Da qualche tempo una ossessione abita le mie riflessioni sulla letteratura e sugli autori. Certo, lo stile, i personaggi, le storie, il senso ultimo di una creazione letteraria e la lingua che i pensieri parleranno, ritengo siano questioni imprescindibili per chiunque tentasse di penetrare il mistero della scrittura. Ma quando leggo un libro, dalle prime frasi che esplodono all’apertura delle pagine, la prima cosa che cerco è la voce. Si badi bene, non la voce del romanziere che “dice”, racconta la storia che si sta per leggere, no, o almeno non necessariamente. A me interessa sentirlo parlare, magari cazzeggiare o leggere l’elenco delle cose da comprare al supermercato, una dichiarazione d’amore. Perché nella voce di un autore si trova la terra, il background, l’indicibile luogo d’origine delle storie, la materia informe da cui si liberano i fumi del rècit. Ecco perché la prima cosa che ho fatto, quando ho avuto tra le mani Kalooki Nights, è stata di andarmi a cercare la voce del suo autore: Howard Jacobson
Fonogrammi
Fonogrammi, #2: Marco Giovenale
sabato 29 novembre, ore 21:00, Roma
presso Il Cantiere, Via Gustavo Modena 92 (Trastevere)
Fonogrammi
-suono-voce-poesia-
ciclo di incontri a cura di CarneCeleste
La lingua batte dove il dente duole
Sarà per deformazione professionale, o forse soltanto per via di una casuale fortuna dentaria, ma insomma di fronte all’espressione “la lingua batte dove il dente duole” non ho mai pensato a bocca e gengive. Piuttosto, in maniera più o meno istintiva, mi ha sempre fatto venire in mente la letteratura (e dunque la lingua) e la sua vocazione a raccontare il dolore dell’uomo.
Ah, non parlatemi della Duncan!…


F. Chopin, Berceuse in D flat major, Op.57, Andante
di Anna Tellini
Seduto nel secondo palco di prima fila della soffocante sala del teatro Malyj di San Pietroburgo, Rozanov [1] assiste a un’esibizione di Isadora, impegnata in una delle sue numerose tournée in Russia, e anche senza binocolo può vedere distintamente tutti i dettagli:
La sala era piena: e non nego che tra coloro che si recavano per la prima volta a vedere la Duncan, tra coloro cioè che non l’avevano vista affatto e non avevano neanche idea di quel che facesse, ci fosse questo motivo di vedere sulla scena una donna seminuda. Nell’enorme folla che si agitava alla cassa, che per lo più aveva ricevuto un rifiuto per mancanza di biglietti, c’erano molte persone incolte, rozzotte e superficiali alquanto. Ma, lo ripeto, era la folla della strada, che si agitava davanti al teatro e in teatro non era entrata. E’ la “nostra folla”, la “folla russa”, Duncan o non Duncan. Dato che i miei ragionamenti che seguono saranno condotti dal punto di vista della storia della cultura, bisogna sottolineare con forza il fatto che “dare una sbirciatina a una donna nuda” è proprio il nostro impeto, l’impeto di Pietroburgo, di Mosca, della Russia, forse perfino dell’Europa […].
Le strade che portano al Fùcino
Oggi alle ore 18:40, Roma
Andrea Cortellessa e Gilda Policastro presentano:
Tommaso Ottonieri, Le Strade che portano al Fucino («fuoriformato», Le Lettere)
e Dalle memorie di un piccolo ipertrofico (No Reply)
A seguire performance live di Tommaso Ottonieri
Piazza dell’Orologio, 3 – tel. 06 68134697
Casa delle Letterature
Corde del sogno
di Franz Krauspenhaar
Nel pensiero vagante scendo sotto, addormentato la testa, abbandonata, come sepolta. Sono teso con le mani attaccate alle corde del sogno, che si spalanca da una botola di palco. Attaccato alle corde tiro forte, le mani aperte, graffiate, stando con i piedi piantati a terra, uno dietro l’altro.
Tiro, tiro, tiro. Le corde del sogno avvolgono come una pellicola un film Super 8 di tanti anni fa. Lui bambino piccolo, i pochi capelli biondi e il sorriso, nell’auto che frena e riparte. Le corde del sogno restano tra la morte e me, fino alle palpebre incrinate, come cristallo spezzato, al
risveglio.
