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I motivi d’indignazione. Appunti su “L’Italia sepolta sotto la neve” di Roberto Roversi

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[Questo articolo, associato ai testi di Roberto Roversi, è stato pubblicato sul sito L’ospite ingrato]

di Fabio Moliterni

L’ultimo poema di Roberto Roversi sembra presentarsi costitutivamente – vista la stesura pluridecennale che l’accompagna(1) – in quanto summa e specimen di un intero percorso poetico. Questo vale per una serie di motivi che cercherò di sintetizzare, e che fanno per investire o interessare tanto il piano formale della poesia roversiana quanto quello che inferisce la sin troppo nota vicenda editoriale delle sue opere: tal che, a colorarsi di fama faticosamente conquistata – sebbene al prezzo di un certo schematismo e pressappochismo critico-esegetico – non è (ancora) la densità e la natura in sé della lirica di Roversi, semmai è il suo coerente posizionarsi, anche nella stessa prassi della distribuzione-veicolazione dei testi, all’opposizione (o in alternativa, o lontana) dalle strutture istituzionali del mercato culturale(2).

Il giorno della valanga

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Chi disse “preferisco aver fortuna che talento” percepì l’essenza della vita (Woody Allen – Match Point).

Quante volte un minuscolo evento casuale può cambiare il corso della nostra vita? Come la pallina da tennis che prende il nastro può ricadere indifferentemente al di qua o al di là della rete, determinando l’esito della partita, così un minuto, un centimetro, una parola, a volte sono la differenza tra riuscire o fallire,vincere o perdere, vivere o morire.

Certo, il blocco di neve che si stacca proprio quel giorno, proprio in quel momento, proprio in quel punto, non lo posso considerare un evento fortunato. Sarebbe bastato un altro minuto, forse mezzo, e sarei stato oltre. Se solo non mi fossi attardato a sistemami la linguetta dello scarpone, o avessi adottato un’andatura un po’ meno turistica. E d’altro canto se sono qui a scrivere, anche se un po’ acciaccato, è solo per un insieme di circostanze talmente fortunate da far pendere il bilancio della giornata decisamente a mio favore.

Sincronie 2008 – Orizzonte degli eventi

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A Milano dall’8 al 15 novembre.

Sincronie realizza dal 2002 eventi a partire da un tema ogni anno diverso con cui porre la tradizione musicale occidentale in contatto con il pensiero, i linguaggi e la tecnologia del mondo contemporaneo.
Per il suo quinto anno di attività Sincronie diventa una mini rassegna che anticipa il 2009 Anno Internazionale dell’Astronomia con tre eventi dedicati alla relazione tra musica, cieli e astronomia.

8 Novembre 2008 ore 21
ORIZZONTE DEGLI EVENTI
Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia
Via San Vittore 21, Milano

Innaturale?

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di Franco Buffoni

Per secoli si pensò che la condizione dei mancini fosse “innaturale” e si cercò di correggerla, di “guarirla”. Furono oggetto di grandissima ostilità. E anche per loro – poi – si fece l’elenco dei grandi uomini, artisti o condottieri, che lo erano o lo erano stati. Anche per loro si sfoderarono percentuali: si dice che fossero (e che siano) attorno al quindici per cento, mentre gli omosessuali sono quotati al dieci. Cinque milioni di italiani, secondo le stime Eurispes. L’analogia potrebbe proseguire con la categoria dell’ambidestro, che varrebbe il bisessuale. Mi domando: siamo ancora a questo punto? Chi decide che cosa è naturale e che cosa non lo è? Gli scienziati, i preti, il comune buon senso? Davide Rondoni?
E ancora: ammesso che si possa definire ciò che è “naturale”, domando a mia volta: ciò che “naturale” è di per sé sempre e comunque cosa buona e giusta? E’ naturale produrre il fuoco, mungere e addomesticare gli animali, arare il suolo, produrre frutti attraverso innesti, far fermentare l’uva? E’ naturale produrre energia, fabbricare plastica, telefonare, accendere la luce?

