Gitanes sans Filtre
Note e correspondances sulla Carmen di Bizet rappresentata alla Scala di Milano
di
Magda Mantecca (con una nota di Carlo Serra)
Il romanticismo dell’Europa del diciannovesimo secolo offre attraverso l’opera lo strumento con cui restituire alla società del tempo il sentire collettivo. Verdi e Rossini in Italia, piuttosto che Wagner in Germania o Bizet in Francia, esprimono in maniera territorialmente diversificata la capacità di rappresentazione di molteplici forme artistiche condensandole in una sola.
Bizet supera il senso tragico della morte wagneriana attraverso l’ironia di una figura emblematica ed eterna racchiudente in se diverse tipologie e caratteri umani quindi molteplicità nell’unità, che si ponge nei confronti della borghesia francese dell’epoca come oltraggio al compatto moralismo di maniera. Come rappresentarlo in modo che sia accettato dal pubblico di riferimento? Bizet trova l’espediente nell’esotismo, nella delocalizzazione di aspetti della natura umana esistenti ma sconvenienti come la sfrontatezza dell’erotismo e l’irriverenza verso il potere, in una figura topograficamente distanziata, che possa evocare tentazione ma al di fuori della comunità dei benpensanti .
A un amico: per Boris Mikhailovič Hoffman
di Giovanni Catelli
Ci siamo detti do vstreči e do skorovo, l’ultima volta, ricorda, Monsieur Boris?
Mi ha voluto accompagnare, attraverso la breve serra del cortile, sino alla soglia del Boulevard, per un po’ d’aria fresca, per uscire, da quella navicella colma di libri e di par ole, che riceve il suo silenzio dalle vie quiete del retro, sospese in un’eterna provincia, prima della grande luce di Rue Gay-Lussac.
Parlavamo di Kiev, ne sono certo, e di un suo trascorso viaggio, attraverso la memoria ed il tempo, incontro al presente, passeggero, e all’avvenire che non cessa, nella nostra speranza, di ricongiungersi al passato, e ricreare quasi un cerchio, magico, che spieghi, che giustifichi, a riscuotere ogni breve, lucente moneta del ricordo, a riscattare ogni gesto che rimanga, nel vago limbo dell’attesa, e della sua domanda senza voce;
Penumbria
di Ottavio Fatica
Per Eugenio
Il treno era in ritardo, tanto per cambiare,
sulla tratta scaduta da Roma a non so dove
e sono sceso a Chiusi con mezz’ora di ritardo
su poco più di un’ora di percorso.
Vado a trovare i miei mi andavo ripetendo
da un po’ di tempo in qua; dopo il trasloco
dopo tanti anni al primo squillo che ricevo
mi aspetto ancora di sentire
la voce di mia madre all’altro capo.
La decisione a lungo rinviata
l’ho presa come al solito d’un tratto
nei giorni di un’estate tropicale.
Dietrology
Kultur- One
Natale a Beverly Hills, film di interesse culturale nazionale
A conti fatti il cinema italiano noi lo aiutiamo. Con i nostri incassi facciamo bene a tutti».
Essi dicono
Kultur- Two
“Wenn ich Kultur höre … entsichere ich meinen Browning”. Meaning: “Whenever I hear the word culture… I release the safety-catch of my Browning!” – Hans Johst – Schlageter (Act 1, Scene 1). Essi dissero.
E tu, cosa dici?
MERRY CHRISTMAS
di Franco Buffoni
1. In questi giorni di persino – se possibile – maggiore presenza pretesca sulle reti generaliste, perché non dare rilievo all’alto spirito caritativo che ha mosso l’arcivescovo di Bologna Carlo Caffarra a chiedere con veemenza al presidente della regione Emilia-Romagna Vasco Errani di NON estendere anche alle coppie di fatto – debitamente registrate in comune – i diritti e i benefici del welfare?
2. Su proposta del ministro agli affari regionali Raffaele Fitto, il Governo ha impugnato la legge 52/09 della Regione Liguria contro l’omofobia: “Norme contro le discriminazioni determinate dall’ orientamento sessuale o dall’ identità di genere”. Motivazione: la legge “eccede dalle competenze regionali perché solo lo stato può decidere in materia di diritti civili”.
