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Il tradimento dei rospi

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di Federico Italiano

L’invasione dei granchi giganti

Bugøynes, Norvegia, Circolo Polare Artico.

Giunsero da Vladivostok negli anni Trenta
con un convoglio sprofondarono
nella Baia di Murmansk,
granchi del Pacifico, robuste
concrezioni del sale, corazze
purpuree. I russi non ne diedero notizia,
non calcolarono la rapidità
procreativa della loro carne acidula.

Avanzarono nel Novecento profondo in formazione,
divorando miglia d’alghe, le chele tenaci
sull’instabile pack li condussero
in acque norvegesi.
I coloni d’Oriente aumentano
di giorno in giorno, succhiando dal sale
il nostro ossigeno, confiscando
i secolari tributi del mare.

E non ci sono più pesci, nemmeno per le esche.
Non hanno concorrenti,
se non le verdi reti dell’uomo.
Si spingeranno verso Sud, defloreranno i fiordi
occidentali e scenderanno verso Sylt,
Helgoland, verso le coste delle filiali d’Europa, Amburgo,
Anversa, Bilbao, si batteranno coi loro simili
dei mari più caldi, per poi entrare nel Lago Promesso.

Prendo le misure degl’invasori, incrociando in Excel
tutti i mari del globo e il più cangiante
latinum dei crostacei, redigo
le mappe della vita in eccesso,
sono il notaio del Mar di Barents, il contabile
inviato da Oslo. Tutto pesa nei miei taccuini,
ma nulla quanto l’addizione
– struttura della speranza e principio della resistenza.

Popolo che muovi sotto le acque, prelibata
carne della distruzione, migrazione
disgiuntiva della ricchezza,
bilancia del consorzio umano, inconsapevole
armata della storia,
moltìplicati,
perché la piaga sia piena e la punizione completa.

Il sangue degli altri

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pagliaro.jpg di Nicolò La Rocca

La scrittura che ci propone “Il sangue degli altri“, il romanzo di Antonio Pagliaro edito da Sironi, pur essendo fortemente legata alla complessità e alla godibilità della trama – caratteristica che farebbe virare il libro verso i lidi del giallo puro (ammesso che certe catalogazioni con relative tassonomie abbiano ancora un senso) – è un dispositivo che spiega com’è il mondo partendo da temi poco frequentati non solo dalla narrativa italiana ma anche dalla stampa internazionale: le connessioni criminose che raccordano posti lontani della Terra.

La Classe non è Acqua!

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immagine di effeffe

Questo saggio di Sergio Bologna forse non vi cambierà la vita ma sicuramente vi farà sentire meno pirla. Più attrezzati per l’infelicità sociale.
ARIDATECI I QUADERNI PIACENTINI!!!!
effeffe

Uscire dal vicolo cieco

di
Sergio Bologna
pubblicato su http://criticalab.wordpress.com

(in occasione della Mayday 07 a Milano)

Il movimento contro i rapporti di lavoro precari, contro l’insicurezza, per avere diritti uguali per tutti i cittadini, sembra riesca soltanto a manifestare disagio, a mobilitare protesta, ma non a cambiare lo stato delle cose. Troppi sono gli ostacoli che impediscono di fare passi avanti. L’attuale Governo e la politica del suo Ministero del Lavoro è uno di questi, ma non meno insidiosi sembrano gli ostacoli interni al movimento stesso.
Il pericolo che un’intera generazione sia condannata ad un’esistenza da cittadini di serie B è reale. Nei media e nei discorsi ufficiali si diffondono inviti alla rassegnazione dicendo che questa condizione è generalizzata a tutto l’Occidente capitalistico. In realtà se questo è vero – ed è purtroppo vero – costituisce una ragione di più per essere preoccupati e cercar di reagire.

Avere coscienza di sé come classe

Oltre il passato

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di Giovanni Agnoloni

Alla fermata non passavano autobus. Per questo Seamus si era messo in marcia. Si trovava a poco meno di un chilometro da Greve in Chianti, e camminare nel freddo di gennaio non era così terribile. Si sentiva l’eroe solitario dei romanzi fantasy che leggeva da ragazzo, seduto davanti al caminetto, a Kildare, e questa sensazione lo aiutò a macinare passi con buona lena. Quando entrò in paese, i lampioni della strada provinciale proiettavano un’ombra di calore sulle case. Sembra un villaggio del West Cork, gli venne da pensare.