Mostra di Cristina Annino

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Biblioteca Pier Paolo Pasolini

Personale di Cristina Annino

8-29 novembre 2008
9,00-13,00 – 15,00-18,30

Vernissage 8 novembre ore 17,00

La mano sulla scuola è la mano che governa il mondo [scuola/5]

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di Chiara Valerio

Tutti hanno idee sulla scuola e sui professori.

È qualcosa di più feroce del mondiale di calcio. Dove in un batter d’occhio tutti sono in grado di poter effettuare, in una partita a eliminazione diretta, cambi migliori dell’uomo con la cravatta in panchina. Io so perché. L’esperienza scolastica è l’unica esperienza sociale condivisa da ogni cittadino italiano o no. Tutti almeno una volta, tra i sei e i diciotto anni, sono andati a scuola. La scuola quindi non è di destra, non è di sinistra, non è di centro e nemmeno federalista. L’unico colore della scuola è il verde formica dei banchi. Perché fino a prova contraria si va a scuola per imparare. La prima prova contraria viene dai rapporti OCSE PISA che collocano i nostri quindicenni al trentatreesimo posto per competenze di lettura e al trentottesimo posto per competenze matematiche. La seconda, dalle percentuali bulgare di studenti rimandati nelle ultime estati in latino e matematica, senza citare poi le statistiche occulte, che pure ogni docente può stilare, sui rimandati in disegno tecnico e storia dell’arte. Le indagini statistiche non sono la verità. Sono come le stelle per i romani. Inclinant non necessitant. Anche se, in questo caso, inclinant verso il baratro. La terza prova contraria è la precarizzazione della figura del docente che si infrange contro la continuità didattica, che per quanto non esistano certezze, è un valore quasi assoluto.

La filosofia politica come arte della disobbedienza

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[Pubblico il testo della lezione che Lorenzo Bernini ha tenuto in Galleria Vittorio Emanuele a Milano il 31 ottobre 2008, corredato da fotografie di Giovanni Hänninen che documentano la manifestazione tenutasi a Milano in occasione dello sciopero della scuola del 30 ottobre e le “lezioni in piazza” tenutesi in piazza Duomo e in Galleria Vittorio Emanuele il 24 e il 31 ottobre. Le “lezioni in piazza” sono un’iniziativa organizzata dagli studenti e dai docenti (strutturati e precari) dell’università per dare visibilità alla protesta in atto contro la “riforma” della scuola stabilita dal “decreto Gelmini” (decreto-legge 137) divenuto legge il 29 ottobre, e contro i “tagli” all’università previsti dalla legge finanziaria (legge 133). L’iniziativa sarà estesa, a partire da questa settimana, anche ad alcune piazze delle periferie di Milano: il 12 novembre a partire dalle 16:30, su invito del comitato inquilini Molise-Calvairate-Pozzi, mobilitato contro il rincaro degli affitti delle case popolari, si terranno lezioni in piazza Insubria. Il 14 novembre è previsto lo sciopero dell’università e della ricerca, con corteo nazionale a Roma.

Per il ventennale di “Testo a fronte”

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Tradurre l’Altro, Tradurre sé: Vent’anni di “Testo a fronte”

11 novembre 2008

Università IULM

Aula Seminari – via Carlo Bo 1 – 20143 Milano

giornata di studio sulla traduzione letteraria in occasione del ventennale di fondazione della rivista TESTO A FRONTE, ed. Marcos y Marcos.

Interverrano – tra gli altri – Lawrence Venuti, Giulia Lanciani, Gabriele Frasca, Edoardo Zuccato. Franco Buffoni, direttore della rivista, parlerà di teoria della traduzione alle h12; Andrea Inglese, curatore del numero mongrafico su Beckett, interverrà alle h 15.

