di Demetrio Paolin
Ad Annalisa
Salirono in macchina. Il viaggio fu piacevole, l’aperta campagna s’apriva a un verde smagliante dintorno. Una primavera forsennata che aveva deciso dimostrare tutta la sua bellezza. Arrivarono a una chiesa. Non era niente di che, un edificio scarno e mezzo abbandonato.
“E’ sconsacrata, sai?”
“Ah…”
“Ma un’associazione culturale vuole restaurarla. Facendo i lavori hanno trovato dentro una cosa molto interessante: una tela di dimensioni grandi, di fine Cinquecento, conservata in pessimo modo, ma che io sono riuscito dopo un anno di lavoro a salvare. Ecco volevo farla vedere a te per primo”.
“Perché? Mica c’è un personaggio che mi somiglia”.
“No, ma appena la vedrai credo che ti sarà tutto chiaro”.
Entrarono, attraversarono la navata, salirono sull’ambone e si diressero dietro il grosso altare. Lì Silvio aveva allestito il suo studio di restauro. Vicino al muro appeso e tutto coperto, c’era il grosso quadro. Silvio accese le luci giuste: “Ora chiudi gli occhi e aprili solo quando te lo dico io”.
“Se non fossi mio fratello – sorrise Tommaso – penserei che mi stai facendo la corte” e quindi chiuse gli occhi.
“Ecco, aspetta, ora puoi aprirli”.