Lettere alla Reinserzione Culturale del Disoccupato 17
[18 immagini + lettere invernali per l’inverno; 1,2,3,4,5,6,7,8,9,10,11,12,13,14, 15, 16…]
di Andrea Inglese
Cara Reinserzione Culturale del Disoccupato,
le mie relazioni sociali che stanno
così bene al di fuori di me così
ben al di sopra
le mie relazioni sociali sono in costante
miglioramento sono quasi ottime
tenendo la mia follia lontano
dalle mie relazioni sociali
che vanno sempre concepite come massa
vellutata anonima
separando tutta la mia sete d’amore
l’incalcolabile desiderio di posare una mano
sulla coscia sulle radiazioni interne
gli aloni i tremiti minimi di una coscia
allontanando il bisogno di mordere e colpire
dalla nuvola alta delle mie relazioni sociali
della serie: femmine toste (le pupe)
di
Donata Amico
Da bambina ho assistito a numerosi spettacoli dell’Opera di pupi.
Ne conosco i personaggi femminili anche per lo studio dei canovacci autografi del puparo Raffaele Trombetta, mio bisnonno, e per le favole cavalleresche raccontatemi da mia nonna Giuseppina Trombetta Amico (1892-1990), figlia di una figlia di Gaetano Crimi e parlatrice di ‘pupe’ nei teatri del padre e poi del marito Pasqualino.
Sirene, spose fedeli e amazzoni dell’Ottocento maturo; memori, se guerriere, della Camilla virgiliana e della Pentesilea omerica, afroditiche o anagamiche che siano, nell’economia narrativa e spettacolare dell’Opera dei pupi, i personaggi femminili dell’Opra sono molti e fondamentali poiché traghettano con le arti maieutiche dell’ incanto amoroso, del sacrificio fino al suicidio, della follia , della virtù guerresca, il logocentrismo, le struttura razionale del Testo alle passioni dell’anima, mescidando la chimica del Discorso all’ alchimia dei corpi e delle cose, il teatro regolare al rito catartico, la Ragione ai sensi, con registri recitativi ora tragici ora melodrammatici o tratti dal romanzo d’ appendice.
ANIMAzioni#04: “Kafka” [1991] di Piotr Dumała
«un’immagine della mia esistenza sarebbe una pertica inutile, incrostata di brina e di neve, infilata obliquamente nel terreno, in un campo profondamente sconvolto, al margine di una grande pianura, in una buia notte invernale»
Franz Kafka, Confessioni e Diari (1972), Mondadori, Milano, a cura di Ervino Pocar
L’interesse è usura
di Pino Tripodi
Interesse zero e nuove forme d’usura.
Che differenza c’è tra interesse e usura? Dal mio punto di vista nessuno. Cambiano certo le forme e i tassi dell’usura, ma dal punto di vista concettuale non vi è alcuna differenza. In economia invece il discrimine passa tra ciò che viene ritenuto legale e ciò che viene ritenuto illegale. Per interi millenni i concetti si sono sovrapposti tanto che l’usura veniva intesa- e unanimemente condannata – come prestito di denaro in cambio di interessi. Il motivo dello stigma dell’usura è di grande importanza. Prestare soldi a interessi veniva condannato senz’appello perché ciò significava vendere il tempo e il tempo non appartiene agli uomini bensì a Dio. Ci hanno pensato prima le banche e poi gli stati a distinguere gli interessi dall’usura. L’usura è stata così introiettata nell’ordine economico.
Non è Esenin
La canzone è “Peremen!” (Cambiamenti!) dei Kino, gruppo rock sovietico degli anni ottanta. Il video (guardatelo a schermo pieno) è la chiusa, con titoli di coda, di “Assa” di Sergei Solovyev, il film simbolo della cinema della glasnost – un film definito postpunk, tra le altre cose. La potenza espressiva dell’attore che “recita” il testo con il linguaggio russo dei sordomuti mi ha ipnotizzato. La regalo all’Onda, come auspicio.
Вместо тепла – зелень стекла,
Вместо огня – дым,
Из сетки календаря выхвачен день.
