[risposta inedita ad una lettera, recapitatami da una rivista, che mi chiedeva un’opinione sulla querelle di Brera. G.B.]
Gentilissima lettrice,
la verità è che Milano ha sempre avuto un rapporto, come dire, “infastidito” con la sua eredità storico-artistica. A conti fatti le emergenze monumentali di questa città non sono, facendo una gretta conta, inferiori a quelle di Firenze, però i milanesi pare se ne disinteressino. Non a caso m’è capitato spesso di dover spiegare ai turisti stranieri che il Cenacolo di Leonardo sta proprio qui, in questa città, mica a Firenze come molti di loro credono. Nessuna città può fare a meno della sua memoria, ovvio, ma Milano ha sempre buttato lo sguardo oltre, verso il futuro. È la sua più antica tradizione quella di cambiare continuamente pelle, per poi, magari, rimpiangere con lacrime di coccodrillo, quello che ha perduto. È quell’atteggiamento ben descritto da Manzoni nei Promessi Sposi: “adelante con juicio”. Correre, ma lentamente. Delle due polarità, però, è quella della lentezza che ha preso il sopravvento in questi ultimi decenni. Una lentezza che appare sempre più puro immobilismo, ammettiamolo. Oggi a dir la verità sembra che il vento stia cambiando, e noi stiamo qui, vigili, a capire se è solo un’impressione o è qualcosa di più concreto.