Ma quando lo stato non decide – anzi palesemente disattende l’art. 13 del Trattato di Amsterdam e ignora le direttive del Parlamento europeo, in particolare quella del 26 aprile 2007 che condanna “i commenti discriminatori formulati da dirigenti politici e religiosi nei confronti degli omosessuali” – e un consiglio regionale, per contro, mostra dignità e autonomia decisionale, non sarebbe il caso almeno di parlarne, facendo circolare la notizia?
Perché non ho smesso di scriverti versi
di Simone Consorti
Visionario, solitario stai
Passero che sogni ben altra vetta
Passero che non ti passerà mai
La terra di Piero
Partono i bastimenti
di
Piero Berengo Gardin
Non sono le fotografie di Jacob A. Riis sulla vita e il lavoro degli emigrati negli ‘slums’ della New York otto-novecento, né quelle di Lewis W. Hine, ugualmente famose, degli operai appesi nel vuoto dell’Empire State Building. Non sono le immagini inchiesta di Paul Strand sulla Luzzara post-neorealista di Cesare Zavattini, né le foto bibliche di Sebastiao Salgado o la celebre effige del ‘manovale’ di August Sander. Sono piuttosto la testimonianza diretta di un’ampia antologia tutta italiana sulla fatica, il lavoro e l’esodo di coloro che furono attratti dal miraggio di una terra promessa. Vediamo dunque perché questo tipo di fotografia ha quel qualcosa in più che la distingue da qualsiasi altra, ricordando a distanza di tempo un’operazione di rilevamento etnografico multimediale indirizzato ad una vasta platea televisiva.
l’uovo oggi e la gallina domani

di Chiara Valerio
Nel tabacchi di via Zanardelli non si gioca a Win for Life. La signora del bancolotto mi dice Si gioca nelle ricevitorie del Superenalotto. Io le domando se molta gente viene a chiedere di giocare a Win for Life, mi risponde sorniona che no, che la gente ha imparato. Che la gente lo sa. La signora mi guarda e forse pensa che ho trentanni anche se ne dimostro meno, che sono precaria anche se ho una bella giacca per i mezzi tempi, e che forse non mi va di lavorare anche se i fogli che spuntano dalla borsa mostrano una grafia minuta. Forse pensa che studio. Chi lo sa. Io compro una scatola di fiammiferi mentre la signora continua a guardarmi e un po’ si preoccupa perchè se nella sua ricevitoria avessi giocato a Win for Life forse non avrei comprato i fiammiferi per dar fuoco a qualcosa. Io invece esco e coi fiammiferi mi accendo solo una sigaretta perchè mi piace l’odore dello zolfo.
dietrology
Cinéphile
di
Pasquale Vitagliano
Non è affatto calmo questo caos,
rifluisce alla sua natura di intemperie,
di disordine che non si lascia a terra,
che si porta come calce nei palmi.
Non è cinematograficamente corretta
questa inconsolabile lotta contro il petto,
senza alcun motivo musicale, amputata
di ogni colonna sonora che ti batteva
nella testa, ed ora sprofonda sorda nel ricordo.
L’ hai presa da dietro la voglia di farla finita,
un’eclissi carnale che ti spegne come la terra
messa a tappeto da un siderale sole notturno
che rimbomba come uno sparo in una camera chiusa.
Fuoco amico
Fuoco amico è il fuoco, l’offensiva che proviene dal nostro esercito, dai presunti alleati. Il fuoco amico ha tutte le caratteristiche dell’elemento – ustiona, distrugge, ma con il compito di difenderci, di tenerci protetti in un paese ostile. Perciò esserne raggiunti, colpiti, è una sorpresa crudele e beffarda, quanto niente affatto improbabile. Non esiste, infatti, un luogo sicuro. Soprattutto se lo cerchiamo in noi stessi, a fondo nella nostra carne, quotidianità, terra di provenienza. A queste cose pensavo, leggendo appunto Fuoco amico, il nuovo bel libro di Paolo Maccari, da tempo atteso e finalmente uscito per Passigli. La poesia di Paolo non è indulgente, non consola, nemmeno quando ha moti di tenerezza, quando cerca compagni d’esperienza – si ritrova piuttosto in un continuo tradimento (una delle parole più frequenti del libro): dei maestri (di vita e di poesia, della strada impervia sulla quale le due coincidono e si fronteggiano); del passato e dei suoi volti; della propria fondamentale solitudine congiunta ad un bisogno altrettanto netto di trovarsi alla fine sodali, seppure non compresi, in un comune destino della specie.