Una raccolta preziosissima

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di Giovanni Cossu

E che io dica di lui come se fosse corpo, ancora sì come se fosse uomo, appare per tre cose che dico di lui.
DANTE, Vita Nuova, XXV.

Diogene Reiteri sembrava un avvoltoio, appollaiato a due metri da terra, su quello scranno dalle cui altezze doveva controllare le scolaresche in visita alla sezione del museo, dove si trovavano esposte le mirabili serie di preparati anatomici in cera: una raccolta preziosissima, come diceva la guida del T.C.I. del ′74.
Né questo era l’unico compito a lui affidato.
Perché con una lunga pertica, imbracciata quasi asta di battaglia come un santogiorgio nel pieno delle sue facoltà, doveva, oltre che colpire con decisione i più ribelli all’ordine e al silenzio – di solito annidati nei punti più lontani delle interminabili file – anche illustrare le caratteristiche salienti, sia dal punto vista funzionale che del metodo costruttivo, di quei preziosi manufatti.
Naturalmente indicandoli, perché qualcuno non scambiasse l’una cosa con l’altra.

Della serie : femmine toste (II)

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di
Bianca Madeccia

«La donna deve obbedire, nel nostro Stato essa non deve contare». «La Patria si serve anche spazzando la propria casa». «La donna ideale deve diventare tre, cinque, dieci volte mamma». Premi di natalità, tasse sui celibi, medaglie e menzioni per le madri prolifiche. Fu una campagna martellante quella che Mussolini impose alle donne. L’Italia per diventare una grande potenza aveva bisogno di molti figli: bisognava perciò obbligare le madri a restare a casa per procreare. E intanto la pubblica amministrazione provvedeva a emarginarle, le università alzavano le tasse per le studentesse, i salari delle operaie venivano ridotti del 65 per cento.
Quattordici, sedici, diciotto”. Novantatré donne sfilano in rassegna mentre l’altoparlante scandisce non il loro nome ma il numero dei figli.

Lettere alla Reinserzione Culturale del Disoccupato 15

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di Andrea Inglese

[18 immagini + lettere invernali per l’autunno; 1,2,3,4,5,6,7,8,9,10,11,12,13,14]

Cara Reinserzione Culturale del Disoccupato

se io e te lo volessimo,
pur con le nostre forze, da soli, ma assieme,
veramente assieme
potremmo aprire:

– dico sul serio –

sai bene cosa ci stia attorno
che riguarda me, in modo persecutorio,
quasi ogni giorno, ma anche te,
la tua sottomissione, certo dipinta
da prudenza istituzionale, da coerenza,
magari con dottrina.

Le termiti della ricerca

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di Sergio Pistoi

Metastasi. E’ proprio la parola che ho sentito usare più spesso dai ricercatori più bravi e giovani. Solo che non parlano di cellule maligne, ma di loro stessi. Il laboratorio dove lavorano, quelli che ci stanno dentro, sono metastasi in un organismo, l’ateneo, il dipartimento, che se non li rigetta, al massimo li tollera. Metastasi buone, tumori al contrario, che invece di drenare risorse ne portano, tante, attirando finanziamenti esterni, anche dall’estero. Che nutrono il loro ospite di preziose pubblicazioni, alzando la media della produttività e abbassando quella dell’età. Come in una simbiosi imperfetta, questi corpi estranei danno molto al loro ospite e in cambio prendono poco.

Parlando di scrittura con John Banville

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di Gianni Biondillo

[Questa chiacchierata con John Banville, che è stata pubblicata su L’Unità del 15.10.2008, era programmata in altra data. Ma credo possa essere un buon contributo alla questione teorica che si sta dibattendo in questi giorni su NI, grazie alle parole di Cortellessa, Donnarumma, Policastro, Inglese e di buona parte degli arguti commentatori. Fra questi c’è chi chiedeva l’opinione degli scrittori. Banville, mostrando la sua bottega, involontariamente propone degli stimoli sui quali, credo, si possa meditare. G.B.]

