Una ferita nella terra ecco il mio quartiere
di
Alessio Arena
Da sopra al ponte la Sanità è come una grande gabbia, nel petto squarciato della città un cuore che ha subito infiniti trapianti e adesso si sbatte solo lui, come un’ anguilla il giorno di Natale. Attraverso le grate del ponte, come al di là di un filo spinato che separa i prigionieri dai sicari, ci vedi la capa a cucuzziello della chiesa di San Vincenzo, prigioniera pure lei, che da poco le hanno fatto una lavata di faccia ma mica si vede da qua sopra, no, da sopra al ponte il quartiere lo vedi come un buco enorme, una ferita nella terra con punti di sutura segnati qua e là dalle antenne paraboliche, dalle scale che salgono e scendono, dai balconi balconcini loggette terrazzi ripostigli e vinelle che si buttano una addosso a un’ altra. A un ragazzino della Sanità il prete direbbe che il guaio lo fecero i francesi, Murat che fece costruire quel ponte perché il re arrivasse alla sua reggia senza farsi tutta quella strada, la scalata dello Scudillo, in mezzo a tutta quella gente.







di Marco Belpoliti

Il mio migliore amico nel corso della sua esistenza ha fumato trecentoundicimila sigarette e s’è bevuto centoquarantasettemila e cinquecento lattine di birra. Naturalmente non ha bevuto solo birra in lattine, perché s’è scolato anche un’infinità di birre in bottiglia, e soprattutto alla spina, e poi vino bianco e rosso, whisky, grappa, bourbon, slivowitza, vodka, sakè, martini, vermut, e vari altri alcolici puri o mescolati tra loro. Ma tradotti in lattine di birra il totale fa pur sempre centoquarantasettemila e cinquecento: i miei calcoli sono piuttosto precisi. Un po’ meno di cinquemila ettolitri di birra, pari a duecentocinquanta ettolitri di alcol puro.