
di Mauro Baldrati
Per parlare dell’ultimo libro di Alan D. Altieri, Hellgate (Tea, 2009), bisogna fare una riflessione sulla violenza e la sua rappresentazione. La violenza è ormai parte del nostro quotidiano, esce con enfasi e autocompiacimento dai telegiornali, che sono zeppi di cronaca nera che viaggia sui particolari macabri, sulla violenza verbale degli aggettivi (massacro, strage, sgozzato, ecc), e si basa su un presunto voyeurismo dark del pubblico al quale fornisce nutrimento. La violenza rappresentata dalla televisione, e con altri stili dai giornali, è brutta, volgare, perché deriva dal tentativo di spettacolarizzare il dolore che sta dietro gli atti criminali, spesso causati da un livello intollerabile di aggressività. Cerca di spettacolarizzarlo attraverso la sua riproduzione, la moltiplicazione, restando così dentro la violenza, senza neutralizzarla né superarla.




di Marco Belpoliti

Il mio migliore amico nel corso della sua esistenza ha fumato trecentoundicimila sigarette e s’è bevuto centoquarantasettemila e cinquecento lattine di birra. Naturalmente non ha bevuto solo birra in lattine, perché s’è scolato anche un’infinità di birre in bottiglia, e soprattutto alla spina, e poi vino bianco e rosso, whisky, grappa, bourbon, slivowitza, vodka, sakè, martini, vermut, e vari altri alcolici puri o mescolati tra loro. Ma tradotti in lattine di birra il totale fa pur sempre centoquarantasettemila e cinquecento: i miei calcoli sono piuttosto precisi. Un po’ meno di cinquemila ettolitri di birra, pari a duecentocinquanta ettolitri di alcol puro.