Ai piedi della rocker più sexy del mondo

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di Michele Monina

Iniziamo dai piedi. Stamattina mi sono svegliato che avevo questa frase in mente. Sapevo che così sarebbe iniziato questo pezzo. Di solito è così che funziona: mi alzo, faccio colazione, mi metto al computer e butto giù di getto il testo che durante la notte ho sognato. Questo nella versione romantica, e anche un po’ naif. Nella realtà, mi sveglio a ore improbabili, resto a letto salmodiando e comincio a rimuginare sul pezzo che devo scrivere, ci penso e ci ripenso e alla fine, quando è proprio ora di mettermi davanti al computer, dopo essere sceso dal letto, sia chiaro, ho già bene in mente tutte le parole che digiterò sulla tastiera. Niente che abbia a che fare con la genialità, con l’ispirazione o con l’onirismo.

L’armata angelica dai boccoli d’oro

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“E vennero uno dopo l’altro, come uno sciame dorato d’api,
ma erano gli arcangeli, con i capelli d’oro e gli occhi
celesti, senza spade o scudi, ma armati di luce,
e verso fetus jesus volsero le dilatate pupille”

dal Vangelo apocrifo di Simon Mago

(Clicca sull’angelo che più ti piace: ti porterà fortuna per l’anno che verrà)

A Gamba Tesa (come a un caffè sospeso)

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di
Francesco Forlani
seconda parte

A bordo servono succhi d’arancia sanguigna. Anche nei bar ormai ti servono solo quelli e mi chiedo che fine abbiano fatto le altre arance. Quando i banchi di nebbia diventano nuvole mi rendo conto di quanto, nella loro leggerezza esse portino in alto ogni segno della mia fragilità. Lo capisco dal fatto che la loro bellezza mi fa piovere dentro, ogni volta, una profonda emozione. Dalle prime lacrime soffocate in gola capisco perfino la gioia dei saltatori, la sfida contro ogni gravità, l’oblio, apparente della inesorabile e successiva caduta.

A Napoli il caffè sospeso è una tradizione che viene da molto lontano. Chiunque ne avesse avuto voglia pagava oltre al proprio caffè anche un altro, lasciandolo a disposizione, appunto “sospeso” per chi non avesse di che permetterselo.

Il corpo che siamo

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di Piero Sorrentino

Quando mi vede con la borsa gonfia di roba, mentre la imbottisco di canottiere e lunghi pantaloni di cotone, accappatoio e asciugamani e bevande proteiche e bagnoschiuma, il mio amico Francesco dice che nelle palestre devo essere morto, e poi mi sono immediatamente reincarnato.
Allude al fatto che in palestra ci vado ininterrottamente da quando ho dieci anni, ma in fondo è come se fossi due persone diverse, come se, appunto, fossi l’ultracorpo di me stesso, un io che da 19 anni frequenta lo stesso posto con obiettivi da schizofrenico, quasi, a metà del percorso, ci fosse stato uno scollamento, una dissociazione mossa da nient’altro che una finalità oppositiva rispetto a quella di partenza.

Anteprima Sud n°10: Pasquale Panella/Lucio Saviani

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da “Valéry Vartan” O due uomini al mare”.
Saggio per voci e scena di Pasquale Panella e Lucio Saviani, su L’idea fissa di Paul Valéry.

di
Pasquale Panella

Ci siamo espressi
anche in forma di versi cantabili,
così come cantabile è il pensiero
filosofico, che è una forma di melodramma
accettabile, nel quale chi vive muore…
Ci siamo espressi in forma di versi
soltanto perché quell’espressione
non ci faceva orrore…

Sarà capitato anche a voi di avere una musica in testa…

L’idea fissa è un motivo di canzone
che vince sulla nostra volontà…
Volendo e non volendo ci risuona
in testa come un dolore che ha, come causa,
un motivo, quello stesso motivo
che torna e che vince sulla nostra volontà…

Moving on

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di Franz Krauspenhaar

Ora poche soddisfazioni, pianeggianti
cumuli di nulla, e sere e inverni, estati,
primavere di nulla sfioccanti, erba e
trine di vestiti di bambole sgonfie,
ricordi paleolitici d’ infanzie scosse,
così niente, sempre, in Europa, la mia
terra defenestrata e muta, singhiozzi
l’accecano. Mentre allora vivevo la forza
bruta dell’esistere da poco, e così andavo
per campi nuovi. Mica sempre normali,
spesso impervi. E fatti di sudore premiato
con poca cioccolata, e speranze di divenire
qualcosa, che non ero che un niente.

