di Orsola Puecher
Isca.
Isca di Eduardo.
Eduardo,
che io ricordo
come
il re delle isole.
Uomini e luoghi, a dispetto del tempo che cerca di cancellarne i contorni, restano legati al ricordo di un’immagine: la prima che si mette a fuoco nel pensarne all’improvviso i nomi. Una sola che la vince fra tante e che diventa il Ricordo. Di un luogo l’alba di un certo giorno, la sua luce, uno scorcio di tetti, finestre accese. L’essere curva e immensa di una piazza che hai visto bambino e che, se la rivedessi ora, si ridimensionerebbe a piccolo slargo insignificante. Di una casa le persiane accostate nell’immobilità della controra, nel frinire delle cicale che si interrompe di colpo e allora là sarà per sempre estate. Di qualcuno un certo sguardo e allora sarà per sempre amato. E così, nel rivedere una vecchia registrazione di Natale in casa Cupiello di Eduardo De Filippo, all’ambientazione dimessa e invernale della commedia, al poveruomo infreddolito, con la scialla e le chianelle, si sovrappone una figura secca secca, Sik Sik, nel sole e nel mare di un isola: il re delle isole, in piedi a prua della barca bianca, il gozzo San Pietro, fra scie e scogliere verso Positano. Panama, sahariana di lino, chiaro nella luce forte di un agosto lontano. Un ricordo a sprazzi luminosi, a salti di inquadrature, come solo sanno essere i fotogrammi dell’infanzia e di certi sogni.





di Andrea Breda Minello