Ricercatori, trovatori e ricercati
di Tommaso Pippucci
Credo fermamente che sia da smitizzare la sciocca diceria che vuole che in Italia politica e ricerca non vadano a braccetto. Si tratta davvero di un increscioso malinteso, dacché la politica italiana foraggia cospicuamente, da sempre e con convinzione, la ricerca. Piuttosto, forse, ad avvelenare il clima son quelle tediose e inconcludenti dispute di parte che son costume annoso e, ahimé, all’apparenza inestirpabile del nostro amato belpaese. Il legiferatore infatti, lungi dal voler penalizzare la ricerca ogniqualvolta s’accinga a formulare una nuova legge finanziaria, tende casomai (ed è di ciò ch’eventualmente va dato atto) a privilegiare i ricercati (quelli delle locandine del Far West intendo, inchiodate agli stipiti d’ingresso dei saloon e raffiguranti brutti ceffi con la scritta WANTED in bella posta sopra e, sotto, una munifica taglia in dollaroni a tanti zeri) piuttosto che i ricercatori.
VULCANO + Manifesto : Roberto Donatelli
Quella mattina era passato da vulcano, aveva ordinato tre fulmini con lo sguardo, gli aveva chiesto urgenza, adesso si rimboccava la giacca, si aggiustava i capelli, le mani leggermente umide facevano da gel, si sedette, accavallò le gambe la testa all’indietro aspettava il suo turno.

Arthur Rimbaud par Ernest Pignon Ernest
Aveva gli occhi sbarrati su quel manifesto, l’avevano incollato da poco, la viscida colla passata frettolosamente scorreva, goccioloni sul selciato, la puzza del gas di scarico nell’aria, il traballante rumore su tre ruote in fondo, lucidando i talloni sull’asfalto si posizionò, il cemento faceva strane smorfie e il collo ciondolava.
Dentro le mura, fuori dalle mura

di Giuseppe Zucco
Solo l’amare, solo il conoscere
conta, non l’aver amato,
non l’aver conosciuto.
(Pier Paolo Pasolini, Il pianto della scavatrice)
1. Premessa in forma di domande
Come immaginiamo oggi La Scuola?
Che tipo di immagine mentale si impadronisce di noi quando ci riferiamo a banchi, lavagne, zaini, manuali e ragazzi/e? C’è uno schema rappresentativo che ci guida, e ci soccorre, o più semplicemente ci condiziona, quando riferiamo i nostri pensieri al Sistema della Pubblica Istruzione? C’è qualcosa, nella nostra immagine del mondo scolastico, che pure vagamente si avvicina alla parola pedagogia, e se non a questa – parola stremata dal modo in cui è stata abusata negli anni Cinquanta e Sessanta in cui tutto era pedagogico, dalla tivù, ai fumetti, ai cantautori – alla parola formazione? Non sarà che nell’estrema sintesi di questa immagine mentale in realtà stiamo giudicando e liquidando, in un colpo solo, gli abitanti di questo specialissimo ecosistema sociale? Potrebbe essere che innescando gli effetti collaterali dell’immagine mentale abbiamo già liquidato il corpo docente e la classe studentesca come il Prodotto Finale, lampante e sotto gli occhi di tutti, della catastrofe che si avvera dovunque, in qualsiasi punto della rete sociale che ci include e si dirama intorno a noi?
Juke-box: Come writers and critics…
di Antonio Sparzani
[youtube:http://www.youtube.com/watch?v=wgECKj9LSH4]
Sommesso contributo – da Bob Dylan – al dibattito in corso su scrittori e critici. La seconda strofa in particolare, ma anche il resto non scherza:
The Times They Are A-Changin’
Come gather ‘round people
Wherever you roam
And admit that the waters
Around you have grown
And accept it that soon
You’ll be drenched to the bone.
If your time to you
Is worth savin’
Then you better start swimmin’
Or you’ll sink like a stone
For the times they are a-changin’.
A gamba tesa: nessuno tocchi la Biblioteca di Sarajevo
Neve nera
di
Azra Nuhefendic
La buona notizia: stanno per restaurarla. La cattiva: la stiamo perdendo di nuovo.