Presentazione al teatro i

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a Milano / oggi / 7.30 pm

presentazione del volume

POESIA È TEATRO
LA PAROLA POETICA IN SCENA

Il principe costante edizioni

POESIA È TEATRO. La parola poetica in scena, nuovo libro della collana “i quaderni di i” dopo Il dramaturg e Il teatro nascosto nel romanzo, si interroga sugli stretti rapporti che da sempre esistono tra le due arti, analizzandoli da diverse prospettive attraverso i contributi di poeti, drammaturghi, registi, attori, studiosi di teatro.

Sarà l’occasione per salutare il nostro pubblico prima delle feste natalizie con un brindisi e un buffet. Vi aspettiamo!

info e prenotazioni +39 02 8323156 | info@teatroi.org

Teatro i
via Gaudenzio Ferrari 11
20123 Milano
02/8323156
info@teatroi.org
www.teatroi.org

Passione indiana

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di Christian Raimo

Devo scrivere questo post per dire una cosa che ho comunicato agli altri redattori ma che mi sembrava giusto mettere anche on-line. Ho deciso di non fare più parte della redazione di Nazione Indiana, che poi sarebbe questo blog collettivo che state leggendo. Mi dispiace e molto, perché ci ho passato da lettore e da postatore cinque anni credo. Mi affeziono a cose più brevi, figuriamoci a questa. Le ragioni sono abbastanza ovvie: sono stanco e sono tiepido rispetto a una serie di progetti anche più corposi e a lunga gittata che si stanno elaborando tra gli indiani. E come dice l’Apocalisse, “Visto che non sei né caldo né freddo, ma sei tiepido, ti sputerò dalla bocca”. Ergo: mi auto-espello.

Grazie a tutti, redattori, commentatori, lettori occasionali, e persino i troll,
a presto (forse),
Christian Raimo

I Modi Politici dell’Arte Contemporanea

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di Mattia Paganelli

Se sul muro di una galleria d’arte scrivo a caratteri cubitali 1126 e a fianco 1201, e poi molto in piccolo in una nota, magari su un foglietto consegnato all’uscita, vi informo che queste cifre rappresentano i morti sul lavoro in Italia e i soldati americani uccisi in Iraq nel 2007, faccio un’operazione ad effetto, che gioca sulla dilazione. Uso un registro poco al di sopra della propaganda, la cui interpretazione è a senso unico.

Invece, se in un video senza sonoro mostro il primo piano di un uomo che parla, e sullo schermo faccio scorrere i titoli di alte cariche istituzionali, allargo la distanza tra gli elementi presentati, creo un maggior livello di ambiguità grazie a un maggior livello di astrazione, e lascio quindi più spazio all’interpretazione del pubblico. Il suggerimento ad interpretare il lavoro in chiave politica resta però chiaro.

Infine, se scelgo a caso una persona per strada e la seguo fino a che non entra in un luogo chiuso a cui io non ho accesso, il livello di astrazione è massimo, i riferimenti a qualunque interpretazione immediata sono eliminati, e sta a me decifrare e riannodare le informazioni disponibili (la libertà di movimento sul suolo pubblico e la barriera del perimetro privato). L’intenzione politica nasce qui dal registro poetico, non dal contenuto.

Bipartisan Serenade #1

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di Francesco Forlani & Franz Krauspenhaar

Il primo microromanzo situazionista bipartisan della letteratura italiana. Un momento profondamente politico dietro il manto apparentemente disimpegnato del divertissement. Un’auto pirata letteraria guidata da due pazzi del volante. Un esperimento a puntate che potrebbe finire subito; o, come i sogni, morire all’alba.
FK & Effeffe

Bipartisan Serenade

(Statue a grandezza naturale di Padre Pio, copie di terracotta e bronzo del Cristo che campeggia a braccia aperte sul Pão de Açucar di Rio, sono presenti in moltissime ville di boss della camorra. Pare che Cosimo di Lauro avesse ordinato per la sua villa recentemente sequestrata nella zona di Secondigliano, un enorme Padre Pio di terracotta colorata dell’altezza di quattro metri)
Roberto Saviano su Nazione Indiana

Che una notte, presumibilmente qualcuno, ed erano certamente più di uno, si fosse recato indisturbato nel cuore della Pignasecca e, senza destare alcuna attenzione delle sentinelle quel qualcuno fosse riuscito a portare via la statua del santo, proprietà privata del boss, la cosa in sé, l’indomani dei fatti, era parsa non solo incredibile, ma quasi di cattivo auspicio. La prima domanda era: si trattava di una dichiarazione di guerra da parte del clan avversario? Di un gesto invece spontaneo e irriverente, dal momento che alla stregua del comitato di liberazione dei nani da giardino, in Francia, quel qualcuno avesse lasciato a riprova del gesto il seguente volantino…

FATEVE E CAZZI VUOSTRA GUAGLIO’.