Non sono un giornalista, non ne ho il talento. Sono soprattutto un lettore. Non so bene come si intervisti un autore come John Banville, uno fra i più importanti in lingua inglese, vincitore del Booker Prize, amato da autori del calibro di Don DeLillo o di Martin Amis. Mentre gli stringo la mano glielo dico. “Bene, vorrà dire che non mi chiederai qual è la mia boyband preferita”. Neppure ci pensavo. Esistono piccole realtà territoriali, invece gli dico, come l’Irlanda o Israele, che hanno saputo produrre letteratura di livello globale.

assAlto al cielo

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 di Marco Rovelli

La casa editrice Eleuthera ha pubblicato A-cerchiata. Storia veridica ed esiti imprevisti di un simbolo. Una storia per immagini di un segno forte, recente (nasce nel 1964 a Parigi) eppure di una potenza quasi archetipica. Un libro fatto di bellissime immagini e fotografie (il progetto fotografico e il design sono di Gianluca Chinnici), e di contributi testuali di natura differente (storici, scrittori, grafici, semiologi, artisti, critici…): di fatto, una traversata nell’immaginario contemporaneo. Qui la scheda. Di seguito, il mio breve contributo.

E’ una grafia sghemba, la mia, che fa sempre una distratta violenza ai contorni del mondo. Come per anticiparlo, per ritrovarsi sempre giusto davanti a lui, anche solo un passo. E’ una grafia che affretta il compimento – o almeno lo vorrebbe. Che le cose si chiudano, se lo devono.

E’ una volontà manifesta nel cerchio della A (ho davanti agli occhi le mie A cerchiate, d’un tempo, e di adesso). Non è un cerchio, tracciato da me, ma un ovale. Come a stringere i tempi, a prendere una scorciatoia – se l’anello deve chiudersi, che si chiuda prima. Tanto quell’anello dovrà essere sfondato, e allora che importa se non è davvero un cerchio. Ciò che conta, di quell’anello imperfetto, è ciò che lo sfonda. E’ quella A che lo sfonda dal basso, incuneandosi con la punta nel suo vuoto, e lo trapassa, emergendo in alto. E allora la A sì che è perfetta. E’ la A il vettore del movimento. Quella A che è la figura perfetta dell’assalto al cielo.

Against Nature

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Per chiunque creda che l’omosessualità sia contro natura, consigliamo vivamente di visitare la mostra Against Nature?, dove il tema trattato è l’omosessualità e i comportamenti omosessuali nelle specie animali.

La mostra, proveniente da Oslo, è ospitata dal Museo di Storia Naturale Doria di Genova all’interno del Festival della Scienza.

Sono riportate le storie delle balene maschio che si comportano vistosamente da femmina per evitare i combattimenti, dei trichechi che si coinvolgono in giochi erotici omosessuali e dei pinguini reali, dove un maschio su cinque preferisce un partner dello stesso sesso. A livello sociale troviamo, invece, i fenicotteri che si organizzano in coppie di maschi per allevare il doppio dei cuccioli, i cigni che creano coppie fedeli nel tempo sia etero che omo, le scimmie bonobo presso le quali i rapporti omosessuali tra maschi servono anche ad abbassare il livello di aggressività.

della serie: femmine toste

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Rosaria Capacchione: Io, condannata a morte e a vivere sotto scorta
di
Fulvio Bufi
Francesco Sandokan Schiavone le scrisse una lettera piena di maleparole. Era ancora latitante, ma la busta aveva un timbro postale di Napoli, quartiere Secondigliano, quello dove anni dopo si sarebbero scannati i Di Lauro e gli scissionisti. Rosaria l’ha ritrovata di recente. Una sequela di oscenità in corpo 11. È una delle poche che non ha consegnato ai magistrati. Questa e un paio di Giuseppina Nappa, la moglie di Schiavone, un’altra che aveva l’abitudine di scriverle. Quando si lamentava per qualche articolo pubblicato sul Mattino, ci metteva la firma. Quando minacciava preferiva l’anonimato. Però scriveva sempre a penna e in stampatello: si faceva riconoscere comunque. Rosaria la odiano, gli Schiavone. E la odiano tutti i Casalesi. Sandokan, che è il capo dei capi, un poco in più per un fatto personale.