Il Consiglio municipale di Sarajevo ha deciso di iniziare il restauro della Biblioteca Nazionale e Universitaria, meglio conosciuta come la Vijećnica. Le autorità hanno stabilito che in futuro, il palazzo non ospiterà come un tempo la biblioteca, ma l’ufficio del sindaco e di altri burocrati municipali.
Vijećnica è il simbolo della distruzione di Sarajevo e della Bosnia Erzegovina. Custodiva, prima della guerra, un milione e mezzo di libri, tra i quali 155 000 esemplari rari e preziosi, 478 manoscritti. Era l’unico archivio nazionale di tutti i periodici pubblicati in, o sulla Bosnia Erzegovina.
Dopo tre giorni di rogo, della biblioteca bruciata rimanevano lo scheletro di mattoni e dieci tonnellate di cenere.
E’ festa!


un consiglio di Gianni Biondillo
Questo fine settimana artisti, scrittori, registi, architetti, fotografi, ma soprattutto, associazioni culturali, frequentatori della rete, oratori, biblioteche, scuole, campi sportivi e gli abitanti dei quartieri Bovisa e Quarto Oggiaro fanno una festa.
L’abbiamo chiamata MilanOpen.
Venerdì c’è l’inaugurazione della restaurata villa Scheibler (e tutta una serie di tagli di nastri e convegni). Da sabato mattina parte la festa popolare. Mi piacerebbe che anche gli altri abitanti di Milano vengano in questi quartieri e si divertano. Il programma è fitto, gli eventi sono tutti gratuiti, e per chi non sa come raggiungerci (?!?) può sempre andare o in Centrale o a Cadorna dove due servizi navetta dell’ATM (gratuitissimi!) li porteranno a destinazione.
Mettete per una volta al centro una periferia.
(il sottoscritto gironzolerà un po’ ovunque, ma mi trovate di certo, come da programma, sabato mattina alle 11.30 e domenica pomeriggio alle 15.00)
La vera natura dei personaggi romanzeschi. Appunti sul romanzo storico [1 di 2]

di Leonardo Colombati
1.
Ombre in cammino
In un gelido pomeriggio invernale del 1841 una folla si radunò al porto di New York per chiedere ansiosamente ai passeggeri di una nave proveniente da Londra se una certa Nelly fosse morta. In America non era ancora stata pubblicata l’ultima puntata del feuilleton La bottega dell’antiquario di Dickens e il pubblico fremeva per le sorti della patetica orfanella. Il fatto che Nell Tent non fosse una creatura in carne ed ossa, ovviamente non importava un fico secco ai lettori del «Master Humphrey’s Clock», la rivista che Dickens dirigeva, scriveva, stampava e su cui pubblicava le sue storie straordinarie. Che importa, del resto, se Jean Valjean, Fabrizio Del Dongo, Anna Karenina e Tom Jones non sono realmente esistiti? [1]
Triptyque delle tre P – Piemontese (Felice), Petrova (Alexandra), Pasquale (Vitagliano)
“dico, basta pensare di essere immortali,
diceva, anche se sappiamo benissimo che non è”
Felice Piemontese
“Ti hanno licenziato e allora? La libertà non è un cappotto, non si consuma,
à propos, hai visto il mio? Ecco – vedi – non piango!”
Alexandra Petrova
“Vincenzo Cuoco
Non gli impedì
Di finire impiccato
Al suo albero
Di sughero.
Materiale
Per dipartimenti”
Pasquale Vitagliano
Sibille asemantiche
[Le sibille asematiche proposte sono complanari all’affaire «Allegoria», generatosi da questo articolo di Cortellessa. Segnalo i contributi di Donnarumma, Policastro, Inglese, Milani, Rizzante, Morelli e Casadei. Rimetto in circolo anche alcuni interventi, esemplari nella loro forma-commento, come quello di Alcor – o la lepida Ballata di Pólemos di G. Policastro – che sinora hanno animato la discussione: qui. dp]






Amiamo viaggiare, vedere, scoprire, per questo abbiamo iniziato un viaggio appassionante e pericoloso, difficile ma entusiasmante. Con questo slogan partiva nel 1994 la prima Carovana Antimafia promossa dall’ARCI Sicilia, due anni dopo le stragi Borsellino e Falcone, che avevano scosso le coscienze e creato un forte fronte antimafia. 