Appunti sul prato
di Mariasole Ariot
L’ultimo prato che ho visto
Evidentemente il ricordo ha una traiettoria in salita. Il prato è a quattromila metri d’altezza, il lago al centro come un punto di raccolta dell’immaginario, ci sono donne invisibili che danzano – l’unico animale disteso al fuoco ascolta il rumore della goccia.
Le lacrime ad alta quota formano laghi vecchi millenni.
Poesie semplici
Fonie
di
Dorinda Di Prossimo
in vece
tu
ai gerani parli
smessi. freddolini
ai tuorli della sete
un appena di mani
io
a frutto doloroso
a promessa
Nature morte
di
Giampaolo De Pietro
Io non so se sto ascoltando
o no, volevo avventurarmi ma
al passo è finito
l’inchiostro
al rullo è mancato il tamburo
al muro è toccata una preghiera
la più silenziosa
ai venti sparsi gli alberi e
alle foglie tutto
il dolore dell’essere
un’ indegna corazza
e persa dispersa
nel mare scrollato
di dosso
dal mondo
Premio Dedalus – Classifiche totali dicembre 2009
NARRATIVA
1) N. Lagioia, Riportando tutto a casa, Einaudi- p. 52
2) L. Pugno, Quando verrai, minimum fax – p. 43
3) G. Mozzi, Sono l’ultimo a scendere, Mondadori – p. 19
4) E. Albinati, Guerra alla tristezza!, Fandango – p. 14
LIBERA RETE IN LIBERO STATO
Libera Rete in Libero Stato
Sit-in mercoledì 23 dicembre in piazza del Popolo a Roma dalle 17.
per aderire: liberareteinliberostato@gmail.com
http://www.facebook.com/pages/Libera-Rete-in-Libero-Stato/237964836258
twittter: http://twitter.com/liberarete
Libera Rete in libero Stato
Internet è una piazza libera. Una sterminata piazza in cui milioni di persone si parlano, si confrontano e crescono.
Giornata internazionale dei migranti
Tra le tante voci dei migranti – che potete ascoltare su www.radio1812.net/it –
aggiungerei quella del poeta uruguaiano Mario Benedetti:
QUESTA E’ LA MIA CASA
Non c’è dubbio. Questa è la mia casa
qui avvengo, qui
mi inganno immensamente.
Questa è la mia casa ferma nel tempo.
ANIMAzioni#06: “Labyrinth” [1963] di Jan Lenica
un antidoto alla bufera delle bruttezze di questi giorni – alla mancanza di ironia – di fantasia – di tutti i tempi e i regimi
* * *
Jan Lenica (4 Gennaio 1928, Poznań, Polonia – 5 Ottobre 2001, Berlino) – mancato architetto – grande disegnatore e animatore polacco –
La Ninetta del Verzé
di Stefano Beretta
Ormai Aldo Cazzullo sembra diventato l’ufficio stampa o il portavoce di don Luigi Verzé. Non pago di averlo già intervistato non molto tempo fa per il Corriere della Sera e di avere recensito (favorevolmente) un suo libro, tre giorni fa non si è lasciato sfuggire la ghiotta occasione di fargli qualche domanda riguardo a Silvio Berlusconi, ricoverato nella sua clinica, il San Raffaele di Milano. Consiglio vivamente la lettura dell’intervista, perché alcune risposte sono davvero stupefacenti: sembra che don Verzé ritenga gli italiani – o, quantomeno, i lettori del Corriere – degli imbecilli (e, per quanto riguarda Cazzullo, ormai deve averne già conquistato il cuore). Ecco alcune perle irrinunciabili: “Io conosco bene Berlusconi. È un uomo di fiducia e di fede. Conosce il vero insegnamento di Gesù: ‘Amatevi l’un l’altro come io ho amato voi’. Berlusconi ama tutti, anche i suoi nemici. È incapace di pensieri o parole cattivi”. E ancora: “Berlusconi ama l’Italia, ed è per questo, non per i suoi interessi, che è sceso in campo, mettendo in gioco tutto se stesso, anima e corpo, anche a rischio della propria salute”.






