
di Francesca Matteoni
“Il semplice fatto che il mio cane mi ami più di quanto io ami lui è una realtà innegabile, che mi colma sempre di una certa vergogna. Il cane è sempre disposto a dare la sua vita per me. Se fossi stato minacciato da un leone o da una tigre, Ali, Bully, Tito, Stasi e tutti gli altri, avrebbero affrontato senza un attimo di esitazione l’impari lotta per proteggere, anche solo per pochi istanti, la mia vita. E io?”
KONRAD LORENZ
Ai bambini dovrebbe sempre essere permesso di crescere a contatto con gli animali. Sperimentare un rapporto fraterno, imparando a convivere con un compagno che non giudicherà mai, che resterà comunque una continua sorpresa, indecifrabile, nonostante la reciproca conoscenza. “E’ solo un cane”, “è solo un gatto randagio”, potranno dire al bambino gli adulti o gli altri ragazzi con aria sprezzante, come se questo li rendesse in qualche modo superiori, inattaccabili dalla paura dell’uguaglianza. Il bambino resterà muto, molto spesso, invischiato e senza pelle nella materia dell’infanzia dove tutto è presente, premuto troppo forte sul torace come sullo sterno di un volatile non ancora identificato. Imparerà poi ad essere fatto di linguaggio, a ferire, a distaccarsi dall’altro. “E tu sei solo un uomo”, saprà rispondere allora.