Allah
Sette erano i veli di Salomè
Sette i dolori di Maria
Sette sono le meraviglie del mondo antico
Sette sono le arti liberali
Sette le note, sette le chiavi musicali
Sette sono le spose per sette fratelli
Sette sono gli anni di studio “matto e disperatissimo”.
Sette gli anni di Nazione Indiana.
(per la matematica il numero 7 è un numero felice e un numero fortunato. Giuro!)
Il Badalucco e altri fantasmi si aggirano per Napoli
di Enrico De Vivo
Ritorna a Napoli Gianni Celati, in compagnia degli amici Cavazzoni, Rizzante, Schneider, per interpretare una singolare “Recita”, organizzata dalla Fondazione “Premio Napoli” a Palazzo Reale per il 22 marzo (ore 17,30), incentrata sulla pubblicazione del suo ultimo libro, “I sonetti del Badalucco nell’Italia odierna” (Feltrinelli 2010), in cui lo scrittore emiliano ricostruisce la vita, i pensieri e le opere del grande attore veneziano Attilio Vecchiatto. Celati prende l’avvio da 51 sonetti agili e snelli, molti dei quali scritti da Vecchiatto durante il suo soggiorno napoletano, per evocare la figura misteriosa (eppur familiare…) del Badalucco. Vecchiatto diceva che il Badalucco è una “categoria dello spirito”, che alberga dentro ognuno di noi, e se non stiamo attenti rischia di soffocarci.
NEW ITALIAN EPIC, un altro manifesto
di Carlo Tirinanzi
Nell’introduzione a New Italian Epic (Enaudi 2009) Wu Ming 1 nota che il «memorandum» sul NIE è stato scaricato oltre trentamila volte in pochi mesi. Un dato impressionante, come l’autore nota giustamente. E c’è da rallegrarsene: si scrive per essere letti e trentamila download vogliono dire che almeno ventimila persone (togliendo quel terzo di curiosi che scaricano e poi si dimenticano) hanno letto il memorandum. L’uso della rete, la particolare ricettività del pubblico di Wu Ming a questo strumento, il passaparola, hanno dato a Wu Ming 1 un vantaggio spesso fondamentale: egli ha potuto scegliere le posizioni, il che nel mondo letterario vuol dire nominare le cose — fissare una griglia attraverso cui leggere e conoscere il mondo (almeno una porzione di mondo). Questo è proprio quello che fa la teoria letteraria. In realtà però lo fa anche, nel suo piccolo, il libretto d’istruzioni della lavapiatti.
Per un voto onesto servirebbe l’ONU
di Roberto Saviano
“LA disperazione più grave che possa impadronirsi di una società è il dubbio che vivere onestamente sia inutile. E questa disperazione avvolge il mio paese da molto tempo”. È una riflessione che Corrado Alvaro, scrittore calabrese di San Luca, scrisse alla fine della sua vita. E io non ho paura a dirlo: è necessario che il nostro Paese chieda un aiuto. Lo dico e non temo che mi si punti il dito contro, per un’affermazione del genere. Chi pensa che questa sia un’esagerazione, sappia che l’Italia è un paese sotto assedio. In Calabria su 50 consiglieri regionali 35 sono stati inquisiti o condannati. E tutto accade nella più totale accondiscendenza. Nel silenzio. Quale altro paese lo ammetterebbe?
Cip e Ciop in Africa
di Piero Pugliese
Prima di tutto una modalità di viaggiare per me completamente nuova. “La settimana rossa” dei social tourist. Più che vacanze responsabili, un lavoro acrobatico in contesto esotico, su e giù per slum e orfanotrofi.
Alloggio alla Shalom House, giardino recintato con dentro tutto. Mensa, uffici, internet, persino il ristorante italiano. E’ crocevia di una galassia di ngo. Due guardiani in divisa al cancello di ferro. Fuori, strada di terra, fontana dell’acqua con i carretti che riempiono i bidoni. A duecento metri Ngong Road, arteria di ingresso in citta’, coi “matato” pieni di gente e di musica. Il caratteristico odore di copertoni bruciati. A mille metri Nukamatt Junction, oasi di supermercato dove vedi i primi bianchi a loro agio muoversi con buste, coi sacchetti dello shopping, seduti al caffe’. Attorno palazzi a quattro piani, radi, nel verde potente dell’equatore. Col buio non si puo’ uscire a piedi: Nairobi.