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Giovedì 6 novembre, alle 19, Stefano Gallerani presenterà il romanzo di Fabio Genovesi “Versilia rock city” al Tuma’s book bar di Roma (quartiere San Lorenzo, via dei Sabelli 17), presente l’autore.
Pubblichiamo l’intervista realizzata da Isabella Borghese, curatrice degli incontri, a Genovesi.

Il disgusto e l’ossessione. Un modo di esercitare la critica

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di Andrea Inglese

[In veste di spettatore, non sono costretto a scegliere tra il documentario L’incubo di Darwin di Hubert Sauper e quello Case sparse. Visioni di case che crollano di Gianni Celati. Neppure devo scegliere tra due opere di Abbas Kiarostami, autore sia di un film di finzione come Dieci sia di un documentario come Abc Africa. In veste di lettore, similmente, posso apprezzare di uno stesso autore – ad esempio Antonio Moresco – libri tanto diversi come I canti del caos, Lettere a nessuno e Zingari di merda. Perché poi dovrei scegliere tra Gomorra di Roberto Saviano e Neuropa di Gianluca Gigliozzi, un best seller il primo, un romanzo letto (ahimè) da pochissimi il secondo? (Il libro di Saviano ha come sottotitolo Viaggio nell’impero economico e nel sogno di dominio della camorra, quello di Gigliozzi Poema epicomico in prosa.) Queste ovvie constatazioni mi impediscono di schierarmi ogniqualvolta la letteratura dell’impegno fronteggia quella dello stile, o viceversa. Così mi accade anche leggendo gli interventi di Andrea Cortellessa e di Raffaele Donnarumma ospitati da NI.

ANNA LAMBERTI-BOCCONI

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CANTO DI UNA RAGAZZA FASCISTA DEI MIEI TEMPI
 
di Anna Lamberti Bocconi

Bella ragazza, andavo male a scuola
son fuori tempo, sono già partita,
mio padre un avvocato anni Sessanta
se fossi viva sarei non so cosa
bruciavo come grano sulla brace
non riconosco niente del 2000
non ho strumenti, straccio la partita,
la batteria rullata giù in cantina
ricordo il giorno della bocciatura
ci ho fatto un sole, un buco con il pugno.
Mio padre seduttivo a labbra molli
mia madre insoddisfatta che fumava
la cameriera che parlava in sardo
quelle lenzuola nere viste un giorno
regalo di un’amica di mio padre
mia madre che inghiottiva umiliazione.

Tra zero e due meno meno

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[Gilda Policastro, redattrice di «Allegoria», risponde a Cortellessa, proseguendo il discorso che Donnarumma avvia a partire da questi articoli. dp]

di Gilda Policastro

Se la domanda che poni a uno scrittore trentacinque-quarantacinquenne in Italia oggi è “quanto la realtà entra in quello che scrivi e lo condiziona” la risposta è: “zero”. Questo è l’esito (semplificando con la brutalità indispensabile all’operazione di tirare le somme) dell’inchiesta pubblicata sull’ultimo numero di «Allegoria». Nel saggio che la introduce, il co-curatore (assieme alla sottoscritta) Raffaele Donnarumma cerca di incrementare questo zero, di portarlo almeno a due meno meno, salvando una parte buona degli scrittori, che consiste in ciò che concretamente scrivono, a danno di una cattiva, che è ciò che invece dichiarerebbero per gusto del paradosso o per insufficienza teorica.