
di Gabriella Stanchina
Ho approfittato del bel tempo per visitare gli hutong. Nella foresta di vetrocemento dei grattacieli di nuovissima costruzione, gli hutong sono il sottobosco, umile e proliferante tappeto di muschio e pianticelle. Gli hutong sono i quartieri della vecchia Pechino, costituiti da case a un piano (per evitare che qualcuno potesse guardare l’Imperatore in visita dall’alto in basso) raccolte intorno a cortili quadrangolari. La casa a nord, privilegiata secondo il feng shui era di proprietà dei genitori anziani, le altre erano ereditate dai figli maschi e dalle loro famiglie. Di fatto gli hutong sono cresciuti in tutte le forme. Apprendo da un libro che le figure create dagli hutong non sono ancora state tutte classificate. Ogni vicolo si piega e si ripiega in modo tortuoso rivelando il retro di una scena immaginaria, per poi interrompersi o sbucare in un punto diverso da quello in cui si è entrati. Smarrirsi tra le case è facilissimo, i tetti a pagoda salgono e scendono con un’ondulazione ininterrotta, simile al fluttuare delle ali di una falena. Il colore predominante è il grigio polvere, anche se talora, dietro a una porta scrostata verniciata di rosso si intravede il verde di un’edera, di una sofora, o di un vaso di bambù germoglianti.

