Neoplasie

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di Stefano Calosso

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La Comunarda (canzone in Si minore)

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di Francesco Forlani e Marco Rovelli 

 

Furia barricadera degli amori

Il tempo en rouge et noir confonde voci

e l’alba con la sera en bandolieres

“L’eternauta” e altre poesie

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eternautasolano41.jpg di Luigi Socci

Hector German Oesterheld (Buenos Aires, 1919- 1977 ?) è considerato uno dei padri del fumetto (historietas) sudamericano. Editore, sceneggiatore e narratore in proprio, della sua sterminata produzione vanno ricordate almeno le collaborazioni con disegnatori quali Hugo Pratt (Ernie Pike e Sergente Kirk ), Alberto Breccia (Mort Cinder) e quella con Francisco Solano Lopez per la creazione, nel 1957, del loro fumetto fantascientifico di maggior successo mondiale : L’Eternauta. Desaparecido dal 1977, svanì portando con sé ben quattro giovani figlie (di cui due incinte) e due generi.

L’ eternauta della porta accanto

Nessuno all’orizzonte d’altro canto
nessun orizzonte
nemmeno dipinto
qui nella solitudine del continuum 5
sotto un sole spento
sotto un vuoto spinto.

Italian Wogs

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di Giuseppe Catozzella

Sono nato a Sydney, nella casa di Myrtle Street al 19, e ci ho vissuto tutta la vita, e questa è una cosa che tengo sempre a sottolineare. Mi sento australiano, ma essendo i miei genitori figli di emigranti italiani e continuando a litigare in un dialetto che io non ho mai capito se non a schiaffi, il mio habitat naturale non poteva che essere Leichhardt, il quartiere italiano. Gli italiani, in Australia, insieme ai greci, ai turchi e ai libanesi sono chiamati wog, un termine spregiativo con cui i discendenti inglesi si divertono a sfotterci. Io ho dunque, per natura, l’anima del wog.

Moleskine 5

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benjaminmemorialportbous.jpgdi Sergio Garufi
Le metafore sono strane, le incontri nei posti e nelle circostanze più impensati. Magari c’è un oggetto o un’immagine che sta sotto i tuoi occhi da anni, ti incuriosisce, senti che è lì lì per dirti qualcosa ma non riesci ad afferrarne il significato profondo, e allora passi oltre, rimandi tutto a un altro momento, tanto nessuno ci corre dietro. Poi all’improvviso, grazie a un incontro fra cose e concetti all’apparenza distanti, ti si svela un mondo. Di recente mi è capitato uno di questi incontri felici. Come ogni buon lettore, quasi quotidianamente vado nella biblioteca della mia città. Lo faccio all’intervallo di pranzo, che nel mio lavoro è abbastanza lungo. E lo faccio anche senza mire particolari, tipo prendere il tal libro in prestito o consultare il tal altro, perché so che semplicemente entrandovi le idee mi verranno da sole, gli stimoli provenienti da tutto quel sapere mi guideranno sulla strada giusta.

Genova non è finita 3

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di Blicero

Seguire i processi che riguardano i fatti del G8 di Genova del 2001 è un buon viatico per non dimenticare mai quanto ordinaria sia l’ingiustizia e quanto quotidiana sia la necessità di prendere posizione e di agire sui piccoli istanti che ogni giorno mettono su un piatto della bilancia la tua dignità e sull’altro l’opportunità. Ogni giorno a Genova capita che tu ti renda conto di quanto falsi siano i giornali, e prima ancora i giornalisti, di quanto repellente sia la logica teatrale e superficiale che gli attori di un tribunale interpretano nella loro vita – con alcune pregevoli e ammirevoli eccezioni – o di come la realtà venga distorta durante l’esercizio della cosiddetta giustizia.